Senza pregiudizi sulla strada dell’amicizia e della fraternità

 Senza pregiudizi sulla strada dell’amicizia e della fraternità   QUO-237
18 ottobre 2021

«Un piccolo gruppo al servizio dei tre quarti dell’umanità». La battuta del cardinale Arinze, che fotografa una verità, si ricorda con gusto e affetto tra le stanze del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso (Pcdi). Un gruppo eterogeneo e multiculturale, il cui bilancio di missione fa parte dei 21 milioni di budget stanziati quest’anno per una trentina di istituzioni vaticane e il cui impegno è promuovere relazioni fraterne e amichevoli con le persone di varie tradizioni religiose. Un libro aperto 60 anni fa dal Vaticano ii e giunto, col magistero di Papa Francesco, al capitolo sulla fratellanza umana. Da due anni e mezzo a guidare il dicastero è il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, che spiega come questo tipo di dialogo abbia bisogno di dedizione e cura costanti, dove l’espressione della propria identità non deve alimentare pregiudizi e resistenze.

Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso: nel nome del dicastero è racchiusa in estrema sintesi una missione vastissima, che soprattutto con Papa Francesco sta divenendo una delle priorità della Chiesa, come testimoniano i suoi più recenti viaggi internazionali, da Abu Dhabi, nel febbraio 2019, fino a quello in Iraq, nel segno della «fratellanza umana». Che impegno e che responsabilità ne derivano per voi?

Vorrei innanzitutto dire due parole sulla storia del dicastero che, come Segretariato per i non cristiani, fu istituito da Papa Paolo vi , il 19 maggio 1964, con il breve Progrediente Concilio, prima della promulgazione della dichiarazione conciliare Nostra aetate (1965) e della chiusura del concilio Vaticano ii . Già allora si avvertiva la necessità, direbbe Papa Francesco, di una Chiesa in uscita che dialogasse con il mondo, in particolare con gli appartenenti alle altre tradizioni religiose. Da allora, sono trascorsi quasi 60 anni, il dialogo interreligioso promosso dalla Chiesa cattolica, pur incontrando difficoltà e incomprensioni, non si è mai fermato. Nel 1988, come previsto dalla costituzione apostolica Pastor bonus, il Segretariato divenne quello che è ancora oggi: il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. La nuova denominazione del dicastero ha favorito un’idea del dialogo con persone di diverse tradizioni religiose sicuramente più inclusiva.

Il dicastero è al servizio della Chiesa nella sua vasta missione di dialogo, e ciò avviene collaborando con i vescovi delle Chiese locali, soprattutto attraverso le Commissioni episcopali per il dialogo interreligioso. Molti Membri del nostro dicastero sono infatti i presidenti delle suddette Commissioni. Anche se un’attività di dialogo è promossa dal dicastero è sempre nostra premura coinvolgere sia la Chiesa locale che la rappresentanza pontificia.

Dalla sua istituzione ad oggi il lavoro del dicastero si è notevolmente ampliato ma si è anche andato meglio precisando. Tantissime sono state le occasioni di incontro con persone di varie tradizioni religiose. Da questi incontri sono nate delle iniziative strutturate di dialogo e di collaborazione con varie istituzioni sia multireligiose che afferenti ad una singola religione. Ricordo la nostra tradizione di inviare messaggi di auguri come quello ai musulmani per il mese di Ramadan, ai buddisti per la festa di Vesakh o Hanamatsuri, agli indù per la ricorrenza di Deepavali, alle comunità jain in occasione del Mahavir Jayanti, e alle comunità sikh, in occasione del Prakash Diwas.

Desidero anche sottolineare la dimensione ecumenica del dialogo interreligioso. Il Pcdi infatti da molti anni mantiene rapporti costanti con l’analogo Ufficio per il dialogo interreligioso del Consiglio ecumenico delle Chiese e collabora con esso in iniziative di studio e di promozione del dialogo. Presentarsi uniti al dialogo o, almeno, un po’ meno divisi, è una testimonianza necessaria.

L’impulso dato dai Pontefici, con la conseguenza di un maggior impegno da parte del dicastero, non è certo mancato. Ricordo solo come esempio la Giornata di preghiera per la pace, voluta nel 1986 ad Assisi da san Giovanni Paolo ii , che è stata una pietra miliare nel dialogo interreligioso, come successivamente lo sono state il Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, siglato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dall’Imam Al-Tayyeb, e l’enciclica Fratelli tutti del 2020.

Papa Francesco che, nel solco dei suoi predecessori, si è fatto egli stesso promotore del dialogo in tante e diverse occasioni, ci incoraggia oggi a proseguire sulla via della fraternità assieme a tutti gli uomini di buona volontà. Da parte mia e del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso posso dire che porremo ogni attenzione per definire i passi concreti da compiere perché i temi della fraternità e dell’amicizia sociale diventino vieppiù terreno di confronto e di azione fra gli appartenenti alle diverse tradizioni religiose.

Pur non rinunciando in nulla alla nostra identità o rifacendosi ad un facile irenismo, con forza e con coraggio, si deve affermare la necessità di mettere da parte pregiudizi, indugi e difficoltà per costruire una società fraterna.

