Il magistero

 Il magistero  QUO-246
28 ottobre 2021

Venerdì 22

Amicizia
fraterna per una comune
responsabilità

Le porgo i miei più ferventi auguri: Ad multos annos! E prego Dio, dal quale tutti i doni provengono, affinché le conceda salute, gioia spirituale e grazia per sostenere ogni aspetto del suo alto servizio.

Con gratitudine rifletto sul nostro profondo vincolo personale, dal tempo dell’inaugurazione del mio ministero papale.

Nel tempo, questo vincolo è diventato un’amicizia fraterna alimentata in tanti incontri a Roma, al Fanar, a Gerusalemme, Assisi, Il Cairo, Lesbo, Bari e Budapest.

Come manifestato ancora una volta dalla sua partecipazione in eventi tenutisi di recente a Roma, condivido con Lei la comprensione della nostra comune responsabilità pastorale di fronte alle sfide urgenti che la famiglia umana sta affrontando.

Assicuro la mia riconoscenza per il suo impegno nella salvaguardia del creato, da cui ho imparato e continuo a imparare.

Con lo scoppio della pandemia e le gravi ripercussioni sanitarie, sociali ed economiche, la sua testimonianza e il suo insegnamento sulla necessità della conversione spirituale dell’umanità hanno acquisito una rilevanza duratura.

La ringrazio per aver indicato la via del dialogo, in carità e in verità, come l’unica via possibile per la riconciliazione tra i credenti in Cristo e per il ripristino della loro piena comunione.

Con l’aiuto di Dio, questo è il sentiero lungo il quale continueremo a camminare insieme, perché la vicinanza e la solidarietà tra le nostre Chiese sono un contributo indispensabile alla fratellanza universale e alla giustizia sociale.

(Lettera a Bartolomeo nel 30° anniversario
della sua elezione come arcivescovo
di Costantinopoli e Patriarca ecumenico)

Sabato 23

Per una
economia equa nel terreno
inquinato
della finanza

In questi giorni trattate temi grandi ed essenziali: solidarietà, cooperazione e responsabilità come antidoti all’ingiustizia, alla disuguaglianza e all’esclusione... in un tempo nel quale le incertezze e le precarietà di tante persone e comunità sono aggravate da un sistema economico che continua a scartare vite in nome del dio denaro, istillando atteggiamenti rapaci nei confronti della Terra e alimentando iniquità.

Non possiamo restare indifferenti. Ma la risposta alle ingiustizie e allo sfruttamento non è solo la denuncia; è soprattutto la promozione attiva del bene.

Apprezzo le attività che portate avanti, specialmente nel campo educativo e formativo, per l’impegno di finanziare studi e ricerche per i giovani su modelli di sviluppo economico-sociale ispirati alla dottrina sociale della Chiesa.

Nel terreno inquinato dal predominio della finanza abbiamo bisogno di tanti piccoli semi che facciano germogliare un’economia equa e benefica, a misura d’uomo.

Abbiamo bisogno di possibilità che diventino realtà, di realtà che diano speranza. Questo significa tradurre in pratica la dottrina sociale.

Le parole da voi scelte (solidarietà, cooperazione e responsabilità) rappresentano tre assi portanti della dottrina sociale.

Con questo sguardo, sensibile alla concretezza delle dinamiche storiche, la dottrina sociale contribuisce a una visione che si oppone a quella individualista, in quanto si fonda sull’interconnessione tra le persone e ha come fine il bene comune.

E si oppone anche alla visione collettivistica, che oggi riemerge in una nuova versione, nascosta nei progetti di omologazione tecnocratica.

Non si tratta di una “faccenda politica”: la dottrina sociale è ancorata alla Parola di Dio, per orientare processi di promozione umana a partire dalla fede.

Per questo va seguita e sviluppata: appassioniamoci alla dottrina sociale, facciamola conoscere: è un tesoro della tradizione ecclesiale! Studiandola, vi siete sentiti chiamati a impegnarvi contro le disuguaglianze, che feriscono i più fragili.

Dio è una comunione di Persone e ci orienta a realizzarci attraverso l’apertura generosa agli altri (solidarietà), la collaborazione con gli altri (cooperazione), l’impegno per gli altri (responsabilità).

