La notte di Kabul

A woman and children wait for transportation to the terminal at Hamid Karzai International Airport, ...
23 agosto 2021

Un soldato afghano è morto e altri tre sono rimasti feriti, oggi, dopo uno scontro a fuoco con un gruppo armato nei pressi dell’aeroporto di Kabul, dove sono ancora ammassate centinaia di persone che vogliono lasciare il Paese. È questo solo l’ultimo episodio di un dramma che si sta consumando lentamente: la disgregazione di un Paese, una crisi umanitaria devastante. Soltanto ieri nel giro di 12 ore sono state evacuate da Kabul circa 3.400 persone a bordo di 39 aerei della Nato e circa 1.700 persone a bordo di otto aerei dell’aviazione americana. E sempre ieri sette persone sono morte nella calca per raggiungere lo scalo della capitale.

Questo mentre in Europa si continua a discutere per arrivare a una strategia comune di fronte alla nuova ondata di profughi. Ma intanto la Grecia ha innalzato in tempi record una barriera di 40 chilometri al confine con la Turchia, il cui presidente Recep Tay-yip Erdoğan ha più volte ribadito che il suo Paese non intende farsi carico dei profughi afghani, affermando di «non voler diventare il deposito dell’Ue per i rifugiati».

Il premier sloveno Janez Janša ha dichiarato che «l’Europa non aprirà corridoi per i migranti afghani». Non permetteremo — ha detto — «che si ripeta l’errore strategico del 2015. Dobbiamo aiutare solo gli individui che ci hanno aiutato durante l’operazione Nato». Immediata la replica di Bruxelles. Il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, ha detto: «Tutti i Paesi si sentono coinvolti in questa vicenda afghana e certamente uno sforzo di solidarietà deve essere compiuto». Ma per ora restano le divisioni.