La storia di Adam Piekarski incaricato di disegnare il francobollo di Natale

Se gli invisibili diventano i protagonisti

  Se gli invisibili  diventano i protagonisti  QUO-259
13 novembre 2021

È una storia di precipitose cadute ma anche di una rete che salva, quella tessuta da una Chiesa che offre sostegno e opportunità. Adam Piekarski è un giovane quarantenne polacco, al quale il Servizio Poste e Filatelia del Governatorato della Città del Vaticano ha affidato il disegno del francobollo di Natale. Nei volti dei Magi ci sono i suoi compagni di strada, riconoscibili a chi cammina per le strade intorno a piazza San Pietro, i cosiddetti “invisibili” che per una volta sono diventati i protagonisti. Adam ha dato luce ai loro volti ma brilla anche lui in questo racconto di riscatto.

Cresce in Polonia, in una famiglia modesta, ha sete di libertà, di sperimentare il limite ma anche di lasciarsi portare dalla bellezza dell’arte. Il confine tra il volare e il cadere è sottile. Il male è un bicchiere di troppo, la casa è un asfalto che gela le tue ossa e non ti accoglie. Dalla Polonia arriva in Francia dove resta settimane per ammirare i tesori del Louvre, poi va in Svizzera, in Austria e infine in Italia, terra di artisti e scrigno di capolavori. Non chiama la sua famiglia, non fa sapere dove si trova, a volte riappare. In questo suo vagabondare, con l’alcool come compagno di viaggio, si apposta in zona Vaticano. «Quel ragazzo polacco è bravo a disegnare»: la frase è di suor Anna che tutti conoscono alle docce sotto il Colonnato di San Pietro, lei è uno dei tanti volti della Misericordia. La rivolge a padre Leszek, sacerdote redentorista, volontario come suor Anna tra i poveri del Papa. Ha bisogno del ritratto di san Clemente Maria Hofbauer, non ha molto da offrire. «Puoi farmi un quadro?» Adam annuisce ma confessa di non avere nulla per realizzarlo. Padre Leszek provvede e lui si butta nell’impresa, tutti si accorgono del suo talento. Disegna, colora e completa il quadro. Viene pagato e così, presi i soldi, sparisce. Riappare tra le vie di Roma, padre Leszek lo vede da lontano ma tira dritto, sa che è lui che deve tendere la mano. Gli fa sapere che ha dei lavori da offrirgli. Piccoli passi, si fa così la rivoluzione dentro di sé. E quella di Adam inizia quando sfida le voci dei suoi compagni di bevute che lo scoraggiano, che non credono al suo talento. Padre Leszek lo accoglie nella cripta della chiesa di Santa Maria Monterone, al centro di Roma, insieme la ripuliscono e cominciano ad allestire lì un piccolo studio, dove può lasciare la sua roba senza aver paura che la rubino. Disegna il gran maestro dell’Ordine di Malta, Giovanni Paolo ii , la fondatrice delle suore passioniste polacche. Non si ferma, se cade qualche volta, si perdona e si rialza.

Il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere del Papa, lo va a trovare, comprende che la cripta non è adatta a lui e così gli offre una stanza a palazzo Migliori.

È lì che lo incontriamo una mattina. Ci aspetta insieme a padre Leszek, Adam ha lo sguardo diffidente, scruta ma piano piano si sente a suo agio. Mostra i suoi dipinti accatastati ai lati del cavalletto, di alcuni non è soddisfatto. Incontrarlo è assistere alla fioritura di una gemma, si intravede l’impegno messo da uomini e donne che amano Dio e che in lui hanno trovato il suo volto.

Adam sta rinascendo anche grazie alla fiducia di don Francesco Mazzitelli, vice capo ufficio del Servizio poste e filatelia del Governatorato della Città del Vaticano, che lo ha incaricato di disegnare il francobollo di Natale. «L’incontro con padre Leszek — racconta Adam — è stato per me una svolta. Ha dato una possibilità ad un vagabondo perennemente ubriaco, un senzatetto».

Una svolta che oggi lo fa guardare al domani anche se confessa di avere paura perché l’alcool, che «in passato — sottolinea lo stesso Adam — mi aveva dato una falsa illusione della pienezza della vita», oggi resta una grande tentazione. «Ho paura, devo stare attento ogni giorno, devo lavorare su me stesso ogni momento. Sono caduto tante volte ma Dio mi ha sempre aiutato. Non ho sogni — ammette — ma ho un compito da svolgere, fare quello che faccio. L’arte è la mia passione, un dono che ho ricevuto e che può cambiare per sempre la mia vita».

di Benedetta Capelli