Il cinema, il vino e santa Teresa di Lisieux

 Il cinema, il vino  e santa Teresa  di Lisieux  QUO-186
19 agosto 2021

Non ricordo esattamente l’anno, credo intorno al 1990, Ermanno Olmi, grande personalità del cinema italiano di qualità, si accingeva a cenare da solo in uno stabilimento termale di Ischia, proprio mentre io partecipavo a un incontro sul cinema. Non molto tempo prima il suo film La leggenda del santo bevitore aveva vinto la Palma d’Oro al Festival di Venezia.

Quando l’ho riconosciuto gli ho chiesto se voleva cenare insieme con me. Dopo un suo silenzioso cenno di assenso, mi sono presentato e ho iniziato a parlare, e non potendo fare altrimenti, ho ricordato il suo film vincitore della Palma d’Oro e la profonda impressione che mi aveva fatto. Ho sciorinato una serie di luoghi comuni che Olmi aveva sicuramente sentito decine di volte su temi più o meno presenti nella sua opera: il miracolo, la Provvidenza, l’umorismo, la lealtà, la debolezza umana e non solo, la ricchezza di significati incorporati nella trama ed espressi in una magnifica performance di Rutger Hauer. Olmi mi ascoltò non senza una certa condiscendenza e sembrò annuire d’accordo con me.

Credo che abbia cominciato a prendermi sul serio quando gli ho fatto notare ciò che sentivo essere vicino al mio cuore: il valore dell’impegno, il vino — o meglio, i vini — e santa Teresa di Lisieux.

Ho ricordato la mia formazione di chimico — che risale a molti anni fa. L’ho visto sorridere e credo che sia rimasto colpito quando gli ho detto che, in qualche analisi di laboratorio, con attrezzature all’avanguardia, mi ero reso conto che il vino era una sorta di sintesi delle cose più nobili dell’universo.

Non in un singolo vino, ma nei vini nel loro insieme e attraverso varie sintesi e processi di fermentazione e invecchiamento, si ottenevano molecole aromatiche molto complesse e varie, oli essenziali che, senza sapere come, erano presenti e riassumevano aromi e squisiti effluvi. Ho aggiunto che, secondo me, il Signore non avrebbe potuto scegliere un elemento, insieme al pane, di maggior significato per la celebrazione eucaristica. In quel periodo stavo pensando alla mia possibile vocazione al ministero ordinato.

Nel rispondermi Olmi mi rivelò che un amico piemontese aveva scoperto, quasi per caso, alcune bottiglie nascoste durante la guerra. Aprendone una insieme a lui, constatarono che, anche se il vino aveva perso la pigmentazione, conservava ancora splendido aroma e gusto. L’amico gliene aveva regalato un esemplare, che aveva conservato come fosse oro. E così Olmi mi invitò a fargli visita per degustarlo insieme.

Qualche tempo dopo mi sorprese l’invito dell’Enciclopedia Treccani a presentare il film sul santo bevitore nella sua sede romana. Avevano cercato di far fare la presentazione allo stesso Olmi che si schernì dicendo che non era in vena, e nello stesso tempo mi propose come sostituto, affermando che siccome io conoscevo il cinema, il vino e santa Teresa di Lisieux, ero la persona giusta. Anche se dubitavo che Olmi potesse aver ragione,
ho accettato l’incarico.

Qualche tempo dopo ho collaborato all’organizzazione, a Barcellona, di un evento su cinema e spiritualità. Ho invitato Ermanno Olmi e altri registi con i quali intrattenevo buoni rapporti. Olmi è venuto accompagnato da sua figlia, e mi ha confessato che per essere presente aveva dovuto vincere il panico che gli provocavano gli aerei.

Sono molto grato a Ermanno Olmi, soprattutto per la sua amicizia, ma specialmente per quello che mi ha insegnato con la sua parola e la sua opera, espressa con bellezza formale e semplicità,
con il suo vissuto e l’aneddotica.

In questo momento, pensando a Olmi, riesco a rivivere, a rendermi conto nuovamente della natura cristiana — direi piuttosto cattolica — della sua opera, della bellezza di tutti gli esseri viventi, della gioia di ricevere il perdono, della felicità altrui, della bellezza di lasciarsi andare, della grandezza delle piccole cose. Il grande dono dell’esistenza stessa, essere consapevoli di fino a che punto Dio è integrato nell’azione dell’essere umano; l’esperienza della fede senza accorgersi — con o senza notti oscure — che è la luce interiore a illuminare la realtà del mondo, e la consapevolezza che non esiste un limite insormontabile in relazione a Dio.

Credo anche che Ermanno Olmi, nella sua opera e nella vita, sia stato con nonchalance un maestro della sublime arte di morire felicemente.

di Enrique Planas