Nella testimonianza di padre Giuseppe Bettoni

Il coraggio delle donne

02 settembre 2021

La missione di Arché è stata presentata al Papa dal fondatore e presidente padre Giuseppe Bettoni, che ha dato voce alle persone più vulnerabili. «È un’emozione grande quella che proviamo oggi nello stare con lei per festeggiare il nostro trentesimo anno di impegno e di carità» ha detto a Francesco. «Per tutti noi, ma soprattutto» per le donne — e i loro bambini — che tanto hanno sofferto per le violenze, «essere accolti dal suo abbraccio di padre è un dono enorme: quando l’ho annunciato loro, qualche mese fa — ha rivelato — sono scoppiate in un pianto commosso e grato».

«Insieme a lei — ha proseguito padre Bettoni — ringraziamo il Signore che all’inizio ci ha dato il coraggio di accogliere le mamme e i loro bambini malati di Aids in tempi quanto mai difficili. Lo ringraziamo ancora perché oggi ci dà la perseveranza nell’accogliere e accompagnare a una vita nuova, rigenerata, feconda di futuro, le tante donne che, segnate dalla violenza di genere e dalla paura, dal ricatto, dal maltrattamento, incontriamo sul nostro cammino». Alcune di loro, ha raccontato, «hanno attraversato il deserto, sono state rese schiave in Libia, vendute sul mercato e la loro maternità è stata umiliata».

Padre Bettoni, che è un religioso sacramentino, ha ricordato una frase pronunciata dal Papa il 25 gennaio 2017: «Le donne sono più coraggiose degli uomini». Oggi le donne accolte dalla fondazione «possono guardare al futuro senza dover essere costrette a pensare di ripetere il passato, sia perché hanno fatto un percorso personale terapeutico, sia perché qualcuna si è messa a studiare, altre si stanno formando professionalmente, ma anche perché ciascuna di loro — sia cattolica, ortodossa, evangelica o musulmana o anche di nessuna religione — ha ritrovato nelle nostre comunità quella dimensione spirituale che tanto è importante e necessaria per vincere l’ansia e la paura e per poter rigenerare la propria vita».

A Francesco il sacerdote ha presentato «gli operatori e gli educatori che, giorno dopo giorno, si dedicano con passione e intelligenza al servizio del riscatto di queste giovani vite. Parafrasando Etty Hillesum, mi piace pensarli come “cuori pensanti” che nuotano controcorrente in questa nostra società che continua, come spesso lei ci ricorda, a creare vite di scarto. E noi si lavora per rendere queste vite di scarto testate d’angolo di una società giusta». All’udienza erano presenti, tra gli altri, «i consiglieri della Fondazione, i rappresentanti dei numerosi volontari, gli amici e le amiche che in tante modalità ci sostengono e ci supportano: è grazie anche a loro — ha detto il religioso — se possiamo celebrare i trent’anni del nostro impegno».

«Le confiderò che, con una certa audacia, già quando Arché muoveva i primi passi, ci ripetevamo come un ritornello che quanto andavamo facendo doveva essere pensato e vissuto perché un giorno non ci dovesse essere più bisogno di noi» ha proseguito padre Bettoni. E «nella nostra piccola storia abbiamo imparato a fare i conti con quanto ha detto Gesù: “I poveri li avrete sempre con voi”».

Del resto, «nel mondo le ingiustizie ci saranno sempre — ha concluso — ma ci saranno sempre anche gli anticorpi della gratuità, del dono, del senso civico e di quella spiritualità concreta e semplice che tanto ci stanno a cuore e che hanno fatto nascere in seno ad Arché anche una piccola fraternità di religiosi, laici, singoli e famiglie che condividono la sequela di Gesù nell’ascolto del Vangelo; non solo nel fare qualcosa per i poveri, ma nel vivere in condivisione con loro».