La buona Notizia Il Vangelo della Solennità di Cristo Re dell’Universo ( Gv 18, 33b-37)

Passione di verità e regno

16 novembre 2021

Quasi 100 anni fa s’introduceva nel calendario liturgico questa solennità: una festa recente e, nella sua origine, ben datata. Ma il Vangelo, scelto per la celebrazione eucaristica dopo la riforma del Lezionario successiva al Vaticano ii , ricentra il mistero della signoria di Cristo nella prospettiva evangelica e sconfessa ogni linguaggio trionfalistico: l’avvicinarsi del Regno di Dio era stato l’inizio, in Galilea, del messaggio di Gesù; e il compimento, a Gerusalemme, è nel processo davanti al tribunale pagano, ove si dà splendido svelamento della regalità di Gesù: Gesù è Re ma altrimenti, non “da” questo mondo. In lui viene in piena luce la Verità. Di Dio, nell’uomo.

Nel processo davanti al governatore romano, l’atto secondo è il faccia a faccia tra lui e Gesù. Lo stile del potente è tutto un va e vieni tra gli accusatori e l’Innocente, incapace com’è di giudicare. Solo occupato a raccattare consensi. Sul suo zigzagare, si staglia, regale, il dire di Gesù. Pilato fa domande di cui in realtà non gli interessa la risposta: cerca solo un pretesto per lavarsi le mani dalla faccenda, un ennesimo fastidio. Succede che i giudizi pronunciati “da” questo mondo siano così: non cercano di conoscere la verità, ma le parole che autorizzano la pronuncia di una sentenza.

È un processo strano questo, solenne nella sua stranezza. È un processo dove non è tanto il giudice a fare le domande all’imputato, ma è l’imputato che fa le vere domande al giudice; e la sentenza finale non sarà emessa dal giudice, ma dall’accusato. Un faccia a faccia sconvolgente. Nella sua semplicità essenziale, intessuta di silenzio. Un confronto che ribalta il mondo e la sua storia. L’Agnello, inerme, testimone della Verità.

Nel grande processo della storia, è l’ora decisiva. L’Ora che trapassa e discerne tutti i tempi e ne scioglie i sigilli (Ap 5, 9).

Colui che si presume potente, è spiazzato dinanzi al Re indifeso, al potere regale della Verità. Verità, nelle Scritture Sante, non è la cruda materialità delle cose bensì il disvelarsi nella realtà umana del disegno originario di Dio. Chi cerca la verità, chi “è dalla” Verità, comprende la regalità di Gesù ed è illuminato. Ma per chi non cerca la verità, ma solo l’affermazione di sé, la regalità di Gesù rimane enigma indecifrabile. Non si presenta infatti come contenuto mentale, non prerogativa da difendere, non potere da imporre, ma: la vita di un Uomo che dice — testimonia: un dire che coinvolge fino all’anima — Dio. La regalità che è la trasparenza della Verità in carne umana.

Ma Pilato nella sua indecisione non varca neppure la soglia della verità, e rimane travolto dagli eventi: non è disposto a cercare, se non di salvare se stesso. Gesù, nell’ora in cui viene giustiziato, regna su tutto ciò che lo attornia e su tutto ciò che accade; domina gli eventi, resta libero e parla, agisce solo per amore: la stessa regalità con la quale regna Dio. «La grazia della verità ci è venuta in Gesù» (Gv 1, 17).

Così è re Gesù, «Colui che ama, il sovrano dei re» (Ap 1, 5). La sorprendente regalità dell’amore: la sua manifestazione splende senz’alcuna difesa. Ridicola, vana si era appena manifestata, nella notte dell’arresto al Getsemani, la difesa di Simon Pietro (Gv 18, 11). Ma neppure da dodici legioni di angeli Gesù vuol essere difeso. Consegnato dalla sua gente. Abbandonato da Dio. Il Signore regna con la bellezza irradiante della grazia.

Solo ora, solo in questa nudità indifesa, viene alla luce ciò che dall’inizio: là presso il Giordano (Gv 1, 29), Gesù aveva rivelato — e il Precursore d’improvviso aveva visto e testimoniato —: una signoria diversa, che attrae: «Ecco l’Agnello!». Non per caso l’insediamento di Gesù nel Litostroto avverrà all’ora dell’immolazione degli agnelli al tempio.

Gesù, re “altrimenti”, non accetta mezzo alcuno per impedire la consegna. Si afferma con la forza stessa della Verità: splende nella sua kenosis. Un’unica arma è ammessa per difenderlo: l’invocazione: «Venga il tuo Regno». L’appartenenza a questo Re testimone della Verità si esprime nell’ascoltare la sua Voce. Il Regno, può solo essere invocato in preghiera.

«Nel racconto del processo romano viene rivelato il mistero della Verità, delicata, tenace, costante come il battito del cuore; come il ritmo del polso, al tempo sonoro e silenzioso. La Verità è Pulsazione della Memoria, della Parola, della Presenza del Figlio e, nel contempo, dell’Oblio, del Silenzio, della Latenza del Padre. Mai l’Uno senza l’Altro: non ci sarebbe più Polso; sparirebbe la Vita» (C. G. Pagazzi, Il polso della verità).

In lui, il Figlio che dice Dio, sta e splende — giudice mitissima — la gratuità dell’amore. La consegna che libera. La sfida suprema: egli non salva se stesso.

La conversazione tra Gesù e Pilato è — nel suo silenzio di fondo — di una potenza unica: inquadrata tra due domande del potente: «Sei re?», «Cos’è la verità?», in essa le due estremità si attirano e, rivelando la vanità del giudice umano, aprono la porta allo splendido irrompere del Giudizio divino. Il vero, radicale problema del Processo che capovolge la storia, è la Verità: il disegno divino d’amore sull’uomo, l’abbraccio universale, il Logos fatto carne.

Ecco il “vostro” Re. Ecco l’Uomo. Chiunque consente a lasciarsi attirare alla sua “grazia su grazia”, comprenderà che veramente è venuto il Regno di Dio. E sarà libero per amare.

di Maria Ignazia Angelini