Nella Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato

La speranza della guarigione di un’umanità dolente

 La speranza  della guarigione  di un’umanità dolente  QUO-197
01 settembre 2021

Papa Francesco, con una lettera datata 6 agosto 2015, ha istituito la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, che si celebra ogni anno il 1° settembre. Ha iniziato la sua lettera affermando di condividere «con l’amato fratello il Patriarca ecumenico Bartolomeo le preoccupazioni per il futuro del creato». Ha poi aggiunto che «la celebrazione della giornata, nella stessa data, con la Chiesa ortodossa sarà un’occasione proficua per testimoniare la nostra crescente comunione con i fratelli ortodossi». La lettera contiene anche un invito a tutte le confessioni cristiane a unirsi alla celebrazione di questa giornata. Papa Francesco ha poi osservato che «viviamo in un tempo in cui tutti i cristiani affrontano identiche e importanti sfide, alle quali, per risultare più credibili ed efficaci, dobbiamo dare risposte comuni». Naturalmente la lettera è in totale sintonia con l’enciclica Laudato si’, dove il riferimento all’ecumenismo in generale, ai cristiani in particolare e al patriarca Bartolomeo sul piano personale, è chiaramente presente fin dai primi paragrafi.

Nei capitoli finali del libro degli Atti degli Apostoli troviamo san Paolo in viaggio verso Roma per scontare la pena di arresto domiciliare dopo il processo da parte del governatore Festo e del re Agrippa e il suo rinvio al tribunale dell’Impero (cfr. Atti, 25 e 26). Il viaggio dell’apostolo dei gentili insieme ad altri prigionieri fu segnato da terribili eventi naturali. Ai venti forti seguì una tempesta che provocò il naufragio dell’imbarcazione con quasi trecento persone (cfr. Atti, 27, 13-44). Una volta giunto miracolosamente sulla terraferma, Paolo dovette affrontare un nuovo attacco della natura. Sembrava che un destino mortale lo stesse perseguitando. Questa volta, sull’isola di Malta, una vipera, sfuggendo al fuoco che gli abitanti del posto avevano acceso, lo morse ponendo quasi fine alla sua vita ancor prima che giungesse a Roma (cfr. Atti, 28, 1-10). Di chi era la colpa di quegli attacchi della natura contro Paolo? Secondo il drammatico racconto biblico, i maltesi si affrettarono ad addossare la colpa a Paolo: «Certamente costui è un assassino perché, sebbene scampato dal mare, la dea della giustizia non lo ha lasciato vivere» (Atti, 28, 4). Ma pochi minuti dopo quel giudizio lapidario e ingiustificato sull’apostolo, la sua sopravvivenza all’attacco della vipera fece non solo cambiare loro idea ma lo fece anche elevare alla categoria divina. «Quelli si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo ma, dopo avere molto atteso e vedendo che non gli succedeva nulla di straordinario, cambiarono parere e dicevano che egli era un dio» (Atti, 28, 6). Con quanta facilità dinanzi all’incomprensione del carattere di Dio, del suo posto nel creato e della reale incidenza umana di fronte a esso, quegli uomini emisero di nuovo un giudizio sbagliato!

In questi tempi di pandemia e in vista di una fase post-pandemica, abbiamo bisogno di rivedere questi giudizi errati sull’umanità, su Dio e sul creato che abbiamo emesso alla leggera. Abbiamo incolpato e vittimizzato con troppa facilità l’essere umano. Abbiamo responsabilizzato con grande leggerezza Dio e visto tratti pre-apocalittici quale disegno della sua ira. Abbiamo attribuito quanto accaduto a un capriccio della natura o abbiamo sottovalutato la sua sofferenza negli ultimi tempi. Per ricostruire un mondo malato, trovare un saggio equilibrio in quanto accaduto e rinnovare la nostra ferma speranza, è necessario il frutto della virtù della riflessione serena. Dobbiamo recuperare la fedeltà a Dio così come realmente è ed essere custodi zelanti della casa comune che ci ha donato. Nel rivolgere la nostra attenzione al cambiamento climatico e ad altre sfide ambientali seguite alla pandemia, dobbiamo rimanere fedeli e non cedere alla disperazione. La fedeltà che ci dà speranza nella nostra salvezza attraverso il Signore risorto ci dà anche la fiducia per prenderci cura della nostra casa comune e guardare al futuro con ottimismo.

Il racconto del libro degli Atti degli Apostoli che segue ai fatti soprannarrati, scritto nella prima persona del plurale (il che implica che il suo autore Luca viaggiava con Paolo), ci regala alcune scene di una ripristinata e totale guarigione. «Là vicino vi erano i possedimenti appartenenti al governatore dell’isola, di nome Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni. Avvenne che il padre di Publio giacesse a letto, colpito da febbri e da dissenteria; Paolo andò a visitarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì. Dopo questo fatto, anche gli altri abitanti dell’isola che avevano malattie accorrevano e venivano guariti. Ci colmarono di molti onori e, al momento della partenza, ci rifornirono del necessario» (Atti, 28, 7-10).

Nelle terre appartenenti al governatore dell’isola avviene, per mezzo della fede in Cristo, il miracolo della guarigione del padre. Questa scena simboleggia la ricchezza delle culture ancestrali, padrone delle terre e consapevoli del bisogno di curare la casa comune. Allo stesso modo, nell’azione dello Spirito Santo attraverso Paolo, si può percepire la speranza della guarigione di un’umanità dolente. Tutti i malati dell’isola furono guariti! Ciò è anche il simbolo della guarigione dell’umanità dolente da parte di Dio. Recuperiamo la fedeltà a questo Dio che ci guarisce, ascoltiamo il grido della terra e la saggezza delle culture ancestrali. Al termine di questa pandemia, dobbiamo essere figli migliori di Dio, fedeli alla sua volontà e attenti alla nostra casa comune.

Che questa Giornata di preghiera unisca tutti noi cristiani del mondo in comunione e orazione, affinché entriamo in unione comune con Gesù che pregò per la nostra diversità riconciliata! (cfr. Giovanni, 17, 21).

di Marcelo Figueroa