La Trinità, l’uomo e il mondo

 La Trinità, l’uomo e il mondo  QUO-222
30 settembre 2021

È uscito in questi giorni il primo volume — intitolato Manifesto — del progetto (non solo editoriale) del Dizionario dinamico di ontologia trinitaria, per i tipi di Città Nuova (pagine 358, euro 26) con i contributi di Piero Coda, Maria Benedetta Curi, Massimo Donà e Giulio Maspero. Ne parliamo con monsignor Coda, neo segretario generale della Commissione teologica internazionale, che di tutto il progetto è coordinatore: «Non si tratta di un’intuizione estemporanea, ma dell’esito di un lavoro di ricerca che da circa vent’anni è condotto da un gruppo di teologi e di filosofi, pur di diversi orientamenti e sensibilità ma uniti da una appassionata apertura alla Verità per come essa si offre e si configura attraverso la Rivelazione cristiana in dialogo a 360° con ogni espressione dell’avventura umana. Si è lavorato intensamente in questi anni a una rilettura della storia del pensiero e a una sua ermeneutica creativa e performante strettamente connessa al passaggio d’epoca che stiamo vivendo. La crisi epocale che siamo chiamati ad abitare, infatti, va letta e vissuta — come ricorda spesso Papa Francesco — non come una dannazione o una sventura, ma come una grande opportunità per rielaborare il pensiero: «Ripensare il pensiero», ci esorta Edgar Morin».

Quindi da questo laboratorio nasce il libro?

Sì, certo. Da questo cammino comunitario e plurale a un certo punto è sorta l’esigenza di dar vita a una collana che, attraverso questa rilettura e questo sguardo all’avvento di quanto ci attende, consenta di scavalcare la persistente frattura tra fede e ragione e recuperare paradigmi di pensiero per le nuove sfide che la realtà ci pone. Parafrasando di nuovo Papa Francesco, «la realtà incessantemente ci schiaffeggia», e per quanto dolorosi a volte possano essere, dobbiamo far tesoro di questi schiaffi.

Lei evoca la frattura tra fede e ragione, ma a leggere i tempi sembrerebbe che la contrapposizione reale sia oggi tra fede e apatia.

Sì, questo è l’ulteriore e attuale fronte: il mondo sembra volersi abituare a vivere senza Dio, più che contro Dio. Paradossalmente anche l’ateismo è in crisi nel mondo-senza-Dio che si palesa sempre più come un mondo contro-l’uomo e contro-la natura. Ma vede, anche questo è il risultato (oltre che della necessità di una riforma della Chiesa e di una nuova tappa dell’evangelizzazione) della sonnolenza, dell’apatia in cui è caduto il pensiero nel suo complesso. Sembra che il mondo si sia rassegnato, «tutto quel che c’era da pensare s’è pensato», e invece non è così: la realtà ci “schiaffeggia” e interpella ogni giorno. Pensi alle praterie di riflessione che si aprono, ad esempio, nel rapporto tra la fede e le scienze, tra l’antropologia cristiana e la quantistica, la genetica, le biotecnologie. Per riavviare il pensiero non servono sforzi intellettuali volontaristici, basta aprire le finestre al mondo, al reale e dialogare con sincerità e apertura, senza paura per le sorprese.

Come è strutturato questo laboratorio? E qual è il programma di lavoro che vi siete dati?

Il comitato di redazione è formato da sette componenti, ma contiamo su una rete di un’ottantina tra teologi e filosofi e non solo (scienziati, artisti, cultori delle scienze umane e sociali) sparsi in tutto il mondo, e quindi con retroterra culturali e sensibilità molto differenti e arricchenti, oltre che su una trentina di juniores con cui tra l’altro guardiamo con fiducia al prosieguo dell’impresa. Abbiamo in cantiere già sei volumi. Questo, appena uscito, costituisce un po’ il manifesto, l’appello, alla rifondazione del pensiero che proponiamo. Ogni volume non costituisce una voce unica e omogenea del dizionario, ma il punto di vista di cinque autori impegnati a rileggere la figura tematica in oggetto partendo dalla storia ma sempre alla luce delle esigenze del presente e soprattutto del domani. Dunque il dizionario è il risultato del lavoro di un laboratorio su quattro assi: figure, questioni, parole e prospettive.

E dopo la pubblicazione di questo primo manifesto?

A seguire una riproposizione delle ormai classiche Tesi di ontologia trinitaria di Klaus Hemmerle (con alcune significative novità emerse dalle ricerche d’archivio e dal rinnovamento dell’interpretazione del significato storico e speculativo dell’opera) e nel terzo volume una riflessione sul tema radicale della “unità” tra metafisica, teologia e cosmologia, ma sullo sfondo della cosmopoli planetaria in drammatica gestazione. Il quarto volume sarà dedicato al “grido” come una delle cifre dei nostri tempi: il grido che sale dagli ultimi, dai poveri, dagli scartati e dalla terra; il grido come l’espressione disperata e costretta di chi altrimenti non viene ascoltato, il grido di Cristo dalla Croce, che risuona oggi nelle tante croci che sono erette sui calvari della storia.

