Servono fondi all’Istituto Effetà Paolo vi di Betlemme che cura i bambini audiolesi

Perché resti luce della Palestina

 Perché resti luce della Palestina  QUO-201
06 settembre 2021

«E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!” E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente». Effatà: in una piccola parola, tratta dal miracolo del sordomuto del Vangelo di Marco (7, 32-35), è riassunto tutto il «messaggio e l’opera di Cristo», come spiegava Benedetto xvi nell’Angelus del 9 settembre 2012. Un’opera che “libera” il nostro cuore reso sordo e muto dal peccato e lo rende capace di “ascoltare” e a sua volta “comunicare” la parola d’amore che Dio ha per ciascuno di noi.

Liberare, ascoltare, comunicare: è lo stesso “miracolo” che ogni giorno da cinquant’anni si rinnova con i bambini audiolesi dei Territori palestinesi grazie al lavoro degli operatori e delle suore dell’Istituto specializzato per la rieducazione audiofonetica di Betlemme, intitolato a Paolo vi , con il nome appunto di Effetà. Qui i bambini, per lo più musulmani, entrano con le loro problematiche che li rendono isolati e incompresi e, grazie a una metodologia d’avanguardia basata su una formazione globale e sul linguaggio orale e non sul linguaggio dei gesti, escono capaci di parlare e interagire in famiglia e nella società. Dal nido alla decima classe della scuola media secondaria, sono persone non più ai margini, ma formate e preparate ad affrontare la vita, con la consapevolezza che la sordità non è un ostacolo per un’affermazione personale nell’ambiente civile.

Oggi questo istituto ha bisogno di sostegno per portare avanti il miracolo dell’integrazione e della tutela della dignità umana e garantire un futuro certo a bambini e famiglie. L’appello viene dal patriarca di Gerusalemme dei Latini nell’intervista della Fondazione Giovanni Paolo ii , onlus che sostiene il progetto Effetà al link www.sostienieffeta.org/dona-ora: «Vi chiedo di aiutare la Scuola, cui teniamo in modo particolare, perché continui a essere una luce all’interno della società palestinese», afferma il patriarca Pierbattista Pizzaballa. I problemi di povertà in tutta l’area «sono notevolmente peggiorati. A Betlemme in particolare le richieste di aiuto sono triplicate. Politica e pandemia» hanno avuto ricadute pesanti: «Venuti meno pellegrinaggi e turismo — afferma — da due anni migliaia di famiglie che vivevano di questo indotto non lavorano più».

A risentirne tutti i servizi territoriali, come l’Istituto Effetà. Oltre alla chiusura a causa della pandemia, la crisi economica ha infatti impedito il pagamento delle rette, un introito che, seppure completamente insufficiente rispetto ai costi di gestione del bambino, rappresentava almeno un terzo delle entrate dell’istituto. Serve sostenere questo luogo rimarca il patriarca Pizzaballa, perché è un’eccellenza all’avanguardia sia professionale — con docenti a tempo pieno e personale specializzato, assistenti sociali, consulenti pedagogici e audiologici, logopedisti — sia sociale, perché accompagna e sostiene le famiglie con una complessità di interventi ministeriali e innovativi. I bambini suddivisi in classi da un minimo di quattro a un massimo di dodici alunni vengono aiutati sia collettivamente che individualmente a superare le difficoltà di comprensione e stimolati alla comunicazione e all’apprendimento.

Negli anni i servizi offerti dall’Istituto Effetà si sono ampliati. Vengono organizzati incontri mensili con i genitori, al fine di incrementare le loro conoscenze e competenze sulle problematiche dei bambini audiolesi, è stato attivato uno sportello sociale per alunni e genitori, e vengono realizzati corsi di formazione professionale. Negli ultimi sei anni inoltre la Fondazione Giovanni Paolo ii è accanto all’istituto anche grazie a due progetti finanziati dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Due interventi specifici volti al sostegno dei processi di prevenzione, diagnosi, cura, istruzione e riabilitazione per tutti i malati di sordità nei Territori palestinesi.

Tutto ciò oggi è a rischio. Per questo i piccoli non udenti privi di assistenza che Paolo vi notò numerosi in Palestina, e che amò tanto da lasciare il compito di badare a loro, hanno bisogno del sostegno di tutti. Dal viaggio in Terra Santa di Montini, ricorda il patriarca Pizzaballa, la comunità cristiana si è da subito impegnata in prima linea nella società palestinese. Il 6 settembre 1971 erano ventiquattro i bambini audiolesi che iniziavano il programma affidato alla Congregazione delle Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori di Vicenza. Nel tempo le aule ne hanno ospitati oltre settecento, e oggi ogni giorno fanno questa esperienza in centottanta. Vengono da diverse zone, Betlemme, Beit Jala, Beit Sahour e zone limitrofe, Ramallah, Hebron e Jericho. Tutti gli studenti rientrano quotidianamente in famiglia tranne una ventina di alunne che per la lontananza della famiglia dalla scuola vivono all’interno della struttura. Ormai non si tratta più di “classi” ma di un nucleo educativo alla convivenza e alla tolleranza reciproca, il cui valore non può andare perduto.

«Quando i bambini sono accolti, amati, custoditi, tutelati, la famiglia è sana, la società migliora, il mondo è più umano. Pensiamo all’opera che svolge l’Istituto Effetà Paolo vi in favore dei bambini palestinesi sordo-muti: è un segno concreto della bontà di Dio. È un segno concreto che la società migliora» (Papa Francesco, Betlemme, 25 maggio 2014).

di Gabriella Ceraso