Bambini, muri e aerei

This handout photo courtesy ot the US Army shows a US Army National Guard Soldier assigned to Task ...
26 agosto 2021

Ieri abbiamo pubblicato in prima pagina la riflessione di don Luigi Maria Epicoco sulle immagini che arrivano dall’Afghanistan, quelle che hanno toccato tutto il mondo (questa almeno è la speranza): madri e padri che affidano i loro figlioletti ai soldati e li “lanciano” oltre il muro, abbandonandoli e così facendo, con dolore atroce, salvandoli. Abbiamo anche pubblicato una di queste fotografie: un padre che solleva il braccio e nella mano ha suo figlio che passa, così come un cesto di cibo, come un dono in regalo, come un testimone, a un perfetto sconosciuto, ad un soldato tutto equipaggiato di armi minacciose e letali.

Tre giorni fa si è diffusa una notizia che sembra il negativo di quelle fotografie: una donna afghana, riuscita a salire su uno di questi aerei della salvezza, è stata colta durante il viaggio dalle doglie del parto. L’aereo, con destinazione Berlino, volava però alla normale quota di crociera e questa altitudine ha creato ulteriori problemi ad un parto già molto complicato. Il pilota dell’aereo, avvertito della situazione, prendendosi i suoi rischi, è sceso a bassa quota e questa decisione ha permesso la lieta conclusione della vicenda, il bambino infine è nato. Le condizioni della madre restano purtroppo molto complicate e si teme per la sua vita.

Queste storie di salvezza (ogni storia umana ha a che fare con la salvezza) meritano una pausa, chiedono un momento di riflessione. C’è da pensare. C’è, prima ancora, da “sentire”. Un cristiano in particolare non può restare indifferente, non essere colpito profondamente da queste vicende.

Dal punto di vista “fisico” le due storie si muovono in direzione opposta ma verso il medesimo obiettivo, la salvezza appunto. Nella prima il gesto è ascendente: il genitore solleva il figlio per affidarlo al soldato e così consegnarlo alla vita, al futuro, a ciò che è negato al di qua di quel muro. Nella seconda il protagonista è il soldato, il suo gesto è invece discendente: in questo caso è lui che avendo sentito il grido di dolore e di aiuto, si è mosso abbassandosi, con tutti i rischi che questo comporta, e permettendo alla vita di vincere. Gesto “ammirabile”: è l’aggettivo con cui viene definita la condiscendenza di Dio (cfr. Dei Verbum 13), tema antico della teologia cristiana a indicare l’amore divino che scende e si abbassa al livello degli uomini per comunicare con loro e salvarli. Quella donna afghana che ha partorito in aereo, in fuga da un destino di morte alle sue spalle, ricorda Maria (per la quale “si erano compiuti i giorni del parto”), in viaggio a dorso d’asino verso una terra straniera, l’Egitto, per salvare la vita di Gesù. Quella donna, che oggi rischia la vita per aver dato alla luce il figlio, se avesse partorito qualche tempo fa, viene da pensare che molto probabilmente avrebbe compiuto il gesto dei genitori di fronte a quel muro, anche loro disposti a sacrificarsi pur di lasciar vivere il proprio figlio.

Sono due storie di sacrificio e di salvezza, di vittoria della vita sulla morte. Una vittoria certo solo temporanea, che non garantisce il lieto fine per tutti i personaggi, genitori e figli, di queste vicende, ma che vale la pena ricordare, con la speranza di spingere al pensiero e quindi all’azione, affinché ci siano meno muri invalicabili di separazione e più generosità dei cuori che, anche a rischio della vita, siano in grado di reagire al buio che stiamo vivendo, offrendo un momento di solidarietà e di luce.

di Andrea Monda