E a farlo in ogni espressione della vita sociale, attraverso le relazioni, il lavoro, l’impegno civile, il rapporto con il creato, la politica.

In ogni ambito testimoniare l’attenzione per gli altri, impegnarci con gratuità per una società più giusta, dove non prevalgano egoismi e interessi di parte.

Vigilare sul rispetto della persona umana, sulla sua libertà, sulla tutela della sua inviolabile dignità.

Collaborare senza paura con ciascuno per il bene di tutti: senza chiusure escludenti, senza pregiudizi.

Come cristiani siamo chiamati a un amore senza frontiere e senza limiti, segno e testimonianza che si può andare oltre i muri degli egoismi e degli interessi personali e nazionali; oltre il potere del denaro; oltre gli steccati delle ideologie, che amplificano gli odi; oltre ogni barriera storica e culturale e oltre l’indifferenza.

Possiamo essere fratelli tutti e dobbiamo pensare e operare come fratelli di tutti.

Può sembrare un’utopia irrealizzabile. Preferiamo invece credere che sia un sogno possibile, perché è lo stesso sogno di Dio.

(Discorso ai partecipanti al convegno
della fondazione Centesimus annus Pro Pontifice ricevuti nella Sala Clementina
)

Domenica 24

Bartimeo
maestro
di preghiera

Il Vangelo narra di Gesù che ridona la vista a un cieco che mendica. È un incontro importante, l’ultimo prima dell’ingresso a Gerusalemme per la Pasqua.

Bartimeo aveva perso la vista, ma non la voce! Infatti, quando sente che sta per passare Gesù, inizia a gridare. I discepoli e la folla infastiditi lo rimproverano perché taccia. Ma lui urla ancora più forte. Gesù sente, e subito si ferma.

Dio ascolta sempre il grido del povero, e non è disturbato dalla voce di Bartimeo; anzi si accorge che è piena di fede, una fede che non teme di insistere, di bussare al cuore di Dio, malgrado l’incomprensione.

Qui sta la radice del miracolo. Infatti Gesù gli dice: «La tua fede ti ha salvato».

La fede di Bartimeo traspare dalla sua preghiera. Non è una preghiera timida, convenzionale.

Anzitutto chiama il Signore “Figlio di Davide”: cioè lo riconosce Re. Poi lo chiama per nome, con confidenza: “Gesù”. Non ha paura, non prende le distanze.

Così dal cuore grida al Dio amico tutto il suo dramma: “Abbi pietà di me!”.

Soltanto quella preghiera. Non chiede qualche spicciolo come fa con i passanti.

A Colui che può tutto chiede tutto. Alla gente chiede spiccioli a Gesù chiede tutto.

Non chiede una grazia, ma presenta sé stesso: chiede misericordia per la sua persona, per la sua vita.

Non è una richiesta da poco, ma è bellissima, perché invoca la compassione, la misericordia di Dio, la sua tenerezza.

Non usa tante parole. Dice l’essenziale e si affida all’amore di Dio, che può far rifiorire la sua vita compiendo ciò che è impossibile agli uomini.

Una fede
concreta
insistente
e coraggiosa

Per questo al Signore non chiede un’elemosina, ma manifesta tutto: la sua cecità e la sua sofferenza, che andava al di là del non poter vedere.

Era la punta dell’iceberg, ma nel suo cuore ci saranno state ferite, umiliazioni, sogni infranti, errori, rimorsi.

Lui pregava con il cuore. E noi? Quando domandiamo una grazia, mettiamo nella preghiera anche la nostra storia, ferite, umiliazioni, sogni infranti, errori, rimorsi?

Chiediamoci: “Come va la mia preghiera?”. È coraggiosa? Ha l’insistenza buona di Bartimeo? Sa “afferrare” il Signore che passa? Oppure si accontenta di fargli un salutino formale ogni tanto, quando mi ricordo? Preghiere tiepide che non aiutano.

E poi: la mia preghiera è “sostanziosa”, mette a nudo il cuore davanti al Signore? Gli porto la storia e i volti della mia vita? Oppure è anemica, superficiale, fatta di rituali senza affetto e senza cuore?

Quando la fede è viva, la preghiera non si riduce ai bisogni del momento.

A Gesù, che può tutto, va chiesto tutto.

