Quei biscotti così buoni come quelli che “frate” Jacopa preparò a Francesco

 Quei biscotti così buoni come quelli  che “frate” Jacopa preparò  a Francesco  QUO-258
12 novembre 2021

Chissà se questi biscotti — che anche il Papa, qui ad Assisi, ha dato una mano a distribuire ai poveri, donando anche uno zaino — hanno il sapore dolce dei mostaccioli di cui san Francesco andava così ghiotto da volerli mangiare anche in punto di morte, quel 3 ottobre 1226, secondo la ricetta della sua amica “frate” Jacopa de’ Settesoli. E Francesco li mangiò per l’ultima volta proprio qui — accanto alla Porziuncola c’è la cappella detta “del transito” — dove stamani cinquecento persone che vivono l’esperienza della povertà hanno abbracciato il Papa che ha scelto per sé proprio il nome di Francesco. Raccontandogli le loro storie. Pregando con lui. E mangiando insieme, fraternamente, i biscotti con il profumo della condivisione vera. Semplice. Francescana.

E non ci poteva essere crocevia, punto d’incontro più adatto che Assisi. Città d’Europa e d’America, montagna e valle d’Asia, polvere e foresta d’Africa, pietra di Terra Santa: dovunque povertà e sofferenza s’impongano all’uomo, dovunque la speranza offra una patria alla pace e alla giustizia lì c’è Assisi. Lì c’è la continua “novità” di san Francesco.

E così, in questa fredda e tersa mattina di venerdì 12 novembre, in questa patria d’elezione dei costruttori di pace e di speranza, in questa capitale delle Beatitudini che è Assisi, il Papa è venuto ad abbracciare, condividere, ascoltare, pregare. Con lo stile del pellegrino.

E stavolta il sagrato è pieno

Se il 27 marzo 2020 aveva attraversato — solo, con passo dolente — il sagrato vuoto della basilica di San Pietro, stamani il sagrato di Santa Maria degli Angeli era pieno: con lui c’erano quei 500 poveri, originari di Paesi diversi, assistiti delle realtà caritative cristiane da “prima linea”.

Tredici mesi dopo aver firmato proprio qui ad Assisi l’enciclica che ha per incipit l’espressione «fratelli tutti», cara a Francesco, il Pontefice è arrivato in elicottero alle ore 8.30, atterrando nel campo sportivo di Santa Maria degli Angeli, dopo circa mezz’ora di volo dal decollo dall’eliporto vaticano.

Le clarisse donano 500 rosari

Prima di andare all’appuntamento con i poveri alla Porziuncola il Papa ha voluto recarsi nella basilica di Santa Chiara, nel centro di Assisi, per un breve incontro con la comunità delle clarisse, rivolgendo loro un saluto e lasciando anche una testimonianza autografa. Le clarisse gli hanno donato cinquecento rosari per i poveri che andava ad incontrare: come a dire, con la preghiera anche le claustrali saranno lì, alla Porziuncola.

Ad accompagnarlo, nel suo quinto pellegrinaggio ad Assisi, monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, e l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione che, con i suoi collaboratori, ha reso possibile questo incontro ad Assisi e la Giornata mondiale dei poveri prevista per domenica.

Alle 9.30 Francesco è arrivato sul piazzale di Santa Maria degli Angeli. Sceso dall’auto, ha salutato a lungo i bambini delle scuole, diversi gruppi francescani e le comunità di poveri, fermandosi in particolare a incoraggiare le persone con disabilità.

Ad accoglierlo monsignor Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo di Assisi - Gualdo Tadino - Nocera Umbra; monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, presidente della Conferenza episcopale umbra; il ministro generale dell’ordine dei Frati minori, padre Massimo Fusarelli, e il custode della Porziuncola, padre Massimo Travascio. Era presente il cardinale Philippe Barbarin, vicino all’esperienza dell’organizzazione francese Fratello che è impegnata in prima linea nella realizzazione delle Giornate mondiali dei poveri.

Jennifer, Abrhaley e Luciano

Con loro anche le autorità civili. Ma niente protocolli. Niente convenevoli. Anche perché con le autorità c’erano, appunto, i poveri che dal Vangelo traggono la loro di autorità. Quasi uno speciale “corpo diplomatico” a rappresentare tutti coloro che ovunque, nelle periferie mondo, vivono l’esperienza della povertà, del dolore, dell’esclusione, dell’ingiustizia. Tutti coloro che danno del “tu” a fame, sete, freddo. Paura.

