A Katowice il cardinale Semeraro beatifica don Jan Franciszek Macha

Martire per il Regno di Cristo

20 novembre 2021

Svolse il ministero per poco meno di tre anni (1939-1942), eppure in questo breve arco di tempo, «Cristo lo trovò degno di sé». Così il cardinale Marcello Semeraro ha presentato la figura di Jan Franciszek (Giovanni Francesco) Macha — il sacerdote che trovò il martirio nel periodo dell’occupazione nazista della Polonia — presiedendo sabato mattina, 20 novembre, nella cattedrale di Cristo Re a Katowice, il rito di beatificazione in rappresentanza di Papa Francesco.

Il prefetto della Congregazione delle cause dei santi ha ricordato quanto il nuovo beato scrisse ai genitori, pochi giorni prima di morire: «Il mio amato Salvatore è la mia unica Consolazione e la mia Vita». Fortificato da questa convinzione, «da giovane sacerdote, divenne vittima: fu perseguitato, malmenato, maltrattato». Eppure, con la sofferenza «diluita nel tempo, continuava la sua intransigente disponibilità a imitare il Maestro, accettando con serenità la propria condanna». Egli portò «nel proprio corpo la morte di Gesù», per usare l’espressione di san Paolo, «e fu fedele sino alla fine». Venne perseguitato «ma non si sentì mai abbandonato». Con il suo sacrificio, egli ha testimoniato che ognuno «su questa terra, è stato creato per una missione da compiere». E che «le aspirazioni alla felicità sono autentiche se diventano difesa della giustizia, servizio al bene comune, condivisione, accoglienza, rispetto, attenzione alle necessità degli altri». Il nuovo beato, ha sottolineato il cardinale, «come un albero tagliato in giovane età, ha posto il fondamento per la costruzione di una casa stabile per le future generazioni, alle quali consegna, con la vita sigillata con il proprio sangue», un messaggio chiaro: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Giovanni 15, 13).

La testimonianza che don Macha «ha dato al Signore Gesù è una pagina di fede e carità veramente eroica» nella storia della Chiesa dell’Alta Slesia. Egli morì «proprio come il chicco di grano: fu ucciso da un sistema nazista pieno di odio verso chi semina il bene, per mostrare all’uomo di oggi che il dominio terreno passa, mentre perdura il Regno di Cristo, il quale, come legge suprema, ha il comandamento della carità». Fedele «al più grande comandamento del Vangelo, cioè quello dell’amore», il sacerdote, «sebbene molto giovane, aveva appena ventotto anni, scelse di dare la vita per il Regno di Cristo».

Il prefetto ha rivolto un pensiero particolare alla comunità ecclesiale dell’Alta Slesia, alla quale, ha detto, «viene oggi in qualche modo riconsegnato questo vostro giovane sacerdote: lo ricevete come beato, come patrono e intercessore davanti al Signore». Alla sua intercessione il porporato ha affidato soprattutto «i seminaristi e i sacerdoti, specialmente quelli più giovani». L’esempio e l’amicizia del beato Macha, ha auspicato, «portino frutto nel dono di sante vocazioni al servizio di questo popolo buono e tenace». Da qui l’invito a pregare Macha per tutte le necessità delle famiglie e della società. «Non mancate di invocarlo per la vostra Chiesa — ha esortato — perché sia sempre unita al suo vescovo nel promuovere la carità, per eliminare le divisioni e combattere le ingiustizie». Dal prefetto anche la richiesta di intensificare le «opere concrete di amore misericordioso, soprattutto nei degradati borghi postindustriali, andando incontro a chi, ancora oggi, è ferito nella sua dignità di uomo», e di «aprire nuovi spazi per incontrare i giovani» e coinvolgerli nel «servizio del Vangelo nei diversi stati di vita cristiana».

«Abbiamo capito in questi mesi — ha poi fatto notare facendo riferimento all’esperienza della pandemia — come “inconsistente è la vita e instabile la quotidianità”»; ma soprattutto «ci siamo resi conto di quanto bisogno abbiamo gli uni degli altri». Semeraro ha anche ricordato che in questi mesi si stanno muovendo i primi passi del processo sinodale che il Papa ha proposto alla Chiesa «con questa consapevolezza: la famiglia dei figli di Dio ha molto da dire al mondo di oggi, molto da offrire per il bene di tutti». In proposito si è detto certo che «la comunione, la partecipazione e la missione renderanno la Chiesa più capace di dialogo con questo cambiamento d’epoca che stiamo vivendo». Da qui l’auspicio che il processo «sia illuminato dal messaggio di vita del nuovo beato: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (cfr. Giovanni 12, 24)».

Il porporato ha concluso affidando l’intero popolo di Dio all’intercessione della Regina della Polonia e incoraggiando a imitare «la stessa devozione del nostro nuovo beato, che nei giorni della prigionia intrecciava una cordicella per recitare il Rosario».