Il cardinale Czerny a 32 anni dal martirio dei gesuiti all’Uca di San Salvador

Segni di Risurrezione e di speranza nella Chiesa

 Segni di Risurrezione e di speranza nella Chiesa  QUO-261
16 novembre 2021

Tre legni piantati sul luogo del martirio che fioriscono diventando segno di Risurrezione. È l’immagine che il cardinale Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, propone nella sua lettera in occasione del trentaduesimo anniversario dell’uccisione, il 16 novembre 1989 nel campus dell’Università dell’America centrale (Uca) a San Salvador, dei sei gesuiti padre Ignacio Ellacuría, rettore dell’Uca, filosofo e teologo, Ignacio Martín-Baró, Segundo Montes, Amando López, Joaquín López y López, Juan Ramón Moreno Pardo, e della collaboratrice Elba Julia Ramos insieme a sua figlia Celina Ramos. Il cardinale sottolinea che la celebrazione di oggi «si inquadra in un contesto ecclesiale e nazionale pieno di disincanto politico e di segni preoccupanti nella maggior parte del mondo» ma che allo stesso tempo registra «segni di speranza nella Chiesa» come, a esempio, la beatificazione di padre Rutilio Grande, il prossimo 22 gennaio 2022, insieme a quella di Manuel Solórzano e del giovane Nelson Lemus. Vennero assassinati insieme il 12 marzo 1977 tra Aguilares ed El Paisnal. Il porporato ricorda pure la beatificazione di padre Cosme Spessotto, «frate minore francescano, di nazionalità italiana, assassinato nel 1980 nella chiesa di San Juan Nonualco», dove era parroco da ventisette anni.

Una repressione intorno ad Aguilares — ricorda Czerny — talmente «brutale» che impedì di erigere alcun monumento se non i tre legni che il porporato vide andando a pregare in quel luogo, negli anni a venire. «L’assassinio di Rutilio Grande — scrive il cardinale — fu di fondamentale importanza per san Óscar Arnulfo Romero, allora arcivescovo di San Salvador, che passò gran parte della notte della veglia davanti al cadavere di Rutilio»; la loro era «una lunga amicizia nel Signore». Ma il suo assassinio sconvolse anche i martiri che oggi vengono ricordati: «Furono profondamente commossi dagli eventi di Aguilares e alcuni di loro si fecero più prossimi ai poveri, più impegnati». Rutilio, ricorda il porporato, «era un assiduo frequentatore della residenza universitaria dell’Uca», aveva uno «stile scherzoso e accattivante» tanto da chiamare affettuosamente i gesuiti “i maestri d’Israele”. Il martirio di Rutilio Grande e di Romero «hanno confermato i nostri fratelli gesuiti nella fede. Tra i 53 santi gesuiti, 34 sono martiri, e tra i 152 beati — si legge nella lettera — ci sono 145 martiri». Ci sono poi 10 venerabili e 162 servi di Dio, 116 dei quali martiri.

L’anniversario diventa occasione per fare un punto sulla situazione in El Salvador dove si segnala, sottolinea Czerny, «il grave deterioramento della vita dei poveri, colpiti dalla pandemia e dalla miseria», da un alto costo della vita, dall’impossibilità di alimentarsi adeguatamente, dal deterioramento ambientale e anche «dall’indebolimento delle istituzioni politiche». Aspetti, evidenzia il porporato, messi in luce da analisi ed editoriali dell’Uca nei quali trovare anche «saggi orientamenti nella pratica politica».

A trentadue anni dal martirio dei gesuiti, non si può non pensare alla prossima apertura del Sinodo sul tema Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. «Dalla vocazione della Chiesa, espressa nella Lumen gentium, e dal suo cammino sinodale nascono — scrive il cardinale Czerny — l’evangelizzazione, la promozione umana in tutte le sue forme e la cura della nostra casa comune». In questa prospettiva «la Chiesa viene aiutata a decentrarsi e spinta verso le periferie». La Chiesa «deve camminare insieme, portando il peso dell’umano, ascoltando il grido dei poveri, riformando se stessa e la sua azione», ascoltando prima di tutto la voce degli anawim, termine che indica «i poveri umili» citati ventuno volte nell’Antico Testamento, che sono sempre stati «al centro del ministero pubblico di Gesù».

di Benedetta Capelli