Il cardinale brasiliano José Freire Falcão, arcivescovo emerito di Brasília, è morto la sera di domenica 26 settembre, nell’Hospital Santa Lúcia della capitale brasiliana, a causa delle complicazioni causate dal contagio da covid-19. Il cardinale era nato il 23 ottobre 1925 a Ererê, nel territorio della diocesi di Limoeiro do Norte. Il 19 giugno 1949 aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Eletto alla Chiesa titolare di Vardimissa il 24 aprile 1967 e nominato vescovo coadiutore, con diritto di successione, della diocesi di Limoeiro do Norte, il 17 giugno aveva ricevuto l’ordinazione episcopale e il 19 agosto era succeduto per coadiuzione. Quindi, il 25 novembre 1971 era stato promosso arcivescovo di Teresina e il 15 febbraio 1984 era stato trasferito a Brasília. Nel concistoro del 28 giugno 1988 Giovanni Paolo ii lo aveva creato e pubblicato cardinale del titolo di San Luca a Via Prenestina. Il 28 gennaio 2004 aveva rinunciato al governo pastorale dell’arcidiocesi.
Passare da «un cristianesimo formale a un cristianesimo consapevole, da una fede presupposta a una fede proposta» capace di resistere alle correnti di pensiero e ai modelli di vita contro il Vangelo: è questo il senso della missione del cardinale José Freire Falcão, racchiuso nelle parole da lui stesso pronunciate durante l’assemblea speciale per l’America del Sinodo dei vescovi nel 1997 e nel suo stesso motto episcopale: «In humilitate servire», “Servire in umiltà”.
Povertà e ingiustizia sociale, proselitismo aggressivo delle sette, disgregazione delle famiglie sono state le grandi sfide per le quali ha cercato di formare sacerdoti attrezzati spiritualmente e un laicato responsabile. Per vent’anni la sua missione a Brasília ha avuto come punto focale l’individuazione di nuovi metodi per evangelizzare nel contesto di una grande città. Per lui era necessaria «una catechesi sistematica», coraggiosa, adatta alle questioni sociali e a «una visione secolarizzata della vita», che finisce per sgretolare inesorabilmente «il tessuto culturale cattolico del Brasile».
Il cardinale Falcão aveva frequentato le scuole elementari e medie nella città natale di Ererê e poi a Russas. Nel 1938, a tredici anni, era entrato nel seminario di Prainha, a Fortaleza, dove aveva seguito i corsi superiori e anche quelli filosofici e teologici. La sua famiglia lo aveva sempre incoraggiato e sostenuto nella vocazione sacerdotale.
Nel 1949 era stato ordinato presbitero a Limoeiro do Norte, diocesi suffraganea di Fortaleza, appartenente alla regione ecclesiastica Nordeste 1. Subito dopo aveva iniziato, con grande slancio pastorale, il ministero come vicario parrocchiale della cattedrale dell’Immacolata Concezione. Era stato inoltre vice-direttore del ginnasio diocesano, professore nel seminario minore e in altri istituti, oltre che assistente dell’Azione Cattolica, un ruolo che aveva molto amato e che gli aveva consentito di stare in mezzo ai giovani e di lavorare alla formazione di un laicato consapevole della propria missione.
Dopo diciotto anni di ministero, nel 1967 era stato nominato coadiutore del vescovo di Limoeiro do Norte, mons. Aureliano de Matos. Aveva ricevuto l’ordinazione episcopale dall’arcivescovo di Fortaleza, mons. José de Medeiros Delgado, con-consacranti i vescovi Araújo Matos e Ramalho de Alarcón Santiago, rispettivamente pastori di Crato e di Iguatú. Per spiegare alla sua gente il motto episcopale scelto aveva detto in un’occasione: «Ho preso come motto “Servire in umiltà” perché ho messo il mio ministero pastorale nelle mani del Signore, perché Lui non abbandona mai chi fa la volontà del Padre, nel seguire la sua chiamata, nel dare il suo sì». Dopo appena due mesi, il 19 agosto, aveva assunto il governo pastorale della diocesi, divenendone il secondo vescovo.
Nel 1971 era stato promosso quinto arcivescovo di Teresina, nella regione ecclesiastica Nordeste 4, e là era rimasto per dodici anni. Nel 1984 era stato nominato secondo arcivescovo di Brasília, sede metropolitana che comprende il distretto federale appartenente alla regione ecclesiastica Centro-Oeste.
