L’opera religiosa e culturale di Cirillo e Metodio

Con l’“arma” dell’alfabeto

11 settembre 2021

La migliore “arma” per contagiare la civiltà e la democrazia? Le Sacre Scritture. Il mezzo? L’alfabeto. Ecco, l’esplicita lezione agli odierni governanti di tutto il mondo arriva proprio dagli apostoli degli Slavi, i santi Cirillo e Metodio.

Entrambi i fratelli di Tessalonica (attuale Salonicco) in maniera diversa diedero il giusto input all’Europa centrale, in particolare all’allora Grande Moravia, la Slovacchia e la Pannonia (oggi Ungheria) per un fecondo sviluppo del popolo slavo — popolazione che oggi supera i trecento milioni — in primis Cirillo (826-869) con l’invenzione del primo alfabeto slavo, il glagolitico, poi designato col nome di “cirillico”, e il vescovo Metodio (815-885), specie dopo la morte prematura del fratello a soli 42 anni, che edificò e diffuse un efficace metodo culturale. «Servì come un servo il fratello minore, sottomettendosi a lui. Cominciò di nuovo a servire il Filosofo, sottomettendosi obbediente, e a insegnare con lui» (Vita Methodii, iv .3- v .12 - Garzaniti 2005: 213-214).

«Il nostro popolo da quando ha respinto il paganesimo, osserva la legge cristiana; però non abbiamo un maestro che sia in grado di spiegarci la vera fede nella nostra lingua». Fu l’istanza del principe moravo Ratislao fatta all’imperatore Michele iii , che prontamente risolse inviando gli “esperti” fratelli di Tessalonica. Scelta rivelatasi inaspettatamente risolutiva perché a seguito della traduzione nella lingua parlata del Vecchio (tranne i libri dei Maccabei) e Nuovo Testamento più altri testi liturgici per evangelizzare e catechizzare, immediatamente suscitarono attrattiva e amicizia tra il popolo.

Ora Costantino, comunemente conosciuto come Cirillo, ultimo di sette figli, aveva un’innata predilezione nell’apprendimento delle lingue. A 14 anni fu mandato a Costantinopoli (l’attuale Istanbul) a studiare slavo, dialettica e altre materie, ebbe come compagno di studi il giovane imperatore Michele iii . Cirillo, di buon casato, figlio di un magistrato imperiale Leone, non ne volle sapere di contrarre matrimonio, infatti rifiutò una proposta, preferendo l’ordinazione agli ordini sacri e divenendo bibliotecario del Patriarcato. Costantino-Cirillo, filologo geniale e missionario formidabile, dopo un periodo vissuto in solitudine in un monastero, passò riscuotendo molto successo, insegnando materie religiose e profane, guadagnandosi l’appellativo di “filosofo”. Contemporaneamente il fratello maggiore Michele, dopo l’esperienza di amministratore in Macedonia, abbracciò anch’egli la vita monastica ritirandosi presso il monastero detto Sacra Montagna, sul monte Olimpo in Bitinia, dove prenderà il nome di Metodio, divenendo igumeno del monastero di Polychron (la prassi prevedeva che il nome da monaco doveva contenere la prima lettera del nome di battesimo).

L’apporto dell’alfabeto cirillico per gli slavi, in realtà fu la chiave di apertura della porta verso la civiltà, perché dall’evangelizzazione dei popoli che accolsero con favore la possibilità di comprendere meglio la propria fede, lo stesso criterio e atteggiamento di riflesso portò notevoli miglioramenti nei vari segmenti della società soprattutto culturali. Un’opera di carità intellettuale, direbbe il beato Antonio Rosmini. «Senza la sua tenacia, ma anche senza la sua abilità diplomatica e senza il suo coraggio. Perché è solo grazie all’attività di Metodio dopo la morte di Cirillo che l’alfabeto slavo e le traduzioni in lingua paleoslava si trasformarono, da mezzo di mera catechizzazione, in valido strumento di affermazione della civiltà scrittoria slava» (Krassimir Stantchev, Studi Slavistici, xiii , 2016, 195-204).

Tuttavia i sei mesi di missione in Pannonia e quaranta mesi nella Grande Moravia, non furono privi di prove e sofferenze. In realtà furono contrastati dal clero franco, giuntovi in precedenza, perché non condividevano l’uso che facevano Cirillo e Metodio di un idioma diverso dal greco e il latino nella liturgia. Pertanto, per dirimere i contrasti nell’867 si recarono a Roma per cercare di ottenere dal Papa l’ufficialità per una prassi liturgica in lingua slava. Adriano ii accolse con favore il senso e lo spirito missionario di Cirillo e Metodio, perché gli slavi da tre secoli circa si erano stanziati tra la parte orientale e occidentale dell’Impero Romano, dando vita a non pochi problemi di convivenza. A questo punto l’azione dei due fratelli diventava, secondo il Pontefice, un fattore di allentamento delle tensioni in corso tra le parti. Ed ecco che Papa Adriano ii non esitò ad approvare l’uso della lingua slava nella liturgia.

Purtroppo durante la permanenza a Roma Cirillo il 14 febbraio 869 morì improvvisamente. «Il Papa comandò che tutti i greci che erano a Roma e i romani si riunissero portando ceri e cantando e che gli dedicassero onori funebri non diversi da quelli che avrebbero tributato al Papa stesso; e così fu fatto» (Dalla Vita in lingua slava di Costantino, cap. 18). Dopodichè Metodio fece ritorno nella Grande Moravia a completare la missione iniziata con il fratello Cirillo.

L’esemplarità missionaria e le vicende storiche caratterizzanti la vita dei fratelli di Tessalonica, nel 1980 portarono san Giovanni Paolo ii alla pubblicazione della lettera apostolica Egregiae virtutis con cui dichiarava i santi Cirillo e Metodio compatroni d’Europa insieme a san Benedetto.

di Roberto Cutaia