Bailamme

Il perfetto equilibrio della poesia

03 dicembre 2021

Sento sempre più spesso elogiare l’arbitrio (anche declinato in anarchia) come un valore in quanto tale. Per assonanza, la normalità è considerata mortifera e l’equilibrio un concetto terribilmente noioso. Questo atteggiamento ha un che di adolescenziale, e fin qui niente di strano (sappiamo bene che una certa sregolatezza è fisiologica e finanche preziosa, alla giovane età). Se non fosse che interviene una componente ideologica e, quel che è peggio (forse) anche utilitaristica. Sì perché dall’arbitrio privo di equilibrio discende, tra l’altro, anche una certa deresponsabilizzazione. E, con buona pace di tanti pensatori, l’uomo irresponsabile è innanzitutto il “consumatore perfetto” (con grande gioia degli uomini del commercio). Se l’equilibrio è un sistema di forze che si controbilanciano reciprocamente, la sua assenza (o precarietà) consente la prevalenza di alcuni elementi su altri elementi. Tuttavia, penso, la vita intera si regge sull’equilibrio; non potrebbe essere altrimenti. Pur considerando l’evoluzione, il progresso, il cammino dell’uomo, eccetera eccetera; è un fatto che la vita sta nel costante raggiungimento di punti di equilibrio (anche nelle condizioni più estreme e disperate). Forse è questa in fondo l’armonia che regge le cose? E non è forse così anche nell’arte, nella poesia?

Sappiamo che la grande poesia in realtà ci turba, più che tranquillizzarci; in un certo senso ci destabilizza, suscita nel profondo interrogativi tutt’altro che comodi. Ma per farlo deve mantenere una coerenza di senso e di forma, una misura di significante e significato. È forse questo il verso “giusto”? Me lo chiedo leggendo il volume di Luca Serianni (Il verso giusto – 100 poesie italiane, Editori Laterza, 2020) che raccoglie una selezione di poesie scritte nell’arco di otto secoli. L’insigne linguista ha tentato la scelta seguendo criteri di valore assoluto, rappresentatività oggettiva, ma anche naturalmente gusto personale. Da Giacomo Da Lentini, Petrarca, fino ai contemporanei Magrelli, Testa, inserendo anche alcuni nomi meno noti, i testi sono tutti contestualizzati e commentati, per porre in luce i loro punti di forza, la loro testura. Ma a ben vedere, se anche non risulta esplicitato alcun canone di riferimento, qualcosa accomuna tutti i componimenti, e cioè la loro capacità di reggere alla prova del tempo. Insomma, non sono “giusti” nel senso di “corretti”, “indovinati”. Bensì appaiono più che altro “giustificati” in quanto tali, risolti. Stanno in piedi da otto secoli, ecco, ancora in perfetto equilibrio.

di Nicola Bultrini