Le carmelitane di Janua Coeli e il loro speciale sguardo contemplativo

Gli occhi delle monache

 Gli occhi delle monache   QUO-203
08 settembre 2021

Vedono l’invisibile. Anche grazie all’occhio di una macchina fotografica, alla telecamera di un drone che fa riprese video o alle delicate parole di una rivista, cartacea e online, che offre lo sguardo delle monache del Carmelo sul mondo. Sono donne «contemplattive», direbbe il vescovo e servo di Dio Tonino Bello. Al monastero Janua Coeli, annesso al santuario dell’Addolorata a Cerreto di Sorano, nella diocesi di Grosseto, c’è fermento per preparare e vivere, con la profondità del raccoglimento ma anche con lo spirito dell’evangelizzazione, la riapertura del santuario: l’8 settembre, alla presenza del vescovo di Grosseto, Gianni Roncari, si celebra la nuova dedicazione della chiesa e dell’altare. Lo definiscono «un luogo di semplicità interiore», quella del cuore di Veronica Nucci, giovane pastorella che nel maggio 1853 fu testimone di un’apparizione mariana nel borgo di Cerreto, alle porte di Sorano, allora parte del Granducato di Toscana. Il santuario, eretto a partire dal 1854 nel luogo della apparizione, è oggi un cuore pulsante di spiritualità e di evangelizzazione, grazie alla presenza della comunità monastica che lo ha reso un’oasi di preghiera e di missione, allargata a beneficio dell’intera comunità diocesana. D’altronde, racconta a «L’Osservatore Romano» madre Daniela Solustri, una delle animatrici del progetto, «la vocazione del Carmelo consiste nel contemplare e nel portare gli altri a questa stessa esperienza di contemplazione». Nella assidua preghiera davanti all’Altissimo, le 17 monache di Sorano, dice, «offrono vasi pieni di profumo e al tempo stesso, producono con la predicazione utilissimi frutti nella Chiesa di Dio».

Da circa cinque anni quell’esperienza di predicazione ha superato, grazie all’apostolato con i mass-media, i confini territoriali. Da un sito web per la federazione dei monasteri carmelitani, a un breve filmato intitolato Clausura è missione, il passo è stato breve. Quella modalità di comunicazione e di trasmissione di valori, apparentemente fuori schema per le monache di clausura, «è divenuta parte di noi, è stata una via per esprimere un canto di benedizione al Signore, per coinvolgere altri nello stesso canto di lode». «In questa nuova esperienza — prosegue madre Daniela — la relazione con Dio sembrava traboccare in ogni cosa e in ogni persona, quasi come se all’improvviso si fossero rotti argini invisibili», per donare al mondo quel messaggio di «amore che abbraccia tutto», diceva Teresa di Lisieux, che è il cuore della vocazione carmelitana.

Rimarca madre Daniela del Buon Pastore (il suo nome da religiosa): «Si è realizzata una dinamica di integrazione tra meditazione, preghiera corale, contemplazione, lavoro e arte. Ho imparato l’arte di comunicare con tutta me stessa, come strumento di carne. E i timori della possibile distrazione o dispersione per una religiosa contemplativa si sono dissolti rapidamente: grazie al prezioso ausilio di un formatore come Massimo Ilardo, sono potuta “uscire” per rientrare in me stessa, e poi nella vita del prossimo, come donna carmelitana, sorella di vita contemplativa, con la mia identità. Tutte noi viviamo oggi un’esperienza più completa e profonda dell’essere Chiesa».

Dal creare e sviluppare siti Internet, si è passati a scattare fotografie, che comunicassero la Parola di Dio. E poi, a filmati realizzati con una videocamera acquistata dalla comunità, «scrutando i particolari di un microcosmo o le vastità del paesaggio attraverso cui il Signore manifesta sempre qualcosa di sé», prosegue. Ben presto il carisma speciale delle sorelle trova spazio in lavori per la Famiglia carmelitana, come in piccole opere di disegno, pittura, fumetto. E non a caso la prima opera pubblicata sugli account dei social media del monastero, ben presto attivati, porta il titolo Senza confini. «Abbiamo realmente preso il largo, in un cammino unificante, sanante e creativo. Abbiamo cercato di accompagnare tutti coloro che in tempo di pandemia avrebbero desiderato recarsi in luoghi di preghiera», dice la religiosa.

Il cammino comunitario si è arricchito fino all’idea di realizzare una rivista, cartacea e online, strumento ulteriore di evangelizzazione. «Humus», questo il titolo della rivista realizzata dalle consacrate, vuol’essere «luogo di ascolto e accoglienza per quanti cercano silenzio e preghiera. Siamo povere tra i poveri, ricercatrici del volto di Cristo tra ricercatori, consapevoli e inconsapevoli, dello stesso volto». La rivista nasce l’8 settembre per il desiderio della comunità carmelitana di celebrare così l’evento della dedicazione della chiesa e dell’altare, dopo i lavori di ristrutturazione recentemente ultimati. «Nella festa della Natività di Maria — conclude madre Daniela Solustri — la riapertura del santuario diventa per tutti la riapertura di un grembo in cui storie e persone possono rigenerarsi, vivendo l’esperienza di sentirsi raggiunti e amati dal Signore».

di Paolo Affatato