Ricostruire Haiti

A boy looks on at a camp for people who lost their home during the August 14 earthquake in Les ...
27 agosto 2021

A distanza di più di dieci giorni dal devastante terremoto di magnitudo 7.2 che ha colpito il distretto haitiano di Les Cayes, le operazioni di soccorso sono ancora nel pieno dello svolgimento. Il sisma ha causato oltre 2.200 vittime e 12.268 feriti, costringendo più di 30.000 persone ad abbandonare le proprie abitazioni, mentre i dispersi sarebbero ancora 344. Complessivamente, sono oltre 600.000 gli haitiani colpiti dalla calamità secondo le autorità locali. Il catastrofico evento ha portato alla proclamazione di uno stato di emergenza della durata di un mese e alla mobilitazione di diverse forze locali e internazionali.

Nonostante la nutrita partecipazione in termini di aiuti umanitari, la ripresa del piccolo Paese caraibico si preannuncia come un’autentica sfida a causa del suo particolare trascorso storico. Nel corso degli anni, Haiti è stata infatti colpita da numerose calamità naturali, che hanno messo in ginocchio la popolazione e coinvolto numerosi attori esterni nel tentativo di risollevarne le sorti. Queste circostanze hanno portato più di 3.000 organizzazioni internazionali a operare sul suolo haitiano, consegnando al Paese il triste soprannome di “Repubblica delle ong”.

Secondo i geologi, il motivo di simili eventi catastrofici è da ricercare nei particolari movimenti della placca caraibica e di quella nordamericana, che danno origine a scosse sismiche molto frequenti. Tali movimenti, indicati nella lingua creola haitiana con la parola “goudougoudou”, sono molto vicini alla superficie e hanno perciò conseguenze estremamente distruttive. Un esempio tristemente noto è il terremoto del 2010, a oggi considerato il secondo sisma più devastante della storia dell’umanità. Il Paese viene anche frequentemente colpito da violenti uragani, i più recenti dei quali sono stati Janine (2004) e Matthew (2016).

Fu proprio la tragedia del 2010 a dare origine al difficile rapporto che intercorre attualmente fra lo Stato caraibico e le iniziative umanitarie. Il terremoto coinvolse ben 3 milioni di persone e causò 222.517 vittime, portando al massimo la necessità di aiuti per la popolazione. La ripresa di Haiti risultò però più difficile del previsto per diverse ragioni, dallo scarso coordinamento fra gli operatori umanitari e le autorità locali alla presenza di bande armate sul territorio. Il risultato fu dunque un parziale fallimento nel migliorare le condizioni di vita della popolazione colpita dal disastro. La situazione fu poi aggravata ulteriormente da un’epidemia di colera, per la quale gli operatori umanitari vennero ritenuti responsabili, e dalle denunce di diverse donne haitiane per maltrattamenti subiti proprio da parte di alcuni volontari.

Questa gestione fallimentare dell’emergenza portò la popolazione locale a sviluppare una profonda diffidenza nei confronti degli operatori umanitari, complicando ulteriormente il già tortuoso processo di ripresa del Paese. Tale scetticismo appare ancora piuttosto tangibile, come dimostrato dalla recente dichiarazione di Jerry Chandler, capo della Protezione civile di Haiti, il quale ha esplicitato la necessità di limitare l’allestimento di campi che gli operatori “non sono in grado di gestire” per “dare una dignità” alle vittime del sisma.

Al momento sono diversi gli Stati che hanno offerto aiuti umanitari alla popolazione haitiana. Alcuni, come Brasile, Francia e Spagna, hanno donato attrezzature mediche, mentre gli Stati Uniti hanno mobilitato l’aviazione militare per trasportare feriti e consegnare approvvigionamenti di vario genere nelle zone che sono rimaste isolate in seguito al crollo di ponti e strade. L’Unione europea ha invece stanziato 3 milioni di euro per le vittime del sisma, in aggiunta ai 14 milioni già destinati ad Haiti per fronteggiare la scarsità alimentare, la diffusione delle malattie e la violenza urbana nel Paese.

La situazione politica di Haiti attraversa inoltre un momento di grande difficoltà: a guidare il Paese è al momento il primo ministro Ariel Henry, il quale sta temporaneamente svolgendo mansioni straordinarie in seguito all’assassinio del presidente Jovenel Möise, avvenuto lo scorso 7 luglio per mano di un commando di mercenari colombiani. Mentre la data delle prossime elezioni non è ancora stata definita, diversi politici haitiani, fra cui l’ex presidente Michel Martelly, sono stati accusati di strumentalizzare l’emergenza, offrendo cibo, denaro e medicinali alle vittime in cambio di supporto.

Fra tutte queste problematiche, le operazioni di soccorso procedono senza sosta. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha comunicato che alcune organizzazioni criminali avrebbero accettato di non intralciare le operazioni umanitarie. La mancanza di strutture di accoglienza rimane ancora invece un problema tangibile, in quanto migliaia di persone hanno costituito dei veri e propri campi improvvisati lungo le strade di Les Cayes, dormendo sui materassi portati dalle abitazioni distrutte.

di Giovanni Benedetti