Il nostro collaboratore più zelante: il Papa

08 ottobre 2021

Fu Paolo vi, all’inizio degli anni Settanta dello scorso secolo, a sottoporre alla Conferenza episcopale di Germania il suo desiderio di pubblicare «L’Osservatore Romano» anche in un’edizione settimanale in lingua tedesca. Da diverso tempo ne esistevano già in francese, inglese, spagnolo e portoghese.

Una grande prova di coraggio nel realizzare quel desiderio del Papa la diede il vescovo di Münster, Heinrich Tenhumberg, all’epoca responsabile dei mezzi di comunicazione dell’episcopato. Papa Montini, durante un’udienza in Vaticano, aveva espresso quel suo desiderio direttamente a Tenhumberg, che a sua volta mi conosceva bene dato il periodo che avevo lavorato come redattore del suo giornale diocesano. Il presule mi chiese di occuparmene. Accettai volentieri. Il primo incaricato fu il sacerdote gesuita Karlheinz Hoffmann, direttore della sezione tedesca di Radio Vaticana.

Stavamo in una piccola stanza dell’edificio del giornale vaticano nei pressi di Porta Sant’Anna, incominciando prima di tutto a familiarizzare con l’ambiente e con la tecnica di stampa usata allora. Ogni testo doveva essere impresso su un nastro perforato infinitamente lungo. Questo veniva inserito in una macchina che faceva uscire righe di piombo che, messe insieme, formavano i testi, dei quali poi veniva fatta una bozza cartacea; e lo stesso avveniva per le foto, per le quali venivano realizzate delle lastre. Le strisce di carta e le stampe delle immagini venivano in seguito assemblate dal redattore per formare una pagina di giornale, che poi serviva da originale all’impaginatore in tipografia. Dalla matrice delle pagine veniva quindi colato un cilindro di piombo, che poi finiva nella rotativa. Questa — una vecchia Koenig-Bauer proveniente dalla Germania — si trovava in una grande stanza e, alla fine, in mezzo a un rumore assordante, sputava fuori un giornale dopo l’altro, nella tiratura programmata.

Un altro grande problema erano le traduzioni, visto che ricevevamo i testi da stampare solo nella lingua originale, che spesso era l’italiano. Essi non dovevano essere solo “tradotti”, ma anche “rimodellati”, ovvero riportati in lingua tedesca in modo corretto e adeguati stilisticamente per quanto riguardava il contenuto. Si trattava, scrisse una volta il giornalista Jürgen Vordemann, «di eliminare quegli stilismi che renderebbero meno leggibile il testo tedesco».

E anche questo era un problema: come fare, da Roma, a far conoscere l’“Ossi” nei Paesi di lingua tedesca? E poi, per chi facevamo il giornale una settimana dopo l’altra? Naturalmente prima di tutto per i cosiddetti “moltiplicatori”: cardinali, vescovi, sacerdoti e religiosi, laici in posizioni di responsabilità nella Chiesa, ma anche, in ambito extra-ecclesiale, personaggi della vita pubblica e leader d’opinione. A una domanda che mi fu rivolta al riguardo in un’intervista risposi: «Mi sembra importante, perché spesso le notizie sulle dichiarazioni del Papa o sugli eventi in Vaticano vengono riprese dalla stampa solo in forma sintetica. Chi vuole farsi un’opinione propria, come uno scienziato dovrebbe attingere alla fonte».

Abbiamo avuto il sostegno dei vescovi e degli uffici ecclesiali nelle Chiese locali di lingua tedesca per cercare, nei diversi Paesi, contratti con le case editrici per la promozione e la gestione degli abbonamenti. Il presidente della Conferenza episcopale tedesca dell’epoca, il cardinale Joseph Höffner, nel suo messaggio di saluto in occasione dei dieci anni del giornale rese omaggio al nostro lavoro con le seguenti parole: «Proprio in un tempo in cui i media secolari tendono a raccontare in prima linea cose straordinarie, è piacevole e incoraggiante disporre di un giornale che si sente vincolato alle affermazioni fondamentali della nostra Chiesa. So da molte conversazioni quanto l’informazione autentica attraverso “L’Osservatore Romano” in lingua tedesca sia apprezzata».

Il primo numero del giornale uscì in data 8 ottobre 1971. Negli anni successivi il cammino non fu sempre semplice. Ho ritrovato in mezzo a vecchi documenti una richiesta di padre Hoffman, del 22 novembre 1972, alla direzione perché autorizzasse e rimborsasse l’acquisto di quattro copie del Nuovo Testamento in tedesco, un dizionario e un manuale sulle chiese di Roma.

Nel gennaio 1979, poco dopo l’inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo ii visitò la redazione e s’informò anche con interesse sulle edizioni in lingua straniera, alle quali per suo desiderio ben presto se ne sarebbe aggiunta una mensile in polacco. Scherzando disse a noi redattori: «In realtà dovreste pagarmi uno stipendio visti i tanti contributi che vi fornisco». Il direttore di allora, Valerio Volpini, dopo la visita dichiarò: «È vero. Il Papa è il nostro collaboratore più zelante».

*Giornalista, per molti anni a capo della redazione del settimanale

di Elmar Bordfeld *