Le parole e i gesti silenziosi dei Papi

 Le parole e i gesti silenziosi dei Papi  QUO-205
10 settembre 2021

Un’udienza generale muta, con la richiesta che non ci fossero applausi per creare un clima di raccoglimento e di preghiera, in cui il silenzio assordante di piazza San Pietro gremita di fedeli attoniti fu rotto solo dalla voce sgomenta di Giovanni Paolo ii che parlava di «un giorno buio nella storia dell’umanità, un terribile affronto alla dignità dell’uomo». Era il 12 settembre di venti anni fa e naturalmente il riferimento era ai tragici avvenimenti del giorno precedente negli Stati Uniti d’America: sui media di tutto il mondo continuavano a essere trasmesse ininterrottamente le immagini terrificanti del crollo delle Twin towers nel World trade center di New York e dello schianto del volo sul Pentagono a Washington, con i tentativi di fuga disperata da un inferno di fiamme, fumo, polvere, sangue. Un disastro — scrisse «L’Osservatore Romano» — che riaccendeva nella memoria quello di Pearl Harbor, attuato da menti diaboliche con intenti criminali mostruosi.

Papa Wojtyła, che si trovava nella residenza estiva di Castel Gandolfo, inviò subito un telegramma al presidente George W. Bush per assicurare vicinanza al popolo statunitense, «in questa ora di sofferenza e di prova». Profondamente addolorato il Pontefice polacco pregava per le vittime di quell’«orrore», deplorando gli «inumani attacchi» terroristici che hanno seminato morte e distruzione.

L’indomani, all’udienza generale, riferendosi ai drammatici eventi del giorno prima, Giovanni Paolo ii definiva il cuore dell’uomo, «un abisso da cui emergono a volte disegni di inaudita ferocia», domandandosi come potessero «verificarsi episodi di così selvaggia efferatezza». Eppure, fu il suo messaggio di speranza, «il credente sa che il male e la morte non hanno l’ultima parola», anche se «la forza delle tenebre sembra prevalere». Da qui l’invocazione al Signore, perché non prevalesse «la spirale dell’odio e della violenza», e alla Vergine Maria perché intercedesse suscitando «propositi di pace».

Trascorsi dieci giorni e nonostante il clima di generale insicurezza e di tensioni internazionali, che rischiavano di sprofondare l’umanità in un inimmaginabile clima di guerra, Papa Wojtyła partì alla volta del Kazakhstan, ex repubblica sovietica a maggioranza musulmana. E da Astana rivolse «un sincero appello a tutti, cristiani e appartenenti ad altre religioni» a «non permettere che quanto è successo approfondisca le divisioni. La religione non può essere mai fonte di conflitto».

Sulla stessa lunghezza d’onda Benedetto xvi che il 20 aprile 2008 si recò direttamente nel cratere di Ground Zero, dove un tempo svettavano le Torri gemelle, ma non pronunciò discorsi. Preferì incontrare i famigliari delle vittime e i soccorritori, soprattutto gli eroici pompieri. Accendendo un cero in ricordo di quanti avevano perso la vita, sotto un cielo plumbeo si inginocchiò per pregare in silenzio, mentre in sottofondo echeggiava il suono delle cornamuse. Papa Ratzinger implorò il Dio «dell’amore, della compassione e della riconciliazione» e invocò pace «nel nostro mondo violento, nei cuori di tutti gli uomini e tra le nazioni della terra», chiedendo conforto, consolazione, forza e speranza.

Infine il 25 settembre di sei anni fa fu la volta di Francesco, che visitò il Memoriale dell’11 settembre realizzato proprio al World Trade Center: due enormi vasche della dimensione della base delle Torri abbattute, sui cui bordi, sono iscritti i nomi delle vittime. Commosso, Papa Bergoglio depose una rosa bianca e si raccolse in preghiera, quindi incontrò i parenti dei morti e i soccorritori, anche in questo caso in un’atmosfera di silenzioso raccoglimento. Poi, con accanto un imam e un rabbino, pregò assieme a loro contro conflitti e terrorismo. Seguirono meditazioni indù, buddista, sikh, cristiana e musulmana sulla pace e una preghiera ebraica per i defunti, con l’auspicio espresso da Francesco «che la nostra presenza qui sia un segno potente delle nostre volontà di condividere e riaffermare il desiderio di essere forze di riconciliazione, di pace e di giustizia», bandendo i sentimenti «di odio, vendetta e rancore».