La testimonianza di Vittorio Nobile, papà di Carlotta, ragazza poliedrica violinista straordinaria, scomparsa a soli 24 anni

Ho creduto in mia figlia

 Ho creduto  in mia figlia  QUO-238
19 ottobre 2021

Quando, nella sua lettera Patris corde, Papa Francesco, ispirato dalla figura di san Giuseppe, scrive che «ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito che può essere rivelato solo con l’aiuto di un padre che rispetta la sua libertà», può sembrare che esprima solo un concetto teologico. Che non si tratti però di un’idea astratta, ma di vita vissuta, lo dimostrano esperienze di paternità come quella di Vittorio Nobile, beneventano, magistrato in pensione, fino a un anno fa presidente della Sezione lavoro della Corte di Cassazione. Vittorio è stato infatti il papà di Carlotta Nobile, la violinista, storica dell’arte, blogger e scrittrice, stroncata nel luglio 2013 da un melanoma a soli 24 anni e cinque anni dopo inserita tra i “Testimoni” del Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani.

La storia di Carlotta, a otto anni dalla sua tragica scomparsa, è ormai una testimonianza di fede inedita e straordinaria che sta facendo il giro dell’Italia e del mondo. La vicenda di una delle più apprezzate violiniste della sua generazione, colpita da un male incurabile a soli 22 anni, capace, grazie alla riscoperta della fede, di trasfigurare la sua sofferenza in gioia e gratitudine.

Una ragazza speciale ma al contempo normale, nata a Roma come la madre, innamorata della bellezza e dell’arte, musicista di successo, storica dell’arte, cresciuta in una famiglia cattolica, ma mai appartenuta a comunità o movimenti. Dopo la diagnosi funesta, diventa autrice di un blog anonimo, «Il Cancro E Poi», con cui condivide le sue riflessioni sulla malattia infondendo coraggio e speranza a migliaia di persone. Poi, il 4 marzo 2013, al risveglio da un coma provocato dal tumore, scopre dentro di sé la certezza della fede in Cristo e, ascoltando le parole del Papa la Domenica delle Palme, accetta con gioia di portare la croce della malattia. Negli ultimi mesi della sua vita, i genitori Adelina e Vittorio e il fratello minore Matteo, assistono increduli alla sua continua testimonianza di fede, riconoscenza e amore per la vita. Lo stesso Papa Francesco, dopo un colloquio con don Giuseppe Trappolini, parroco di San Giacomo in Augusta a Roma, che aveva incontrato Carlotta, afferma: «Questa ragazza mi dà coraggio».

Don Michele Falabretti, responsabile della pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana, commentando la storia di Carlotta Nobile ha detto che la grazia esplosa a un certo punto nella sua vita, era una grazia che aveva lavorato «su ciò che è accaduto prima dentro di lei, dentro il suo contesto familiare». Incontrando papà Vittorio, si coglie il senso profondo di una paternità vissuta nell’ombra, come il Papa descrive quella dello Sposo di Maria. Un padre il cui più grande pregio è stato quello di fidarsi della propria figlia, farla sentire libera, responsabile e autonoma.

«Imparare a fare il padre accanto a Carlotta non è stato difficile — ci racconta Vittorio Nobile —. Complesso forse, ma non difficile. Fin da piccola Carlotta ha avuto mille interessi, mille curiosità, quindi starle dietro non è stato semplice. Ma io e mia moglie l’abbiamo sempre accompagnata, anche condividendo le sue decisioni, senza particolari difficoltà».

Consapevole della complementarietà dei genitori, quando torna indietro nei ricordi, papà Vittorio non riesce a separare il suo ruolo da quello della sua sposa Adelina, la mamma di Carlotta. «Io e mia moglie — spiega — abbiamo avuto la capacità di assecondarla nelle sue scelte. Col senno di poi, direi che abbiamo fatto più che bene. Ci siamo, in qualche modo, lasciati guidare da lei. Aveva mille passioni: la musica in primis, ma poi l’arte, la letteratura, la comunicazione e poi il web. Anche quando ha iniziato a navigare in internet io l’ho vista subito così responsabile che non ho temuto che facesse brutti incontri».

Autoritarismo, severità, non sono atteggiamenti paterni in cui si riconosce Vittorio Nobile, un genitore per attitudine capace di accompagnare con amore, ma in modo discreto e silenzioso. Non ricorda, ad esempio, occasioni in cui ha dovuto imporsi sulla volontà di sua figlia. «L’unica cosa che le avevo insegnato era di non prendere le decisioni in modo affrettato, di ponderarle bene. E devo dire che lei ha sempre seguito questo consiglio».

Il Papa descrive Giuseppe come un padre che ha saputo «decentrarsi», mettendo Maria e Gesù al centro della sua vita. Vittorio sorride timido davanti a questo accostamento. Lui ricorda una recita scolastica in cui da bambino interpretò il ruolo del papà putativo del Figlio di Dio: indossava una barba bianca posticcia e da allora si è sempre chiesto perché l’iconografia di Giuseppe lo ritraesse come un uomo anziano. «Eppure — riflette — deve essere stato un padre presente e responsabile: ci penso ogni volta che mi capita sotto gli occhi quella pagina del Vangelo in cui si dice che “Gesù  cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Merito anche del padre, sicuramente!».

«Io — confida Vittorio Nobile — non ho mai sentito il bisogno reale di “decentrarmi” come padre. Direi che mi è venuto spontaneo, naturale, non mettermi al centro e accompagnare Carlotta nelle sue scelte, prendendomi cura di lei ma soprattutto fidandomi di lei, senza imporle nulla».

Quando chiediamo a Vittorio Nobile in quale momento ha compreso il “mistero” che custodiva nel cuore sua figlia, lui si ferma un attimo e poi sorride. «Questa per me — racconta vincendo un po’ di pudore — è una domanda importante. Il modo in cui Carlotta ha affrontato la malattia e poi la morte, con la sua fede incrollabile, è stato per noi — pur nel dramma della perdita di una figlia così giovane — un’esperienza che ci ha cambiato la vita per sempre e ha rafforzato la nostra fede. Il 5 aprile del 2013 nostra figlia scriveva sul suo Blog: “Io sono guarita nell’anima. (…) E questo è un miracolo.  Ora so che la guarigione del corpo arriverà. Ora so che mi amo. (…) Ora ho finalmente chiaro e preciso e perfettamente nitido dentro di me chi sono, dove sto andando, cosa voglio e dov’è il mio progetto. (…) Io sono guarita nell’anima. E mi ritengo la persona più fortunata del mondo”. Come ha detto mio figlio Matteo, in modo molto efficace, attraverso Carlotta noi abbiamo avuto la prova dell’esistenza di Dio, e direi che non è poco».

di Fabio Colagrande