Presentato il volume «Francesco, pastore e teologo»

Col linguaggio dell’amore

23 settembre 2021

Teologia e pastorale, il rapporto tra il campo della riflessione e quello dell’azione, sono alle radici del magistero di Papa Francesco, «uomo pieno di Spirito e quindi pieno di intuizioni che non fanno della pastorale qualcosa di estemporaneo, né della teologia un sistema chiuso o completo in sé stesso». Da questo spunto, declinato nelle dimensioni della Chiesa e della società contemporanea, partono le riflessioni affrontate nel volume Francesco, pastore e teologo, pubblicato dalla Libreria editrice vaticana e presentato ieri pomeriggio, mercoledì 22 settembre, a Palazzo Pio a Roma. Il volume raccoglie gli interventi del convegno su questo tema, svoltosi a Barcellona nel novembre 2019 su iniziativa dell’Ateneo Universitario Sant Pacià.

Il cardinale Juan José Omella Omella, arcivescovo di Barcellona e presidente della Conferenza episcopale spagnola, intervenuto alla presentazione del volume su Francesco, si sofferma su alcuni aspetti del magistero pontificio.

In che modo, secondo lei, Francesco riesce a coniugare in sé sia la figura di teologo che quella di pastore?

Credo che Papa Francesco ci insegni ad aprire gli occhi e a guardare in profondità la realtà del mondo, perché il teologo è colui che in qualche modo mette gli occhiali della fede per vedere quello che stiamo vivendo, capire quanto è profondo e aiutarci a scoprire la presenza del Dio che cammina con l’uomo. Questa è la teologia, non una cosa solo speculativa. È dare una visione alla vita quotidiana, ai problemi della nostra vita, una visione di fede e vedere e scoprire come il Signore sta camminando con noi, costruendo con noi un mondo nuovo, un mondo di speranza.

Quali sono i punti della teologia di Francesco che emergono più propriamente nel suo approccio pastorale?

Ce ne sono molti. Credo che abbiamo un esempio nella convocazione del Sinodo per tutta la Chiesa, che è un mistero di comunione, in tensione missionaria, come diceva Giovanni Paolo ii , con la partecipazione di tutti, laici, religiosi, sacerdoti, non solo dei grandi specialisti dell’università o dei preti, ma di tutti. E per cosa? Per la missione di evangelizzazione. Credo che questa sia la grande teologia, che si incarna realmente nella pastorale di Papa Francesco. Questa è la nostra missione pastorale dal Vangelo e dalla riflessione teologica, è la comunione tra tutti, la partecipazione di tutti alla missione.

Una delle parole che Papa Francesco usa costantemente è «popolo». In che modo allora il «popolo» può mettersi al servizio degli altri come soggetto attivo?

La teologia appare nelle persone semplici, quando ci si apre al mistero di Dio, quando si vive a partire da Dio. Quando si vive in contatto con Dio, si scopre tutta la teologia, si scopre tutta la presenza di Dio, tutta l’azione di Dio nel mondo, che è fondamentalmente teologia e pastorale. Ho paura di una teologia che sia solo speculativa e ho paura di una pastorale che sia solo azione e non sia riflessione e non sia visione in profondità e non nasca dalla preghiera. Credo che le due cose debbano essere assolutamente unite e il Papa ce lo insegna.

Lei ha detto che questo Papa parla a tutti: in questo senso, come parla alla società secolarizzata?

Credo che la cosa più bella che il Papa ci sta insegnando è il linguaggio dell’amore, l’amore per i più piccoli, i più esclusi e i più abbandonati. Ricordo un giorno a Madrid un tassista che mi portò dalla stazione alla Conferenza episcopale, non ero ancora cardinale, ma ricordo che si girò — era un uomo con i capelli completamente rasati, una barba molto lunga e molti anelli alle orecchie — e mi disse: «Oggi voglio ringraziarvi per il Papa che avete eletto». Risposi che doveva ringraziare quelli che l’avevano eletto, perché io non ero un cardinale. E lui rispose: «Non mi interessa, lei è un prete, quindi mi permetta di congratularmi con lei perché questo Papa mi ha riconciliato con la Chiesa». Lì ho capito tutto, un pastore che la gente ama, lo segue e lo capisce perché questo è il linguaggio dell’amore.

di Michele Raviart