Il presidente Mattarella e l’urgenza della coesione sociale

La stella polare
della solidarietà

 La stella polare della solidarietà  QUO-273
30 novembre 2021

«Senza solidarietà non esiste una vera comunità in cui vivere e convivere». È uno dei passaggi del discorso che il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha pronunciato ieri in occasione della cerimonia al Quirinale per la consegna delle onorificenze al merito della Repubblica a donne e uomini che si sono contraddistinti per gesti e comportamenti di altruismo e senso civico. È l’Italia “migliore”. Quella che, senza clamore e spesso tra non poche difficoltà, non si è arresa ma si è rimboccata le maniche impegnandosi a superare le barriere, a tutelare la salute dei più deboli, difendere i diritti dell’infanzia, come pure la legalità e la coesione sociale. «Sentirsi parte di una comunità — ha osservato Mattarella elogiando questi eroi della vita quotidiana — conferisce fiducia e speranza, anche sicurezza».

Quello della solidarietà è uno dei temi più ricorrenti nel settennato di Sergio Mattarella che volge al termine. Un richiamo che, se certamente si è rafforzato in questi ultimi due anni drammatici segnati dalla pandemia, è stato presente fin dall’inizio della sua presidenza. Il 3 febbraio del 2015, infatti, nella cerimonia di insediamento al Palazzo del Quirinale, Mattarella sottolineava «l’esigenza di recuperare il senso dell’unità» del Paese affinché i cittadini «possano sentirsi davvero parte di una comunità». E auspicava «un’azione che riesca a recuperare il senso della convivenza, del vivere insieme». Sette anni dopo quelle parole, si può senza dubbio affermare che quell’azione è stata impressa dallo stesso presidente a beneficio del popolo italiano e della casa comune europea.

“Insieme” è sicuramente una delle parole chiave della testimonianza politica istituzionale di Sergio Mattarella. Ben oltre le parole, il presidente italiano ha ricercato, con spirito di servizio, di ricordare sempre alle forze politiche, come a quelle sociali, che solo uniti — pur nelle legittime differenze — si possono affrontare le sfide del nostro tempo, a partire da quelle più urgenti. Unita e solidale: questa è la visione dell’Italia, la stella polare che ha orientato il cammino di Mattarella in questi anni. D’altro canto, se il presidente della Repubblica ha affrontato e approfondito il tema della solidarietà in molteplici discorsi, in contesti nazionali e internazionali, rimangono particolarmente efficaci le parole che ha pronunciato, a braccio, nel maggio scorso rispondendo alle domande dei giovani studenti della scuola romana «Fiume Giallo». «Studiare — ha detto in quella circostanza — è importante, ma la cosa più importante è aiutarsi reciprocamente. Aiutarsi vicendevolmente vale all’interno di una scuola, in qualunque paese o in una grande città. Vale anche in un grande Paese come l’Italia. Se ci si aiuta vicendevolmente si vive meglio e ciascuno sta meglio».

È questo della solidarietà un terreno su cui, Sergio Mattarella e Papa Francesco si sono trovati idealmente uno a fianco all’altro in tante occasioni e ancor più da quando il Covid-19 ha mostrato drammaticamente che «nessuno si salva da solo», che davvero «abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri». Il Presidente e il Papa, nei loro rispettivi ambiti di azione, hanno contribuito a ridare senso e sapore ad una parola che si era un po’ logorata nel tempo e che a volte viene strumentalmente male interpretata. Se per Francesco la «solidarietà oggi è la strada da percorrere verso un mondo post-pandemia, verso la guarigione delle nostre malattie interpersonali e sociali», per il capo dello Stato italiano proprio la pandemia «ha reso evidente come dipendiamo gli uni dagli altri, in ciascun Paese, in ciascun luogo». Solidarietà dunque non è utopia, ma — ricercata con coraggio e lungimiranza — è solido cemento per la costruzione di una comunità, piccola o grande che sia. E ciò vale tanto più per una nazione perché, come affermava il compianto rabbino capo di Gran Bretagna, Jonathan Sacks — citato ieri da Mattarella - «un Paese è forte quando si prende cura dei deboli; è ricco quando si occupa dei poveri; diventa invulnerabile quando presta attenzione ai vulnerabili».

di Alessandro Gisotti
 

Gli eroi civili


Sono 33 le persone che hanno ricevuto le onorificenze dal presidente Mattarella. Tra questi: don Tarcisio Moreschi  e Fausta Pina «per aver dedicato la loro vita, in ambito internazionale, alla cura, tutela e istruzione di bambini orfani e con disabilità»; don Tarcisio è partito come fidei donum per l’Africa dove opera da 36 anni; Chiara Amirante,  fondatrice e presidente della comunità Nuovi Orizzonti, «per il suo straordinario contributo al recupero delle marginalità e fragilità sociali e al contrasto alle dipendenze»;  don Luigi D’Errico, referente del settore disabili e catechesi dell’Ufficio catechistico della diocesi di Roma e parroco nella chiesa dei Santi Martiri dell’Uganda, «per il suo quotidiano impegno a favore di una politica di reale inclusione delle persone con disabilità e per il contrasto alla povertà e alla marginalità sociale»; padre Salvatore Morittu «per aver dedicato tutta la sua vita al contrasto alle tossicodipendenze e all’emarginazione sociale»; Carmelo Sella, muratore in pensione «per la sua fattiva collaborazione per la costruzione di un oratorio per i bambini di un villaggio senegalese»; Danilo Galli, autista dell’Atac «per il suo coraggioso e tempestivo intervento nel soccorso a una donna che minacciava di gettarsi da un viadotto».