La buona Notizia Il Vangelo della xix Domenica del tempo ordinario (Giovanni 6, 41-51)

Il fuoco ardente
e l’ora del tedio

 Il fuoco ardente e l’ora del tedio  QUO-174
03 agosto 2021

Viene l’ora in cui la ricerca delle tracce del Dio vivente conduce l’essere umano, dall’iniziale attonito stupore — l’incanto, unico, dell’inizio — a un bivio cruciale: la mormorazione, o l’incondizionata consegna. Nutrirsi del pane di Dio non è un happy hour.

La via di Dio è sorprendente, altra dalle nostre vie. Sempre lui “discende”: per generare, e prendersi cura della sua creatura affamata e ferita dal male. Discesa è la sua opera generativa, che sconcerta: fino al segno compiuto, il farsi uomo del Figlio. Gesù, si abbassa scandalosamente — fino a dare la sua carne in cibo di vita. Insopportabile paradosso. Dinanzi al mistero di Dio che “discende” non è possibile neutralità: o la resa all’invincibile attrazione verso l’Alterità che ci costituisce, o — nello iato della sproporzione — una presunta consuetudine insinua il malinteso, e con esso la ragione critica: “Com’è possibile?”.

Sono passaggi nodali della vita in cui ci scontriamo con l’inevitabile bivio: o lo stupore di chi, convertito, si fa piccolo e si affida, o la mormorazione del sottile ragionatore (1 Cor 1, 20).

Non è che l’alternativa possa sciogliersi come risultato di un sillogismo, o esito di una tecnica avveduta: per forza di attrazione, per l’intensità e l’intima luce del desiderio, il legame gettato da Dio scioglie lo scandalo dell’homo religiosus.

“Discepoli di Dio”: come la splendida visione di Isaia mirabilmente profila (Gesù è profondamente segnato dal testo di Isaia 54, subito contiguo al iv Canto del Servo), la sorprendente, gratuita iniziativa del Signore, attira. Dio rivela in Gesù tutta la forza attrattiva del Servo che — ritenuto un maledetto — come pane nutre, riscatta la vita di chi a lui aderisce.

Credere non è decisione maturata attraverso elaborazione dottrinale. È il frutto del gratuito legame: «Va a Gesù» chi vive con cuore di piccolo l’esperienza del Padre che attira. Radice e fondamento dell’attrazione divina, in sé generativa, è la relazione tra il Padre e il Figlio, l’Inviato nella carne. È così che, ascoltando come discepoli si riceve già il germe della risurrezione, della vittoria sulla pulsione di morte che incalza l’uomo affamato di senso.

Eppure, ognuno che consenta al vortice dell’Amore che si abbassa incontra la crisi. È in radice “crisi” questo legame d’alleanza, che smonta ogni rapporto costruito con le proprie mani, su proprie evidenze. Già Elia l’aveva profeticamente vissuto nella sua carne.

Viceversa chi dinanzi alla kenosi del Figlio mormora, mostra implicitamente di non accogliere il vincolo, intessuto di libertà, con il Dio vivente. «Dammi uno che ami, e capirà quello che sto dicendo», chiosa sant’Agostino. Solo il cuore umile è sensibile all’attrazione dello Spirito che scava dalla pietra l’interiorità del discepolo: «Desiderium sinus cordis».

“Non mormorate”: non è precetto ascetico o disciplinare. In ogni circostanza è la traduzione in termini di quotidianità del mistero dell’Incarnazione. L’arte di elaborare l’ora della crisi per l’umanità di Dio tenendosi al riparo dai suoi infiniti malintesi, nell’intima fiducia che proprio lì il volto delle cose sta per assumere nuova forma: ecco il Vangelo della “carne” del Figlio, pane di vita.

«Davanti al Mistero dell’Incarnazione (…), al cospetto dell’uomo crocifisso, troviamo il posto giusto solo se siamo disarmati, umili, essenziali; Elia, il profeta tanto forte da essere paragonato al fuoco, in un momento di grande crisi desiderò persino la morte, ma poi sperimentò la presenza di Dio non nel vento impetuoso, non nel terremoto, non nel fuoco, ma in un “un filo di silenzio sonoro”. La voce di Dio non è mai quella rumorosa della crisi, ma è la voce silenziosa che ci parla dentro la crisi stessa» (Papa Francesco).

*Abbazia di Viboldone

di Maria Ignazia Angelini*