Per questo “corpo diplomatico” l’appuntamento con il Papa stamani era qui, alla Porziuncola, il luogo forse più caro al quel giovane “playboy” chiamato Francesco, che su queste strade, 800 anni fa, scelse di vivere povero.

E “il Signor Papa” — così lo avrebbe chiamato Francesco — appena arrivato ad Assisi ha ricevuto direttamente dalle mani dei poveri il mantello francescano da pellegrino: quasi una “restituzione” per quello che il “play-boy” offrì a chi non aveva di che vestirsi. Con il mantello, il Pontefice ha ricevuto anche il bastone da pellegrino. Gesti e segni che non sono solo bei simboli. Richiamano il camminare insieme: qui ad Assisi si è vissuto un piccolo ma dirompente... “sinodo” con i poveri protagonisti, insomma.

A dare il benvenuto al Papa — offrendo, appunto, mantello e bastone — sono stati tre rappresentanti del popolo dei poveri. In un incontro confidenziale, intimo, pur se in mezzo a tanta gente, hanno raccontato a Francesco le loro storie con un filo di voce. Con discrezione. Con grande dignità. Ha parlato per prima Jennifer, che ha conosciuto accoglienza e riscatto nell’associazione Magdalena. Ha proseguito Abrhaley, non vedente, nato in Eritrea e oggi ospite della Caritas a Bastia Umbra: aveva 5 anni quando una mina gli è esplosa in faccia, eppure ha parole di “luce”, di speranza. E ha concluso Luciano, originario della Romania ma ormai romano di adozione.

Abbracciato — letteralmente — dai rappresentanti del popolo dei poveri Francesco è entrato nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Ha camminato, fianco a fianco, con loro dal sagrato all’interno della basilica. Pochi passi, se misurati in metri. Il giro del mondo, se calcolato in spirito. Un piccolo pellegrinaggio, insieme, come a suggerire — coi fatti prima ancora che con la parola — che nessuno, proprio nessuno, deve restare indietro da solo.

Tra le pareti della Porziuncola

Nella basilica Francesco si è anzitutto raccolto in preghiera nella Porziuncola, offrendo anche un omaggio floreale. Sulla soglia della piccola chiesa — le cui pareti custodiscono i segreti della santità di Francesco — il Papa ha letto le parole, scritte in lettere di metallo, «Hic locus sanctus est» (“Questo luogo è santo”). Racchiusa e protetta, come perla preziosa, dalla grande basilica di Santa Maria degli Angeli, si è conservata nei secoli questa chiesina sperduta nella valle, sotto il monte Subasio.

Proprio accanto a questo “santuario dei poveri” il Pontefice ha guidato un incontro di ascolto e di preghiera. Tanto che subito ha dato la parola ad alcuni testimoni che hanno raccontato le loro storie, nell’ambito dell’organizzazione Fratello. Storie forti, intervallate da brevi, intensi, momenti musicali.

La stessa atmosfera
di 800 anni fa...

Un cronista di 800 anni fa, probabilmente, avrebbe scritto queste stesse parole: «Francesco ha ascoltato le testimonianze dei poveri e ha risposto». E sempre qui, alla Porziuncola.

Sì, Papa Francesco ha ascoltato le testimonianze dei poveri e ha risposto. Per tutto l’incontro, e durante il suo discorso, li ha guardati fraternamente negli occhi i rappresentanti di questo “corpo diplomatico” del popolo dei poveri, arrivati ad Assisi tramite le diocesi dell’Umbria, attraverso la Caritas, e l’organizzazione Fratello. Da Roma, inoltre, è arrivato un folto gruppo composto da persone assistite dall’Elemosineria apostolica, dalla Caritas diocesana, dal Circolo San Pietro, dalla Comunità di
Sant’Egidio, dalla Famiglia vincenziana, dal Centro Astalli e dalle Acli. Una “icona” di Fratelli tutti è constatare la fraternità tra le persone che aiutano e le persone che sono aiutate, fino a confondere i “ruoli”. E constatare anche che la prima fila, quella “d’onore”, è riservata a chi sta su una sedia a rotelle.

