Nelle parole dell’arcivescovo Vincenzo Paglia

La salute pubblica è fraternità e non sopporta selezioni e particolarismi

27 settembre 2021

L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, ha presentato a Francesco all’inizio dell’udienza «un piccolo gruppo di scienziati che hanno vissuto intensamente questo tempo di lotta contro la pandemia, ognuno nella propria disciplina. Assieme, come Pontificia Accademia — ha spiegato — abbiamo cercato di richiamare l’attenzione su coloro che sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia: gli anziani, i disabili, i profughi, i bambini. Siamo consapevoli che la salute sarà globale se inizia da loro. La salute pubblica non sopporta selezioni e particolarismi: è una questione di prossimità, di fraternità globale».

«Siamo ancora — ha fatto presente l’arcivescovo nel suo saluto — nel mezzo della pandemia, sebbene in maniera diversificata a seconda dei Paesi». E il Papa stesso «ha esortato tutti a coglierne la lezione». In particolare l’Accademia ha colto due indicazioni: «La prima riguarda l’interconnessione tra tutti i popoli. Chi avrebbe mai pensato prima della pandemia che potesse esserci un legame tra Wuhan, la grande città cinese, e Codogno, un piccolo paese lombardo? Un virus invisibile ha messo in ginocchio tutti».

E proprio «di qui la seconda lezione: siamo tutti fragili, nessuno escluso, la famiglia umana e la stessa creazione». Insomma, «la salute non può che essere pubblica e per tutti: o è globale o non è. Nessuno può salvarsi da solo. Sarebbe triste, anzi gravissimo, non comprenderlo».

«A volte noi credenti — ha aggiunto — abbiamo dimenticato che Gesù stesso si è presentato come medico e che ci ha donato il suo stesso potere di guarire “ogni sorta di malattie e infermità nel popolo” (Matteo 4, 25)». Il Papa, ha affermato ancora l’arcivescovo Paglia, «in verità, sin dall’inizio del pontificato ha presentato la Chiesa come un ospedale da campo. Oggi, il campo si è allargato al mondo intero, anzi alla stessa creazione. Di qui l’urgenza per i credenti di allargare l’ascolto per cogliere i gemiti dello Spirito e di affrettare la cura per soccorrere i più fragili, consapevoli che nessuno va abbandonato».

Infine, il presule ha ricordato che le due encicliche — Laudato sì, sul creato, e Fratelli tutti, sull’umano — «sono due grandi finestre che offrono a tutti — credenti e non — la visione per il mondo a venire».