Beatificato a Bologna don Giovanni Fornasini, ucciso dai nazisti nel 1944

La bici, gli occhiali e l’aspersorio

 La bici, gli occhiali e l’aspersorio  QUO-219
27 settembre 2021

«Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza». È con le parole della Lettera di San Giacomo, proclamate nella liturgia di domenica 26 settembre, che il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha tracciato il profilo spirituale di don Giovanni Fornasini, proclamandolo beato — a nome del Papa, che lo ha ricordato all’Angelus — nella basilica di San Petronio a Bologna.

«È stato un prete buono, fino alla fine con la sua gente, che non ha avuto paura perché il suo amore per il Signore era più della paura», ha affermato al riguardo il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Nato nel 1915, don Giovanni era divenuto sacerdote nel 1942, parroco a Sperticano, una piccola comunità di 333 abitanti vicino a Marzabotto.

«Lo sfondo storico della sua vicenda martiriale è dato dagli eccidi di Monte Sole, alla fine di settembre del 1944», ha fatto presente il cardinale Semeraro, ricordando che «in quell’agghiacciante contesto, nelle due settimane che seguirono le stragi, don Fornasini fu l’angelo custode dei suoi parrocchiani. Seppelliva i cadaveri insepolti; dissetava e nutriva i bisognosi; accoglieva tutti i rifugiati dei dintorni nella sua canonica, dove poi si insediarono i nazisti. Negoziava perfino con loro, maneggiando il dizionario di tedesco che si era procurato appositamente. Cercava così di attirare nel bene anche gli oppressori. In tal modo riuscì a difendere dagli abusi degli occupanti anche la dignità di alcune ragazze, impedendo lo scandalo dei piccoli».

Don Fornasini, ha proseguito il porporato, «è stato un profeta dell’inclusione odiato dai banditori della discriminazione. Curando gli sfollati non smise mai di pregare con la gente, nella messa, con i sacramenti e il rosario. Soprattutto, moltiplicava gli sforzi per evitare ulteriore spargimento di sangue».

E «così, la violenza evitata alle pecorelle ha colpito il pastore, diventando odio alla sua mediazione sacerdotale» ha spiegato il cardinale prefetto. «Persino l’inganno che lo ha attirato nel luogo del martirio — ha evidenziato — ha dovuto far leva sulla sua premura pastorale, attraverso un pretestuoso invito a seppellire i morti presso San Martino di Caprara il 13 ottobre 1944. Mentre vi si recava pregando, rimase vittima di una imboscata».

Nell’omelia il cardinale ha ripetuto le parole della Lettera di San Giacomo, proposte dalla seconda lettura della liturgia: «Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza». E ha spiegato: «La colpa maggiore del ricco — potremo dire anche del prepotente — è secondo san Giacomo la colpa più grave. Nella categoria del giusto egli rappresenta tutti coloro che sono vittime dell’ingiustizia e della prepotenza degli uomini».

Proprio «in questa luce — ha detto — guardiamo oggi al beato Giovanni Fornasini. Più che essere l’eroe di un qualsiasi ideale, egli è autenticamente martire di Cristo».

In un altare laterale di San Petronio, durante la celebrazione, erano stati collocati alcuni oggetti legati alla testimonianza di don Giovanni. La sua bicicletta, anzitutto: ne era un grande appassionato, e per lui era «lo strumento per avvicinarlo ancora di più ai suoi parrocchiani». E poi gli occhiali e l’aspersorio, ritrovati accanto al suo corpo martirizzato perché il giorno della sua morte era andato nei luoghi della strage per seppellire i morti. E c’era anche la sua sporta, la borsa nella quale aveva sempre il pane, le caramelle per i bambini o i beni di prima necessità che servivano alle persone che si rivolgevano a lui per un aiuto.