Pregando con le parole
di madre Teresa
e san Francesco

È venuto, quindi, il momento della preghiera, introdotto da un canto in francese (Nous voici, Église notre Mère!) — con strofe anche in spagnolo, italiano e polacco — espressione della spiritualità della comunità Fratello. Dopo il segno della croce il Pontefice ha ricordato la bellezza di aver «ascoltato insieme le storie su come Dio agisca nelle nostre vite. Ci ispirano le vite di tanti santi e beati che hanno dedicato la loro vita ai poveri e ai più abbandonati, soprattutto in questo luogo che ha visto direttamente san Francesco, santa Chiara e il beato Carlo Acutis, i quali hanno seguito la voce del Signore».

È stato poi proclamato, in italiano, il brano dagli Atti degli Apostoli (3, 1-10) che ricorda il gesto di Pietro di guarire un uomo storpio.

Il canto dell’Alleluia, nella nota e coinvolgente versione composta nel 1974 da Linda Stassen, ha preceduto la proclamazione, in francese, del passo del Vangelo di Marco (14, 3-9) da cui è tratto il tema della Giornata mondiale dei poveri: i poveri, appunto, «li avete sempre con voi».

Con un gesto davvero toccante, tutti — in piedi — hanno dato voce, in italiano e in francese, alla preghiera ispirata ai testi di santa madre Teresa di Calcutta e di san Francesco: «Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli in tutto il mondo che vivono e muoiono in povertà e fame. Dà loro quest’oggi, attraverso le nostre mani, il loro pane quotidiano e, con il nostro amore comprensivo, dà a loro pace e gioia».

Sono parole note, molto usate e poco applicate: «Signore, fa di me uno strumento della tua pace così che dove c’è odio, io possa portare amore; dove c’è ingiustizia io possa portare lo spirito del perdono...».

Con il canto del Padre Nostro è culminato il momento di preghiera. «O Dio, Padre degli orfani e delle vedove, rifugio agli stranieri, giustizia degli oppressi — ha pregato, in conclusione, il Pontefice — sostieni la speranza del povero che confida nel tuo amore, perché mai venga a mancare la libertà e il pane che Tu provvedi, e tutti impariamo a donare». Ha poi impartito la benedizione, ricordando «i fratelli segnati dalla necessità e dalla sofferenza». Ed è stata intonata la Salve, Regina.

Quello zaino, dono del Papa

Infine, come ultimo gesto di fraternità, Francesco ha voluto consegnare il suo dono personale ai poveri: uno zaino — spiega il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione — «prodotto nell’ambito del progetto +Three, nel rispetto della sostenibilità ambientale ed economica all’interno di una filiera etica socialmente utile». Nello zaino ci sono maglioni, sciarpe, cappelli, giacche a vento e mascherine anti covid in tessuto lavabile e riutilizzabile.

Prima di lasciare Santa Maria degli Angeli, il Papa ha benedetto una pietra della Porziuncola che sarà “fondamento” — e non solo per gli architetti — per il Rifugio per i senzatetto «Rose di San Francesco» di Tersatto, fondato nel 2007 dalla fraternità dell’Ordine francescano secolare nella città di Rijeka in Croazia.

Ha poi salutato la comunità francescana e ha benedetto “il presepe della luce” che don Luigi Aversa e l’artista Carlo Baldessarri hanno donato alla basilica.

Da parte loro, dopo aver calorosamente salutato il Pontefice, i poveri sono stati invitati a pranzo dall’arcivescovo Sorrentino. Un momento, dolcissimo, di ristoro, buono anche per scambiarsi una parola in più, un sorriso e una pacca sulle spalle di incoraggiamento, gli uni con gli altri. Fratelli tutti, più che mai.

«Laudato si’...»

Questo è stato il «programma ufficiale». C’è poi il «programma dello spirito», che nessuno può stilare, fatto di incontri, nuove amicizie, progetti, preghiere e speranze che valgono una vita intera.

«Laudato si’... Altissimu, onnipotente, bon Signore...». San Francesco era cieco, ammalato, quando compose il Cantico di frate sole a San Damiano, lì a mezza costa, poco distante dalla Porziuncola, in una notte tra aprile e maggio del 1225. I suoi occhi erano più che mai gli Occhi di quel Crocifisso di cui aveva sentito la Voce — «Va’ e ripara la mia casa» — e in cui si era totalmente identificato. Oggi c’è il popolo dei poveri che, con il Papa, prova a riparare la sua casa, tra «frate sole», «matre terra» e la «perfetta letizia» che la fraternità suscitata anche dal profumo dei biscotti, in stile “frate” Jacopa, aiuta ad abbracciare.

dal nostro inviato Giampaolo Mattei