Egli non vede l’ora di riversare la sua grazia e la sua gioia nei nostri cuori; purtroppo siamo noi a mantenere le distanze, per timidezza, pigrizia o incredulità.

Tanti di noi, quando preghiamo, non crediamo che il Signore può fare il miracolo. Mi viene in mente la storia di quel papà a cui i medici avevano detto che la sua bambina di nove anni non passava la notte in ospedale.

E lui ha preso un bus ed è andato a settanta chilometri al santuario della Madonna. Era chiuso e lui, aggrappato alla cancellata, passò la notte pregando: “Signore, salvala! Signore, dalle la vita!”.

Poi al mattino tornò in ospedale e trovò la moglie che piangeva. E lui pensò: “È morta”. [Ma] la moglie disse: “Non si capisce, i medici dicono che sembra guarita”. Il grido di quell’uomo è stato ascoltato.

Abbiamo questo coraggio nella preghiera? A Colui che può darci tutto, chiediamo tutto, come Bartimeo, che un grande maestro di preghiera.

Ci sia di esempio con la sua fede concreta, insistente e coraggiosa.

Due nuove
beate italiane

Ieri a Brescia è stata beatificata suor Lucia dell’Immacolata, delle Ancelle della Carità. Donna mite e accogliente, morta nel 1954 a 45 anni, dopo una vita spesa al servizio del prossimo anche quando la malattia l’aveva fiaccata nel corpo ma non nello spirito.

Oggi a Rimini viene beatificata la giovane Sandra Sabattini, studentessa di medicina, scomparsa a 22 anni per un incidente stradale. Ragazza gioiosa, animata da grande carità e dalla preghiera quotidiana, si dedicò con entusiasmo al servizio dei più deboli nel solco del carisma del Servo di Dio Don Oreste Benzi.

Saluto la comunità peruviana che celebra la festa del Señor de los Milagros. Anche il Presepio di quest’anno sarà della comunità peruviana.

(Angelus in piazza San Pietro)

Martedì 26

Continuare l’importante opera di
rinnovamento dello Smom

Ho notato i passi positivi compiuti per quanto attiene al rinnovamento spirituale e morale dell’Ordine, nonché al processo di aggiornamento... di fondamentale importanza in vista del prossimo Capitolo Generale Straordinario.

Affinché il lavoro già intrapreso possa dare i suoi frutti, è importante che il Capitolo sia celebrato nelle condizioni atte ad assicurare il necessario rinnovamento.

Ho deciso di prorogare Fra’ Marco Luzzago nel suo ufficio di Luogotenente di Gran Maestro sino alla conclusione del Capitolo ed elezione di un nuovo Gran Maestro.

Come mio Delegato Speciale Ella ha la potestà di avocare a sé aspetti del governo ordinario, anche derogando all’attuale Carta Costituzionale e all’attuale Codice Melitense, nonché di risolvere tutti i conflitti interni ex auctoritate Summi Pontificis.

Inoltre Le attribuisco espressamente anche di convocare il Capitolo Generale Straordinario e co-presiedere il medesimo; definire un regolamento ad hoc per la composizione e celebrazione; approvare la Carta Costituzionale e il Codice Melitense; procedere al rinnovo del Sovrano Consiglio; convocare il Consiglio Compìto di Stato per l’elezione di un nuovo Gran Maestro.

Incoraggio la Famiglia Giovannita nelle molteplici opere di carità che svolge in varie parti del mondo, fedele alle finalità dell’Ordine: la tuitio fidei — la difesa della fede — e l’Obsequium pauperum — il servizio ai poveri, ai malati e alle persone più deboli —.

(Lettera al cardinale Tomasi delegato speciale presso il Sovrano militare ordine ospedaliero di san Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta)

Mercoledì 27

La vita
dello Spirito non può essere soffocata
da precetti e burocrazia

Ai Galati, tentati di basare la loro religiosità sull’osservanza di precetti e tradizioni, Paolo ricorda il centro della salvezza e della fede: la morte e la risurrezione del Signore... mettendo davanti a loro il realismo della croce di Gesù.

Ancora oggi, molti sono alla ricerca di sicurezze religiose prima che del Dio vivo e vero, concentrandosi su rituali piuttosto che abbracciare il Dio dell’amore.