Soprattutto quello con l’islam rappresenta oggi un dialogo cruciale, tanto che nel Pontificio Consiglio vi è una specifica commissione che se ne occupa. Qual è la situazione attuale e quali le prospettive future?

Il 22 ottobre 1974, per volontà di Papa Paolo vi , fu istituita la Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani, allo scopo di promuovere e stimolare i rapporti religiosi tra musulmani e cattolici. È un organismo distinto ma collegato con il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Ha dei propri consultori che hanno il compito sia di promuovere le relazioni religiose tra cristiani e musulmani sia di studiare e approfondire diversi argomenti relativi al dialogo islamo-cristiano.

Il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ha sempre cercato di stabilire rapporti regolari con istituzioni e organizzazioni musulmane al fine di favorire conoscenza e fiducia reciproche, amicizia e collaborazione.

Di fatto, sono stati raggiunti accordi con diverse istituzioni, sia sunnite che sciite, aventi sede in Paesi islamici o a maggioranza musulmana, in modo da assicurare la possibilità di incontri periodici, secondo programmi e modalità convenuti tra le parti.

Non mi addentro per brevità nell’elencare i diversi colloqui che abbiamo avuto. Sono davvero tanti.

Papa Francesco ha fornito l’esempio e abbondante materiale per consolidare e ampliare il dialogo islamo-cristiano. Ho già accennato al Documento sulla Fratellanza umana e all’enciclica Fratelli tutti. Nel 2019 il Papa ha visitato in meno di sessanta giorni due Paesi, gli Emirati Arabi Uniti e il Marocco, in cui l’islam è fortemente maggioritario. Infine, dal 5 all’8 marzo di quest’anno, il viaggio apostolico in Iraq. Dal punto di vista del dialogo con l’islam sono stati due i momenti salienti. La visita di cortesia al Grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani, una delle personalità più simboliche e significative del mondo sciita, e la preghiera interreligiosa di Ur sono andate proprio nella direzione della costruzione della fraternità fra cristiani e musulmani.

Tutto ciò per dire che c’è un cammino già cominciato con i nostri fratelli e sorelle musulmani, che ha trovato una nuova linfa e che certamente avrà un riscontro anche nelle future attività di dialogo del dicastero.

Ricordo infine che nell’agosto del 2019 è stato costituito l’Higher Committe of Human Fraternity, del quale sono membro, nato per diffondere e rendere fattivi i valori contenuti nel Documento sulla Fratellanza Umana. Uno dei frutti è stata la proclamazione da parte dell’Onu della Giornata internazionale della fratellanza umana, da celebrare il 4 febbraio di ogni anno.

Dal punto di vista “demografico” non è possibile ignorare il buddismo, l’induismo e le altre religioni asiatiche...

I rapporti con esponenti delle diverse scuole e organizzazioni buddiste continuano a svilupparsi e ad arricchirsi attraverso incontri e visite. Dal 1995 si svolgono con regolarità colloqui cristiano-buddisti. Il dicastero partecipa regolarmente al summit delle religioni che, dal 1987 a seguito della Giornata di preghiera per la pace di Assisi nel 1986, ha luogo ogni anno presso il monte Hiei (Kyoto), storico centro del buddhismo Tendai. Frequenti sono gli incontri con i rappresentanti del movimento buddista laico Rissho Kosei-kai, con i quali intratteniamo, fin dai tempi del Vaticano ii , cordiali rapporti.

Il Pontificio Consiglio ha organizzato anche due colloqui cristiano-taoisti mentre alcuni esponenti del confucianesimo sono stati invitati a partecipare ad eventi multireligiosi organizzati dal dicastero. Non mancano occasioni per incontri di dialogo con i seguaci dello shintoismo.

Il Pontificio Consiglio da tempo ha numerosi contatti con rappresentanti di varie organizzazioni indù e continua ad avviare relazioni formali con loro. Abbiamo avuto diversi incontri in India, negli Stati Uniti, in Italia.

Abbiamo un’ottima collaborazione con i rappresentanti del giainismo, in particolare con l’Institute of Jainology, con sede a Londra.

Anche con la comunità sikh in questi ultimi anni è cresciuta la collaborazione e i momenti di dialogo sia in India, sia con i sikh della diaspora.

Da parte di tutte queste tradizioni religiose c’è indubbiamente una buona disponibilità al dialogo con la Chiesa cattolica. Soprattutto negli ultimi anni c’è un interesse comune per quanto riguarda i temi più sociali, come la pace, l’ambiente, le migrazioni ecc.

Ricordo anche che nel 2019, in occasione del viaggio apostolico, Papa Francesco ha proposto il tema della fratellanza umana a Paesi quali la Thailandia e il Giappone.

La missione del Pontificio Consiglio vi ha portato quasi naturalmente a viaggiare molto nel mondo per tessere relazioni personali e creare legami duraturi. Ora con la pandemia il pianeta si sta abituando alla modalità di incontro online. Il risparmio economico è proporzionato al sacrificio o si rischia di perdere qualcosa?

