Una donna per tutte le vocazioni

 Una donna per tutte le vocazioni  QUO-230
09 ottobre 2021

«Siamo sposi, quando l’anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l’azione dello Spirito Santo. E siamo fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo, che è in cielo. Siamo madri, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l’amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri». Con le parole di san Francesco nella Lettera ai fedeli, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha presentato la «bella e poliedrica figura» di Maria Lorenza Longo, proclamandola beata stamane, sabato 9 ottobre.

Il porporato, in rappresentanza di Papa Francesco ha presieduto il rito nella cattedrale di Napoli a quattro anni esatti dalla promulgazione del decreto sull’eroicità delle virtù della fondatrice dell’ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili (inaugurato nel 1522) e delle clarisse cappuccine.

La donna ha vissuto in sé — ha detto il celebrante — «questa multiforme forza generativa della Parola». In tutti gli “stati” della sua vita — sposa fedele, madre premurosa, laica consacrata dedita alla carità, monaca contemplativa — ella infatti «fu sempre in ascolto della voce di Dio, che la chiamava a essere “portatrice di Cristo”» ha sottolineato, ricordando parole di Papa Francesco nell’udienza generale del 2 agosto 2017. Il Pontefice — ha infatti spiegato il prefetto — facendo riferimento a situazioni di difficoltà, di disperazione, di lutto, di tenebre e di odio, indicò quei tanti piccoli particolari da cui si riconoscono i portatori di Gesù nel mondo: «Dalla luce che un cristiano custodisce negli occhi, dal sottofondo di serenità che non viene intaccato nemmeno nei giorni più complicati, dalla voglia di ricominciare a voler bene anche quando si sono sperimentate molte delusioni» disse Papa Bergoglio.

Riferendosi alla beata Maria Lorenza, nell’omelia il cardinale Semeraro ha affermato che «si lasciò lavorare dalla grazia per comprendere non solo che cosa doveva fare, ma pure come avrebbe potuto assumere il progetto di Dio dentro la propria vita». Il porporato ha poi ricordato le grandi opere realizzate dalla donna a Napoli, una volta rimasta vedova. Fondò un ospedale «per l’aiuto verso gli ultimi fra gli ultimi e ne fece un luogo non soltanto di cura, ma, accompagnando le persone emarginate all’incontro con Cristo, anche di maturazione cristiana. Compì, poi, la scelta della vita contemplativa per sé e altre sorelle: “le Trentatré”» ha spiegato il cardinale, evidenziando la fecondità nonché l’attualità della sua opera: «Le clarisse cappuccine oggi sono più di 2.000 in oltre 150 monasteri». Persone che con la loro esistenza e la loro missione, ha aggiunto il cardinale parafrasando l’esortazione apostolica di Giovanni Paolo ii , Vita consecrata, «imitano Cristo in orazione sul monte, testimoniano la signoria di Dio sulla storia, anticipano la gloria futura».

L’ultima impresa della Longo, ha proseguito il cardinale, «fu il forte sostegno per la fondazione del Monastero delle Convertite e fu così che — come rilevava il servo di Dio Francesco Saverio Toppi — se con l’ospedale aveva provveduto a uno dei più urgenti bisogni sociali del tempo, con l’opera delle Convertite si avviò il risanamento di una grande piaga sociale».

Con le sue scelte «la beata — ha infine concluso Semeraro facendo riferimento a una testimonianza di santa Teresa d’Avila — ha imitato sia Marta, sia Maria e al termine della vita, sul letto di morte disse: “Sorelle a voi pare che io habbia fatto gran cose di buone opere; ma io in niente di me stessa confido, ma tutta nel Signore”. Mostrando, poi, la punta del dito mignolo, disse: “Tantillo di fé mi ha salvata!”».

Insieme con Semeraro hanno concelebrato tra gli altri gli arcivescovi di Santiago del Cile, il cardinale cappuccino Celestino Aós Braco, e di Napoli, monsignor Domenico Battaglia. Questi, all’inizio del rito ha evidenziato come la beata, grazie all’attività delle monache “trentatré” — definite «un faro di spiritualità francescana e una carica femminile sullo stile di santa Chiara nel cuore dei vicoli della nostra città» — sia ancora «cuore pulsante della Napoli di oggi». L’esempio di Maria Lorenza secondo l’arcivescovo deve rappresentare un impegno ad aprire gli occhi verso quanti sono ai margini e a debellare le nuove forme di traffico di esseri umani.

Nel tardo pomeriggio del prossimo 21 ottobre, in occasione della prima memoria liturgica della beata Longo, sarà celebrata a Napoli la messa di ringraziamento nel monastero Santa Maria in Gerusalemme all’Anticaglia.