La messa del Papa a Budapest per la conclusione del Congresso eucaristico internazionale

Un grande segno di speranza

 Un grande segno di speranza   QUO-206
11 settembre 2021

È stata una grande gioia quando nel 2016, al 51° Congresso eucaristico internazionale di Cebu, nelle Filippine, al termine della messa conclusiva abbiamo visto il videomessaggio di Papa Francesco in cui comunicava che il successivo si sarebbe tenuto a Budapest nel 2020.

L’ultimo Congresso eucaristico internazionale nel nostro Paese e nella nostra città si era tenuto nel 1938. Quella volta le celebrazioni più solenni erano state presiedute dall’allora segretario di Stato, cardinale Eugenio Pacelli, che rappresentava Pio xi come Legato pontificio. Quella manifestazione di fede è stata accompagnata da molte tensioni. Si sentiva l’avvicinarsi della guerra mondiale. Forse per questo l’inno del congresso fu una grande preghiera per la pace e per l’unità dei popoli e delle nazioni.

Quando Papa Francesco nel sopracitato videomessaggio ha incoraggiato i presenti a pregare insieme a lui, affinché il prossimo congresso di Budapest portasse frutti spirituali e lo Spirito Santo emanasse i suoi doni su tutti i partecipanti all’organizzazione, non si sapeva ancora che nel frattempo, in seguito alla pandemia, sarebbero cambiate le circostanze di vita fino al punto che persino la data del congresso sarebbe stata posticipata di un anno.

Malgrado tutte le difficoltà ci siamo preparati con entusiasmo; abbiamo tenuto convegni scientifici e pastorali sull’Eucaristia, con la partecipazione di relatori ebrei, protestanti ed ortodossi. In questo modo il nostro approfondimento teologico ha rappresentato anche una certa partecipazione al dialogo ecumenico ed interreligioso. Un altro aspetto importante della preparazione è stato il viaggio della Croce missionaria attraverso tutta l’Ungheria, ma anche nei Paesi vicini. Si tratta di una croce con un’altezza di tre metri e mezzo in cui sono incastonate le reliquie dei santi e beati ungheresi e non collegati con la nostra regione, specialmente i martiri del xx secolo. Essa è stata benedetta proprio da Papa Francesco in Vaticano.

La visita della Croce missionaria nelle diverse città è stata accompagnata da ritiri spirituali, da adorazione eucaristiche, occasioni per la confessione, mostre e programmi culturali dedicati alla vita di tutti questi testimoni. I santi e martiri della fede uniscono fortemente i diversi popoli tra cui ungheresi, slovacchi, rumeni, croati, ucraini, ma anche cechi, polacchi, italiani e altri, e rappresentano un valido contributo alla riconciliazione tra credenti e non credenti nella società.

Diverse volte abbiamo organizzato programmi sul significato della Messa e adorazioni del Santissimo a livello globale, nella stessa ora, grazie anche al collegamento con internet. Negli ultimi tempi, non soltanto la debolezza umana e il peccato hanno mostrato che possono avere effetti globali, ma anche la preghiera e la grazia possono avere sensibilmente un forte effetto contemporaneamente su tutto il nostro pianeta.

La città di Budapest ha una lunga storia profana, ma anche cristiana. Già dal iv secolo esisteva una sede episcopale sul territorio della città in quella zona della Pannonia che porta il nome di Aquincum (Civitas Valeria). Dopo il crollo dell’Impero Romano, cui seguì una grande migrazione di popoli, la vita cristiana sembrava estinta, ma più di mille anni fa è rinata la Chiesa con la fondazione dell’arcidiocesi di Esztergom (ora Esztergom-Buda-pest).

La realtà odierna è che un po’ più della metà degli abitanti della capitale sono battezzati come cattolici, ma sono presenti significative comunità protestanti, come pure le Chiese ortodosse di diversi patriarcati e anche cristiani precalcedoniani, come ad esempio i fedeli della Chiesa ortodossa copta, che ha una sede episcopale. Ci sono, inoltre, una delle maggiori comunità ebraiche d’Europa e molte altre religioni.

Durante i lavori del Congresso, apertosi finalmente lo scorso 5 settembre, ci siamo preparati a incontrare Gesù! Abbiamo invocato la grazia della riconciliazione per la nostra società e per l’Europa, che ha tanto bisogno di speranza. Certamente, questo non voleva essere e non è stato un evento trionfalistico, quanto piuttosto un invito a tutti ad aprire il proprio cuore.

