Nel centro di prima accoglienza dei profughi afghani ad Avezzano

Una nuova vita per un popolo in fuga

 Una nuova vita per un popolo in fuga  QUO-198
02 settembre 2021

All’appello sono circa cinquemila gli afghani approdati in Italia tramite i voli umanitari che si sono conclusi il 28 agosto, ma altri arriveranno tramite vie non ordinarie come quella dei Balcani.

Il governo italiano, per coloro che sono già arrivati, sta valutando l’inserimento di questi migranti nel Sistema di accoglienza e integrazione gestito direttamente dal Viminale, che prevede vitto, alloggio, assistenza legale e sanitaria, ma anche progetti di integrazione e formazione, corsi di lingua, scuola per i più piccoli e lavoro per gli adulti.

Una parte di questi rifugiati, arrivati nei giorni scorsi in Italia, con l’operazione Aquila Omnia, si trova ora ad Avezzano, in provincia dell’Aquila.

Nel 2009, all’indomani del terremoto che ha colpito la città dell’Aquila, ad Avezzano è stato creato un interporto, un vero e proprio centro operativo per le emergenze, coordinato da Croce rossa e Protezione civile, dove i profughi afghani resteranno per almeno sette giorni, per essere sottoposti al tampone e se negativi, in seguito, al vaccino contro il covid-19.

A oggi, in quarantena, prima di essere trasferiti in strutture dove potranno aprire la procedura per ottenere lo status di rifugiati, ce ne sono circa millecento, tra adulti, bambini, anziani e minori non accompagnati, assistiti da volontari giunti da tutta Italia.

In una visita all’interporto, insieme ad alcuni giornalisti, lo scenario è stato surreale. Una parte di popolo in fuga dalla sua terra, presagio di altri nuovi arrivi per i quali l’Europa non potrà rimane inerme, ma dovrà adoperarsi nell’accoglienza e nella solidarietà. Di fronte a noi, occhi di bambini e volti di madri, colmi di speranza per una vita nuova. Giocattoli, gesti di affetto e di delicata attenzione da parte dei volontari, ma anche un desiderio nel cuore e nelle labbra di molti padri che vedono nell’Italia e nell’Europa l’opportunità di una nuova vita, fatta di normalità e di libertà.

Nel dialogo con alcuni giovani, supportati dai mediatori culturali, abbiamo raccolto le storie di molti che, grati all’Italia per il dono dell’accoglienza, vogliono costruire per sé e per le loro famiglie una nuova storia e un futuro di pace per i propri figli.

Di fronte a queste immagini, la parola di Papa Francesco, che oltre all’invito alla solidarietà e all’accoglienza, ha chiesto ai cristiani, durante l’angelus di domenica, due atteggiamenti di conversione per questa crisi umanitaria, che non può che coinvolgerci tutti: la preghiera e il digiuno, cioè atteggiamenti tipici del cristiano che si prepara alla conversione del cuore, non silente di fronte alla sofferenza, ma attiva nella carità e nell’accoglienza.

Conversione del cuore, che è dono di Dio, attraverso cui mostrare a un popolo nel dolore e nella sofferenza per la morte e la perdita non solo di un passato, ma anche di un presente, atti veri di solidarietà e di accoglienza, per donare speranza di una vita nuova, intessuta d’amore, cioè di Cristo.

di Daniele Pinton