Afghanistan La priorità è il futuro delle donne

Afghan refugees embrace family before boarding buses that will take them to a processing center ...
03 settembre 2021

«Quell’aereo che si alza in volo con grappoli di afghani appesi fuori nel tentativo disperato di fuggire dal Paese non deve rimanere l’immagine di una disfatta. Le Nazioni che con capacità ed efficienza hanno organizzato in questi ultimi giorni l’evacuazione di chi lasciava il Paese devono ora impegnarsi a garantire un ponte aereo che sommerga di aiuti la popolazione dell’Afghanistan. Solo così questo popolo non penserà di essere stato abbandonato». A parlare con «L’Osservatore Romano» è Staffan De Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan nel 2010-2011, esperto di peacekeeping per aver operato in 18 diversi conflitti nelle aree calde del mondo tra cui Jugoslavia, Iraq, Libano, Somalia, Sudan e Siria. Il diplomatico italo-svedese è un uomo del fare. Le analisi politiche le lascia ad altri, lui è abituato ad agire e per questo, con passione, spiega cosa si può e si deve fare ora per aiutare un Paese che sta sprofondando in una crisi umanitaria senza precedenti e rischia una regressione culturale pericolosa.

«Penso alla situazione delle donne afghane — dice De Mistura — che in questi 20 anni, nonostante le difficili tradizioni locali, sono riuscite a studiare a diventate medici, giornaliste, avvocatesse, e che i talebani non possono escludere dalla vita pubblica, ignorare, perché significherebbe fare a meno della forza e dell’intelligenza di metà del Paese». Si deve fare in modo che — afferma — «gli aiuti umanitari, che le 40 e più Nazioni coinvolte nell’operazione devono garantire, non arrivino a pioggia ma siano legati ad impegni concreti che i talebani devono rispettare, come quello di non mettere da parte le donne nel Paese».

Da inviato speciale dell’Onu in Afghanistan De Mistura ha sempre pensato al futuro delle donne afghane come una priorità. Da subito si è battuto affinché almeno il 30% dei candidati alle elezioni fossero donne e per fare in modo che una volta elette, nel caso di dimissioni («che — racconta — venivano spesso costrette a dare per lasciare il posto agli uomini») a sostituirle fosse un’altra donna.

Un impegno questo che nel 2015 è valso a De Mistura l’Hillary Clinton Award for advancement of Women and security, premio ricevuto a Washington dalla stessa Hillary Clinton. Dunque, continuando ad elencare le iniziative da prendere nell’immediato, secondo il diplomatico, prima di tutto «le organizzazioni umanitarie, le agenzie Onu, penso al World Food programme, all’Unicef, all’Unhcr, ma anche ad Emergency, alla Croce rossa internazionale, devono essere messe in grado di raddoppiare la loro presenza nel Paese». «Abbiamo ormai capito che il vero nemico dell’Afghanistan — sottolinea — non sono solo i talebani ma la corruzione, infatti non sarebbe altrimenti concepibile che nonostante i miliardi di dollari destinati, in questi anni, dalla comunità internazionale all’Afghanistan, una settimana dopo la caduta del governo, il Paese sia già al collasso e alla fame». I talebani — prosegue — «sanno che senza aiuti l’Afghanistan non sopravvive. Per questo l’azione umanitaria è l’unica chiave per esercitare un’influenza positiva, è l’unico mezzo di discussione con loro». Gli afghani «non possono e non devono morire di fame e il messaggio che deve passare chiaro a tutti è: non vi abbiamo abbandonato, rimaniamo diversamente coinvolti».

Secondo De Mistura, inoltre, da subito deve essere prevista una postazione Onu nell’aeroporto di Kabul e deve essere garantito che tutti coloro che, muniti di visto, vogliano uscire dall’Afghanistan lo possano fare, «penso dunque — aggiunge — ad un ponte aereo di media o lunga durata». «Sono in molti, giornalisti, interpreti, intellettuali, artisti, che in questi anni hanno espresso le loro opinioni e si sono battuti per il rispetto dei diritti umani, ad essere rimasti nel Paese ed ora sono a rischio. Averli lasciati lì — prosegue — è una macchia che va cancellata». «Così come si è stati capaci di organizzare in pochissimo tempo un’operazione imponente, un’evacuazione così massiccia di tutto il personale diplomatico, dei collaboratori locali, delle donne attiviste e di quelle che svolgevano funzioni pubbliche, ora l’impegno deve continuare, è un obbligo nei confronti di una popolazione così martoriata» conclude De Mistura.

di Anna Lisa Antonucci