La buona Notizia Il Vangelo della xxvii Domenica del Tempo Ordinario (Marco 10, 2-16)

Cuori frenati e cuori trasparenti

28 settembre 2021

Il brano del vangelo di domenica prossima sembrerebbe volerci mostrare una sorta di segreta congiunzione tra l’uomo adulto, la presenza di Gesù e i bambini. Possiamo rintracciare un ponte virtuale che unisce un atteggiamento adulto, che esige formule per acquisire un buon controllo sulla sua esistenza, e un comportamento infantile disarticolato, libero e spontaneo. Come sempre il Vangelo parla il linguaggio del paradosso e ci mette di fronte questa contraddittorietà del nostro essere uomini indicandoci due atteggiamenti dell’umano completamente diversi. Gesù si trova pienamente nel mezzo, tra un uomo che chiede risposte fattive ai propri quesiti esistenziali e dei bambini che irrompono sulla scena per essere toccati da Lui, con la piena esuberanza della loro età, senza schemi e senza domande. La vita che vuole funzionare con certi obiettivi e percorsi tracciati e dall’altro lato la completa apertura all’altro nella sua massima vitalità spontanea.

Questi due atteggiamenti dell’umano, incarnati nell’identità antropica di un adulto e di un fanciullo, esprimono due vissuti diversi: da una parte la piena gioia nell’affidamento alle braccia di Gesù, per essere stretto, guardato, riconosciuto, e dall’altra l’incapacità di un cuore duro, chiuso alla grazia che gli si manifesta davanti. Il bambino incarna questa bellezza con quei tratti di innocenza che ogni uomo conserva dentro di sé. Troppo spesso dimentichiamo questa bellezza dell’incontro con l’Altro con tutta la nostra espressività, anche corporea, con tutto il nostro sentire, scevro da pregiudizi e dalle nostre molteplici divise identitarie. La predisposizione naturale di un bambino ad accogliere il reale, con lo stupore e la trasparenza dei suoi occhi, ci mostra e ci dimostra la postura naturale con cui nasce l’essere umano.

Se ci fermiamo ad osservare l’agire di un bambino, cogliamo in ogni suo gesto la libera espressività emotiva, la trasparenza nei suoi atti e la fiducia nell’altro come una sua propria realtà naturale e vitale. Il suo funzionamento è guidato da un cervello emotivo, ancorato alla sua esperienza sensoriale che lo getta nella vita con tutto lo stupore dell’esperire. Il bambino pensa secondo una logica semplice e concreta, sperimenta la vita attraverso i suoi sensi, agisce secondo un criterio del “tutto e subito”, e non si preoccupa di dire e fare cose “imperfette”.

C’è una profonda fascinazione nel poter vivere una relazione con il Signore nella sua immediatezza quasi epidermica, permettendoci di mollare le nostre difese identitarie e le nostre barriere. Sin da piccolissimi ricerchiamo il calore di un abbraccio che ci doni gioia, calore e sicurezza, e il bambino sperimenta tutto ciò sulle ginocchia di Gesù come una realtà semplice e immediata prima ancora che possa subentrare una intenzionalità volta al soddisfacimento di una propria richiesta.

Il bambino accoglie l’Altro privo di aspettative performative ma solo “per essere felice”, assaporando la gioia di una intimità con il Signore, intimità e gioia che gradualmente come adulti perdiamo e dimentichiamo. Ma non possiamo rassegnarci a che lo stupore sia una caratteristica solo infantile, sperimentando poi da adulti una fede calcolata e misurata. I farisei impersonificano l’adulto che si proietta all’altro unicamente al fine di ricavarne un utile per sé, e questa logica riduce la relazione con Gesù a un mero strumento di propria salvezza spirituale. Ci incanta e ci affascina la meraviglia negli occhi del bambino, come se sovente provassimo una profonda nostalgia e desiderassimo ritornare a quella esperienza originaria, a quella modalità cristallina di sperimentare il mondo.

Gesù si indigna davanti alla logica di un cuore frenato e rivolge il suo sguardo al cuore trasparente del più indifeso, del più debole ma del più amato, lo prende in braccio, lo avvolge e lo ama profondamente, tanto da donargli il suo regno.

di Rossella Barzotti