Il 4 ottobre di un anno fa la pubblicazione

«Fratelli tutti» per rendere vita il Vangelo

Pope Francis waves as he leads the weekly audience in Saint Peter's Square at the Vatican February ...
02 ottobre 2021

A un anno dalla sua pubblicazione è ancora troppo presto per verificare se l’effetto dell’enciclica Fratelli tutti sarà simile a quello della Laudato si’, l’altro importante documento papale, promulgato nel 2015, che mai come prima ha saputo intercettare l’interesse di persone lontane dalla Chiesa generando iniziative e un impegno concreto dal basso.

Fratelli tutti, come pure Laudato si’, appartengono al magistero sociale della Chiesa e bisogna evitare il rischio “riduzionistico”, come se si trattasse di documenti che si occupano di emergenze e problemi contingenti proponendo vie da percorrere altrettanto contingenti. La difesa della vita, la salvaguardia del Creato che ci è stato affidato, l’ecologia umana e integrale non sono suggerimenti opinabili e accidentali per il tempo presente ma trovano origine e fondamento nella Parola di Dio. Allo stesso modo, anche l’invito alla fraternità, al considerare l’altro — chiunque esso sia e da dovunque provenga — non come “l’altro” ma come un fratello in quanto figlio di Dio, non è una mera contingenza o il particolare interesse di una stagione della vita della Chiesa, ma uno sguardo profondamente evangelico.

Sei anni fa Francesco, con Laudato si’  faceva cogliere le connessioni esistenti tra crisi ambientale, crisi sociale, guerre, migrazioni, povertà. Invitando a costruire un sistema economico e sociale più giusto e rispettoso del creato, che abbia al centro l’uomo e non l’idolatria del denaro. Un anno fa, con  Fratelli tutti, il Papa ha indicato la via su cui camminare per raggiungere quell’obiettivo: il riconoscersi fratelli e sorelle, custodi l’uno dell’altro. Non è altro che il Vangelo, come insegna la parabola del Buon Samaritano, così dirompente e fuori dagli schemi, e al contempo ancora così poco compresa e vissuta. Il cristiano riconosce il volto di Gesù «in ogni essere umano, per vederlo crocifisso nelle angosce degli abbandonati e dei dimenticati di questo mondo, e risorto in ogni fratello che si rialza in piedi». Ma anche chi non ha ricevuto il dono della fede cristiana comprende il messaggio della fraternità, unico antidoto alla corsa autodistruttiva verso il baratro dell’odio, della guerra, dell’egoismo, del fanatismo.

Se dunque è ancora presto per verificare i frutti dell’enciclica papale pubblicata un anno fa, i segni e i semi di speranza non mancano. Chi scrive ha avuto la grazia di trascorrere nei giorni scorsi qualche ora con Dale Recinella, un ex avvocato statunitense della finanza di Wall Street che ormai da molti anni, insieme alla moglie Susan, dedica la sua vita ad accompagnare i detenuti in attesa di esecuzione nel Braccio della morte in Florida. Molti di loro, grazie alla sua amicizia, hanno affrontato il boia riconciliati con Dio. Dale ha riconosciuto Gesù in questi fratelli e per questo, nonostante le difficoltà e le incomprensioni da cui è circondato, ha bisogno di loro non meno di quanto loro abbiano bisogno di lui. Con gli occhi bagnati dalle lacrime ha raccontato che il messaggio dell’enciclica Fratelli tutti, ogni parola e ogni gesto di Papa Francesco, sono per lui come «una trasfusione di sangue, che aiuta a vivere e ad andare avanti». Ci sono tante persone nel mondo, lontane dai riflettori dei media e dai convegni celebrativi, che guardando in questo modo alla testimonianza del Successore di Pietro rendono vita il Vangelo.

di Andrea Tornielli