È la tentazione dei nuovi fondamentalisti, i quali non vanno avanti ma indietro perché cercano la sicurezza di Dio e non il Dio della sicurezza.

Per questo Paolo chiede ai Galati di ritornare all’essenziale, a Dio che ci dà la vita in Cristo crocifisso.

Se perdiamo il filo della vita spirituale, se mille problemi e pensieri ci assillano, facciamo nostro il consiglio di Paolo: mettiamoci davanti a Cristo.

Prendiamo il Crocifisso tra le mani, teniamolo stretto sul cuore. Oppure sostiamo in adorazione davanti all’Eucaristia.

Sempre guidati da Paolo, facciamo un passo ulteriore. Chiediamoci cosa succede quando incontriamo nella preghiera Gesù? Succede quello che accadde sotto la croce: Egli consegna lo Spirito, dona la vita.

Opere
della carne
non portano frutti

È lo Spirito, che scaturisce dalla Pasqua di Gesù, che cambia il cuore: non le nostre opere.... non le cose che facciamo.

È Lui che guida la Chiesa, e noi siamo chiamati a obbedire alla sua azione, che spazia dove e come vuole.

Fu proprio la constatazione che lo Spirito Santo scendeva sopra tutti, senza esclusione alcuna, a convincere anche i più restii tra gli Apostoli che il Vangelo di Gesù era destinato a tutti e non a pochi privilegiati.

Quelli che cercano la sicurezza, il piccolo gruppo si allontanano dallo Spirito, non lasciano che la libertà entri in loro.

La vita della comunità si rigenera nello Spirito; ed è sempre grazie a Lui che alimentiamo la nostra vita cristiana e portiamo avanti la nostra lotta.

Il combattimento spirituale è un altro insegnamento della Lettera ai Galati.

I comportamenti contrari allo Spirito di Dio, l’Apostolo li chiama opere della carne; non perché nella carne umana ci sia qualcosa di sbagliato o cattivo, ma perché è una parola che indica l’uomo nella sua dimensione solo terrena, chiuso in sé stesso, in una vita orizzontale, dove si seguono gli istinti mondani e si chiude la porta allo Spirito, che ci innalza e ci apre a Dio e agli altri.

Ma la carne ricorda anche che tutto questo invecchia, passa, marcisce, mentre lo Spirito dà la vita.

Paolo elenca le opere della carne, che fanno riferimento all’uso egoistico della sessualità, alle pratiche magiche che sono idolatria e a quanto mina le relazioni interpersonali, come discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie.

Questo è il frutto di un comportamento “ammalatamente” umano, perché l’umano ha dei suoi valori.

Può essere un buon esercizio spirituale, leggere l’elenco di san Paolo e guardare alla propria condotta, per vedere se corrisponde, se la nostra vita è secondo lo Spirito, se porta questi frutti.

Solo l’amore cambia il cuore degli uomini

La mia vita produce frutti di amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé?

I primi tre elencati sono l’amore, la pace e la gioia: da qui si riconosce una persona abitata dallo Spirito Santo.

Una persona che è in pace, che è gioiosa e che ama: con queste tre tracce si vede l’azione dello Spirito.

Questo insegnamento pone una sfida anche alle nostre comunità. A volte, chi si accosta alla Chiesa ha l’impressione di trovarsi davanti a una fitta mole di comandi.

Ma questo non è la Chiesa! Questo può essere qualsiasi associazione.

Non si può cogliere la bellezza della fede in Cristo partendo da troppi comandamenti e da una visione morale che, sviluppandosi in molti rivoli, può far dimenticare l’originaria fecondità dell’amore.

La vita dello Spirito che si esprime nei Sacramenti non può essere soffocata da una burocrazia che impedisce di accedere alla grazia dello Spirito.

Quante volte noi stessi, preti o vescovi, facciamo tanta burocrazia per dare un Sacramento, per accogliere la gente, che di conseguenza dice: “No, questo non mi piace”, e se ne va.

Abbiamo la grande responsabilità di annunciare Cristo crocifisso e risorto animati dal soffio dello Spirito d’amore.

Perché è solo questo Amore che possiede la forza di attirare e cambiare il cuore dell’uomo.

(Udienza generale nell’Aula Paolo vi )