La paternità tra impegno sociale e amore per la famiglia

Quel dialogo coi baraccati di Roma

17 settembre 2021

Devo moltissimo di quello che sono ad alcuni esempi e lezioni fondamentali ricevute da mio padre. Italo Becchetti, ingegnere, che ha dedicato la sua vita alla politica. È stato per tre volte assessore al comune di Roma e poi per una legislatura deputato. Come sanno tutti i figli di genitori che svolgono questo tipo di attività, i sacrifici sono moltissimi e la vita familiare è fortemente compressa. Non ricordo di pranzi o cene a casa con papà durante la settimana mentre un momento sacro in cui si “recuperava” era la domenica: pranzo tutti assieme con mia mamma e mio fratello, partita allo stadio quando la squadra del cuore giocava in casa e cena tutti assieme con la pizza fatta in famiglia la sera. Recupero di vita familiare in presenza poi nelle tre settimane estive di vacanza, anche quelle sacre.

Eppure, nonostante la frequenza di presenze e incontri più scarsa rispetto a quanto accade in una famiglia “tradizionale” ho ricevuto moltissimo. Tre episodi il cui ricordo è sempre vivo per capire la persona. Papà che sale sul tetto del Campidoglio per parlare con i “baraccati” in protesta, così si chiamavano in gergo nel secondo dopoguerra i più poveri che vivevano in città in abitazioni di fortuna ed erano spesso in attesa di entrare nelle “case popolari” (appartamenti del comune ad affitto calmierato).

Un secondo episodio è quello di una mattinata di sole in una piazza San Giovanni caotica e piena di macchine con il semaforo in tilt e papà che accosta e si mette a regolare la circolazione. Quando dopo un po’ arriva finalmente il vigile e gli chiede spiegazioni l’improvvisato collega gli dice che è l’assessore al traffico e che aveva provato a dare una mano.

Il terzo ricordo è la 850 rossa bruciata sotto casa con il volantino delle Brigate Rosse che lo “puniscono” ritenendo “pericoloso” il suo impegno nei quartieri periferici (Monte Mario, Torrevecchia e Ottavia tra le zone di Roma nelle quali ha lavorato di più). E mia madre che con un’astuta operazione d’intelligence decide di fronteggiare il pericolo togliendo il nome di papà dal citofono e sostituendolo con il suo.

Intendiamoci papà aveva anche tanti difetti, non facciamone un eroe. Una cosa però nitidissima mi ha lasciato. Quel suo spendersi per la collettività (spesso trascurando noi) che era la cifra della sua esistenza. Mi hanno insegnato molto di più in positivo quello sguardo lungo, quella capacità di puntare all’orizzonte del bene comune piuttosto che in negativo le assenze la sera a cena. Papà mi ha insegnato che ciò che conta nella vita è spendersi per essere generativi (la dimensione di generatività che aveva scelto era quella sociale e politica). E mi ha insegnato che la soddisfazione e la ricchezza di senso di vita non è scansare tutti i problemi quanto piuttosto farsene carico. Molte volte da figlio lo ho anche giudicato severamente perché a mio avviso se ne caricava sulle spalle troppi e non riusciva proprio a risparmiarsi a costo di rimetterci anche la salute. Una vita condotta perennemente al limite delle energie dove i “dispiaceri” che inevitabilmente arrivavano purtroppo lo hanno portato a 3-4 episodi critici con collassi e brevi ricoveri.

Altro ricordo indelebile le campagne elettorali, un gigantesco frullatore in cui si metteva in gioco tutto. In caso di vittoria i sacrifici passavano in second’ordine ma in caso di sconfitta e di mancata elezione tutto ripartiva da zero, anzi da sotto zero politicamente ed economicamente. La parte finale della vita di papà, vista dal figlio, assomiglia molto a quella de L’ultimo imperatore di Bertolucci. Cariche e visibilità politica vengono meno e gran parte della notorietà e degli “amici” spariscono.

L’ultimo fotogramma di famiglia è papà ricoverato in ospedale per un’operazione molto delicata, nel giorno della prima conferenza della mia vita in cui dovevo presentare un lavoro di ricerca. Gli chiedo se gli facesse piacere che restassi lì ad aspettarlo al risveglio. Mi dice assolutamente di no perché quel primo convegno era molto importante per me. È stata quella l’ultima volta in cui l’ho visto.

Non risparmiarsi, avere un cuore grande, osare (senza aver per questo fatto mancare il suo grandissimo affetto a noi figli e a mia mamma)… sono cose facili a dirsi ma possono sembrare lontanissime. Averle respirate in famiglia ogni giorno, partecipando delle inevitabili connesse gioie e dolori è stato un tesoro inestimabile che ha plasmato la mia esistenza. Gliene sarò per sempre grato.

di Leonardo Becchetti