Invito a partecipare al cammino sinodale

25 novembre 2021

Le comunità ecclesiali devono «abituarsi ad una pastorale trasversale», capace di fare «rete tra le diverse competenze e specializzazioni», e ciò è reso ancor più evidente quando si tratta dell’inclusione delle persone con disabilità. È quanto affermato da padre Alexander Awi Mello, segretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, durante la presentazione del messaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata internazionale dedicata a quanti vivono questa particolare condizione. L’incontro con i giornalisti si è svolto nella Sala stampa della Santa Sede, giovedì mattina, 25 novembre.

Padre Awi Mello ha sottolineato che per il Dicastero la pastorale delle persone con disabilità rappresenta un tema nuovo sul quale impegnarsi e «investire molte energie», essendo un ambito che, più di altri, manifesta la necessità di «parlare di laicato, famiglia e difesa della vita insieme, con un approccio multidimensionale». A tal proposito, il segretario ha messo in luce come il messaggio offra importanti indicazioni di riflessione e di azione. In particolare, esso indica che i protagonisti di questa pastorale «non sono tanto le associazioni specializzate o i caregiver, che pure meritano una rinnovata attenzione», ma le stesse persone con disabilità. Il Papa, infatti, si rivolge direttamente a loro chiedendo «di impegnarsi in maniera generosa nel percorso sinodale». È una «scelta semplice, ma profondamente innovativa», che le inserisce «in maniera ineludibile nelle dinamiche del popolo di Dio» e le riconosce come «un soggetto ecclesiale». Infatti, si tratta di fedeli laici che in forza del battesimo sono chiamati a vivere la sequela di Gesù.

Padre Awi Mello ha poi evidenziato che per verificare se si sta portando avanti una pastorale veramente inclusiva, occorre ascoltare le persone con disabilità all’interno del percorso sinodale. Allo stesso tempo, servirebbe aiutarle «a prendere coscienza della chiamata che esse, come tutti i cristiani, hanno ricevuto in questo tempo particolare della vita della Chiesa». Del resto, da sempre si è «abituati a pensare alle persone con disabilità solo a partire dalle loro necessità di assistenza» e a considerare «poco o nulla ciò che esse possono donare alle comunità ecclesiali». Ecco perché il Papa insiste affinché anche «in merito all’assistenza, non avvengano discriminazioni»; e lo fa riferendosi al difficile periodo della pandemia, durante il quale alcune Conferenze episcopali «hanno sentito la necessità di ribadire che la disabilità non può mai essere un criterio per scegliere di curare o meno».

Il segretario ha concluso rimarcando che il messaggio pontificio, «nel riconoscere che le persone con disabilità hanno il loro posto nel santo popolo fedele di Dio», contiene un grande invito, in primo luogo per lo stesso Dicastero, ma soprattutto «per le realtà parrocchiali, diocesane, associative a percorrere vie nuove con creatività pastorale». È una porta che si spalanca e invita «a pensare una pastorale non più per, ma con», e in questo senso «la gamma delle prospettive che si aprono è davvero ampia».

Gli ha fatto eco Vittorio Scelzo, che in seno al Dicastero è incaricato per la pastorale degli anziani e delle persone con disabilità, spiegando come l’amicizia sia «la categoria più adatta per cogliere il particolare modo» con cui queste persone — specie quanti hanno una disabilità intellettiva — «vivono la propria fede e la propria esperienza spirituale». È un modo «gioioso e affettivo di essere cristiani», un’alternativa a quelle che il Papa, «scherzando, ma non troppo, definisce le “facce da funerale” che si vedono in certe parrocchie».

Nel messaggio, ha proseguito Scelzo, il Pontefice vuole far comprendere che l’amicizia con Gesù è «una via semplice, accessibile a tutti, ma nient’affatto ingenua». In tutto il testo, ha poi chiarito, troviamo «una comprensione aggiornata della disabilità». Francesco «la esplicita quando dice che essa non è una malattia» ma il risultato «dell’interazione tra le barriere che la società pone ed i limiti di ciascuno». Si tratta di un’affermazione importante, che raccoglie «una riflessione ormai consolidata in ambito sia ecclesiale sia civile», ma che deve diventare «l’occasione per svecchiare la pastorale a partire da categorie rinnovate». Infatti, considerare le persone con disabilità come dei malati «contribuisce a circondare la loro vita di un’aura di tristezza e di sofferenza».

Infine Antonietta Pantone, dell’associazione Fede e Luce, ha offerto una lettura del messaggio del Papa alla luce della sua esperienza di persona disabile, per la quale l’amicizia è fondamentale: «essere amici e avere amici» significa che «posso contare su qualcuno e che qualcuno può contare su di me. E succede anche con Gesù, la stessa cosa», ha detto. Quindi ha confidato che la presenza di amici nella sua vita non è stata tanto scontata: non sempre è stato facile trovarli, tanto meno essere accolta in ambienti davvero inclusivi. Si è detta confortata dalle parole del Papa, perché richiamano l’attenzione del mondo sulle difficoltà che sono costrette ad affrontare le persone con disabilità e le loro famiglie: difficoltà divenute più grandi a causa della pandemia, che ha provocato «la separazione forzata anche con i nostri amici di comunità inseriti in strutture residenziali». Insomma, ha concluso, l’amicizia è stata «messa a dura prova in questo ultimo periodo, ma abbiamo capito profondamente l’importanza di questi contatti».