Come ogni cosa anche le restrizioni che dobbiamo vivere a causa della pandemia presentano aspetti sia negativi che positivi. Tutta l’attività del Pontificio Consiglio è improntata alla testimonianza e alla diffusione dell’incontro sia a livello istituzionale, sia attraverso l’amicizia personale fatta di prossimità, di partecipazione, di vicinanza. È un dicastero decisamente proiettato verso l’esterno. Pertanto abbiamo dovuto rinunciare a molto. Nulla può infatti sostituire l’incontro diretto e personale e la possibilità di condividere il proprio tempo con gli altri in presenza e non virtualmente.

Tuttavia l’esperienza che stiamo vivendo da più di un anno ha indubbiamente consentito un risparmio economico, ma vorrei dire che ci ha dato anche la possibilità, attraverso la modalità webinar, di partecipare a tantissime videoconferenze di dialogo interreligioso, probabilmente molte di più di quelle alle quali avremmo potuto partecipare in presenza. È stato anche possibile, grazie alle videoconferenze, allargare il numero dei partecipanti. Ribadisco però che la modalità “virtuale”, pur risultando più economica, non ha ovviamente lo stesso valore dell’incontro personale. È per tale motivo che, con le dovute precauzioni e rispettando tutti i provvedimenti, cercheremo di tornare gradualmente a svolgere l’attività di dialogo nella modalità tradizionale, non tralasciando però, ove e quando possibile, di continuare a utilizzare, per le ragioni esposte in precedenza, anche quella online.

Proviamo a fare un identikit della comunità del dicastero. Quante persone vi sono impegnate e da dove provengono? Quali sono i settori di lavoro e quali le competenze richieste?

Permettetemi di rispondere a questa domanda con le parole di un mio predecessore, il cardinale Francis Arinze, che a chi chiedeva come funzionasse il dicastero rispondeva: «Siamo un piccolo gruppo al servizio dei tre quarti dell’umanità». Ancora oggi è così. Siamo un piccolo dicastero, quattordici persone in tutto, tra le quali cinque donne, di varie nazionalità e di varie provenienze — laici, sacerdoti e religiosi — impegnate in diversi settori: islam, religioni dell’Asia e dell’Africa, nuovi movimenti religiosi perché «il Consiglio favorisce e regola i rapporti con i membri ed i gruppi delle religioni che non sono comprese sotto il nome cristiano ed anche con coloro che in qualsiasi modo sono dotati di senso religioso» (Costituzione apostolica Pastor bonus § 159). Ad ogni buon fine ricordo che il dicastero non ha competenza per il dialogo con l’ebraismo.

Agli officiali responsabili dei diversi settori si affianca il personale tecnico/amministrativo. C’è da dire che tutto il personale è molto disponibile a condividere il lavoro perché è spesso necessario darsi una mano a causa dei numerosi impegni e delle tante richieste che arrivano. Siamo una piccola ma variegata e laboriosa famiglia. Ovviamente sono diverse le competenze a seconda del proprio incarico: formazione accademica riguardo alle varie tradizioni religiose, conoscenza di varie lingue, competenza in settori più tecnici, come quello archivistico, amministrativo e, viste le attuali necessità, informatico. Segnalo che il dicastero ha un proprio sito web (www.pcinterreligious.org) che offre informazioni, documenti, estratti dei discorsi del Papa e dei superiori del Pcdi e in down-load la nostra pubblicazione, il Bollettino «Pro Dialogo».

Quali sono le “voci” che richiedono maggior impiego di risorse finanziarie e in che modo il bilancio economico del dicastero rispecchia la sua peculiare missione?

L’attività istituzionale del dicastero, interamente finanziata dall’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, essendo finalizzata alla promozione del dialogo interreligioso, si svolge prioritariamente tramite l’organizzazione di viaggi, convegni, conferenze e colloqui, sia a Roma che all’estero, con la partecipazione di persone provenienti da tutte le parti del mondo. Le risorse finanziarie disponibili sono pertanto impiegate essenzialmente per questi scopi.

A causa della pandemia, dal marzo del 2020 ad oggi, ovviamente le spese finanziarie si sono molto ridotte. Le risorse economiche sono state utilizzate in particolare per la pubblicazione di libri, raccolte di atti di colloqui e potenziamento del parco informatico del dicastero.

L’attività di promozione del dialogo interreligioso viene svolta anche attraverso la Fondazione Nostra Aetate - Borse di studio, fondata nel 1990, con personalità giuridica canonica pubblica e civile nello Stato della Città del Vaticano e sede presso lo stesso dicastero. La Fondazione concede borse di studio a giovani di altre religioni, residenti in Paesi esteri, che desiderano approfondire la conoscenza del cristianesimo presso le istituzioni accademiche pontificie a Roma. Una volta terminati gli studi, coloro che hanno usufruito delle borse di studio tornano nei loro Paesi per far conoscere il cristianesimo impegnandosi in attività che riguardano il dialogo interreligioso. La Fondazione eroga anche sussidi per sostenere iniziative locali dirette sempre alla promozione del dialogo interreligioso. Dal punto di vista economico la Fondazione è autonoma e autofinanziata.

di Benedetta Capelli