Ci siamo preparati a confessare e a vivere pienamente la nostra fede. Nello svolgimento degli eventi e dei programmi abbiamo cercato di presentare la nostra cultura, l’eredità spirituale, il nostro popolo ed in particolare la capitale, ma il fulcro della settimana è stata l’Eucaristia, il Cristo vivente.

Nei giorni precedenti un Convegno teologico ci aveva introdotto alla Messa inaugurale celebrata in piazza degli Eroi. Da tempo, le diocesi e le parrocchie si erano preparate per questa occasione, poiché molti bambini del Paese hanno fatto la prima Comunione in questa celebrazione. Inoltre abbiamo pensato anche a coloro, che avevano fatto la comunione lo scorso anno, ma a causa della pandemia avevano potuto festeggiare solo in casa, in una cerchia più ristretta: è stato messo a disposizione un settore loro riservato.

I giorni del Congresso eucaristico internazionale sono iniziati al mattino con la preghiera comune, seguita dalla catechesi. Abbiamo cercato di rendere il programma il più rappresentativo possibile di tutti i continenti: il cardinale João Tempesta dal Brasile, che si è collegato in videoconferenza, il sacerdote greco-cattolico Konstantin Szabó dall’Ucraina, il cardinale Gérald Lacroix dal Canada, il patriarca Louis Raphael Sako dall’Iraq, il cardinale Charles Maung Bo dal Myanmar, il fondatore della comunità Shalom, Moysés Azevedo, il cardinale John Onaiyekan dalla Nigeria, Mary Healy (membro del Comitato biblico internazionale) dagli Stati Uniti e il cardinale Dominik Duka dalla Repubblica Ceca; e ci sono stati ospiti anche dalla Slovacchia e dalla Polonia, che hanno tenuto catechesi e testimonianze. Anche János Áder, presidente della Repubblica d’Ungheria, ha parlato della propria fede.

I programmi spirituali sono stati accompagnati da ricchi eventi caritativi, scientifici e artistici: abbiamo invitato i poveri alla nostra mensa e attraverso mostre, concerti, festival d’arte, fiera del libro, abbiamo mostrato la fede e l’attaccamento all’Eucaristia, perché Gesù Cristo è Colui che è in noi nel Santissimo, è la luce delle nazioni. Alla Chiesa è stata affidata la missione di continuare la sua opera nella storia, e il segno di essa è la ricchezza culturale, artistica che abbiamo potuto presentare qui in questi giorni.

Durante il Congresso eucaristico internazionale si sono riuniti a Budapest una quarantina di vescovi cattolici orientali, che hanno celebrato anche la Divina Liturgia congiunta l’8 settembre nella cattedrale di Santo Stefano re. Anche questo incontro tra oriente e occidente è del tutto unico nella storia dei Congressi eucaristici; ciò è dovuto alla situazione geografica e culturale dell’Ungheria: cristianesimo e Ungheria hanno camminato insieme per mille anni.

La visita del Santo Padre è ciò che farà da corona alla sequenza degli eventi del Congresso. Il 12 settembre il Papa presiederà la Messa di chiusura, la Statio orbis, a Budapest, nella piazza degli Eroi. È una gioia ed un onore per noi, che la messa sarà nello stesso luogo dove è stata celebrata nel 1938, e dove trent’anni fa anche Giovanni Paolo ii ha officiato la messa.

Prima della liturgia, Papa Francesco incontrerà i leader del Paese, i presuli della Conferenza episcopale, nonché i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese ungheresi — nel nostro Paese ci sono rappresentanti protestanti con i quali abbiamo un’ottima collaborazione nel nome dell’ecumenismo — e alcune comunità ebraiche.

Nella condizione d’isolamento causata dalla pandemia da coronavirus, la presenza personale del Santo Padre sarà per noi un grande segno di speranza dopo quasi due anni di chiusura e di paura. La Messa del Papa potrà essere un momento simbolico di apertura e di ripartenza; la testimonianza dell’Eucaristia sarà mezzo di Gesù Cristo che vuole rafforzare tutti quanti noi.

*Cardinale arcivescovo
di Esztergom-Budapest

di Péter Erdő *