E poi?

Poi abbiamo in cantiere un volume sul iv secolo dopo Cristo, in quanto testimone del cruciale incontro tra il pensiero greco (Plotino, in particolare) e la straordinaria formulazione nel dogma della Chiesa della verità cristologica e trinitaria, indagata a esempio da Agostino e dai Padri cappadoci, come decisiva luce di interpretazione e trasformazione della realtà. Il sesto volume sarà sull’attualità del pensiero di san Tommaso d’Aquino: abbiamo svolto un seminario molto fruttuoso lo scorso luglio in proposito e un altro è previsto in autunno. L’adesione e lettura del reale non può prescindere da una rivisitazione dei fondamenti su cui poggia il nostro pensiero, e naturalmente non si poteva prescindere dalla grande lezione di Tommaso. E poi via via: il rapporto tra fenomenologia e teologia, la questione relativa alla tecnologia, gli ultimi, il significato dell’arte.

Perché definite il dizionario “dinamico”?

Appunto, come le dicevo, si tratta di un esercizio laboratoriale come quello condotto in una “bottega” d’arte del Rinascimento, e in un tale laboratorio i risultati sono sempre parziali, non si cristallizzano, è sempre un working progress, che non deve temere, al limite, anche rettifiche o smentite successive.

E perché di “ontologia trinitaria”?

Perché, pur nella più ampia libertà di ricerca, la cornice di riferimento del nostro lavoro è in quel grande filone di pensiero che vede la luce dell’essere creato come riverbero della luce del Dio Trinitario che è Amore. È il filone che annovera al suo interno tanti nomi importanti: si pensi, solo per citarne alcuni tra quelli a noi più vicini, ad Antonio Rosmini, a Pavel Florenskij, al già ricordato Klaus Hemmerle o ad autori come Gisbert Greshake, John Millbank, Pierpaolo Donati e Stefano Zamagni che hanno aderito al progetto.

Un progetto, il vostro, che nel suo insieme ha molti punti di contatto con l’iniziativa lanciata recentemente da un gruppo di teologi, coordinati dall’arcivescovo Paglia, per la “ri-fondazione della teologia”, e che ha promosso un evento di grande seguito con Sequeri, Theobald e Salmann. Sembrerebbe che il mondo della teologia sia ora in grande fermento.

Sì, anch’io ho questa percezione, e siamo felici di dare un contributo dentro questo più ampio movimento. Sicuramente Papa Francesco, nel suo approccio teologico centrato sul mistero del Dio-uomo che al tempo stesso riscatta ed esalta la povertà della condizione umana, sta dando un grande impulso al rinnovamento dei contenuti e del linguaggio della teologia. Ma è al tempo stesso necessario rammentare che è un processo che parte da lontano: dalle appassionate “sante provocazioni” di Rosmini, alle riflessioni della scuola di Tubinga, a John Henry New-man, al concilio Vaticano ii, a Paolo vi , al Benedetto xvi della Caritas in veritate: tutti tesi a far riscoprire la straordinaria potenzialità del Vangelo nella storia. Negli anni passati un certo torpore e conformismo ha afflitto il pensiero teologico e anche filosofico d’ispirazione cristiana, ma ora appare evidente che si stia sprigionando una dirompente energia creativa. È necessario che questa energia non si disperda ma trovi canali di espressione e soprattutto faccia “rete”, come auspica il proemio della Veritatis gaudium, per moltiplicarsi e permeare ogni ambito ecclesiale, anche quelli più periferici. Certo, la liberazione di energia determina movimenti tellurici, come diceva Schelling; chi pensa in grande anche sbaglia in grande, ma il rischio di doversi smentire o correggere è sempre inferiore a quello del “seppellire il talento”. Viviamo una fase eccezionale. Fase di crisi, per il mondo, per la Chiesa, per la stessa civiltà che da secoli alimenta il nostro pensiero. Ma come ci ricorda Papa Francesco, peggio della crisi c’è solo ignorarla, non coglierne le opportunità e piuttosto rimpiangere il passato.

Questo fermento, questa esplosione di nuova energia come lei la definisce, sembra avvenire prevalentemente, se non esclusivamente, fuori delle realtà accademiche.

È vero che questa germinazione di idee avviene soprattutto fuori delle università, ma è anche vero che i germinatori — ad esempio questo “atelier del pensiero” che abbiamo realizzato e produce la collana — sono composti quasi esclusivamente da accademici. Le università sono spesso appesantite dalle incombenze curriculari e amministrative che rischiano di pregiudicare il dispiegarsi della ricerca. È vero comunque che c’è un problema complessivo di qualità dei percorsi accademici. D’altronde i grandi rinnovamenti nella storia non sono mai nati nelle grandi istituzioni ma generati dalla profezia. In particolare ciò vale nell’economia del nostro discorso. Perché se il tema è quello di alimentare la rigenerazione del pensiero nella lettura del reale, questo non può darsi che a partire, come esorta Papa Francesco, dalle periferie dell’esistenza. Che sono anche le periferie del sapere ufficiale e standardizzato.

di Roberto Cetera