Fedele al suo motto episcopale, aveva dato tutto se stesso per lo sviluppo delle comunità ecclesiali affidategli, animato da grande passione per l’annuncio del Vangelo e da profondo amore per la Chiesa e per la gente. Aveva promosso la costruzione di varie parrocchie e anche della Casa del clero, dando impulso ai movimenti ecclesiali e ordinando numerosi sacerdoti.
Aveva ricoperto importanti incarichi in seno alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile: in particolare, era stato membro della commissione pastorale, presidente del Movimento di educazione di base, membro del consiglio permanente e della commissione rappresentativa.
Anche a livello continentale aveva avuto modo di portare il valido ed efficacie contributo della sua esperienza pastorale. Nel Consiglio Episcopale Latino-Americano (Celam) era stato secondo vice-presidente, membro dei dipartimenti per l’educazione e per le vocazioni e i ministeri, oltre che responsabile della sezione per l’ecumenismo. Aveva inoltre partecipato alle Conferenze generali dell’episcopato latinoamericano a Medellín nel 1968, a Puebla nel 1979 e a Santo Domingo nel 1992.
Intensa era stata anche la sua attività pubblicistica, con numerosi articoli di riflessione per i quotidiani «Giornale del Brasile», edito a Rio de Janeiro, e «Corriere Brasiliense» di Brasília. La sua firma era sempre apparsa puntualmente anche sul bollettino liturgico dell’arcidiocesi «Il Popolo di Dio». Aveva sempre cercato in ogni modo il dialogo con la gente e aveva utilizzato i mezzi di comunicazione sociale per portare a tutti una parola di speranza.
Giovanni Paolo ii lo aveva creato e pubblicato cardinale nel 1988. Due anni dopo, il porporato aveva partecipato all’ottava assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali; e nel 1997 all’assemblea speciale per l’America: qui, il 17 novembre, nella seconda congregazione generale, aveva parlato del «rapido processo di urbanizzazione dei Paesi latinoamericani come di una sfida per una nuova evangelizzazione» del continente. «Ne deriva — aveva affermato — la necessità di una coraggiosa pastorale urbana all’interno di città segnate dal permissivismo morale e dalla crisi dell’istituzione familiare, dal pluralismo culturale e religioso, da rapide trasformazioni culturali, dal fenomeno dell’emigrazione e dell’emarginazione sociale, dal progresso tecnologico e dalla mentalità tecnico-scientifica, dagli attentati contro la vita. La cultura urbana richiede una rinascita delle parrocchie oltre che nuove e audaci strutture di evangelizzazione». Nel suo intervento il cardinale Falcão aveva anche sollecitato «una catechesi che porti a una fede personale, consapevole e impegnata, alimentata dalla Sacra Scrittura, fedele alla tradizione e al magistero della Chiesa, in grado di resistere all’aggressività delle sette, di integrarsi nel processo di urbanizzazione dei popoli latinoamericani e di affrontare la contestazione dei valori cristiani praticata dai mezzi di comunicazione e da forti correnti dell’opinione pubblica. Una fede capace di affrontare una visione secolarizzata della vita, l’agnosticismo pratico e l’indifferenza religiosa».
Nel 2000, in occasione del quinto centenario dell’evangelizzazione del Brasile, aveva scritto su «L’Osservatore Romano» (23 aprile): «Non si può negare che vi siano state ombre in questi cinquecento anni. Bisognerebbe però chiudere gli occhi per non vedere le luci in questa storia di cinque secoli, luci personificate anche da due figure emblematiche: padre José de Anchieta e padre Antonio Vieira». Per il cardinale «sono stati cinquecento anni di annuncio della buona novella e di denuncia dei mali della nostra società, di graduale introduzione delle strutture ecclesiali, di missioni indigene e popolari, di religiosità popolare, di opere educative e di carità, di organizzazione dei laici, di catechesi, di formazione del clero, di testimonianze di santità e martirio».
Nella visita ad limina Apostolorum del febbraio 2003 aveva presentato la realtà di Brasília e delle regioni Centro-Oeste e Norte 2, indicando le questioni principali da affrontare «nella proliferazione delle sette, nella formazione dei seminaristi e in quella permanente per i sacerdoti, nella disgregazione della famiglia, della necessità di una catechesi capillare, nella presenza più concreta del messaggio evangelico nei mass-media, nella situazione di povertà non umana di una larga fascia di popolazione nelle aree urbane».
Nel 2004 era divenuto arcivescovo emerito di Brasília. Il suo successore è stato l’arcivescovo João Braz de Aviz. Aveva preso parte, nel 2005, al Conclave che ha eletto Benedetto xvi .
Nella Curia romana era stato membro del Consiglio di cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede, della Congregazione per la dottrina della fede e del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari.