Il gesuita Jesús Zaglul Criado sulla figura di Ignazio di Loyola

Un santo per i giovani di oggi

 Un santo per i giovani di oggi  QUO-172
31 luglio 2021

«Sant’Ignazio fu un sognatore. Prima sognò di essere un gran cavaliere e poi, dopo la conversione, sognò di seguire Gesù, sognò un gruppo di compagni per farlo e per affrontare le sfide del suo tempo, a partire dalla profondità dell’incontro con sé stesso e con la persona di Gesù». È questo il principale tratto del santo fondatore che Jesús Zaglul Criado, consigliere del preposito generale della Compagnia di Gesù e assistente per l’America latina settentrionale, indica nell’intervista concessa a Manuel Cubías di Vatican News. Un potente esempio di fede, continua il religioso dominicano, una figura di grande impatto soprattutto per i giovani di oggi. Per spiegarlo, identifica quattro peculiarità del suo modo di vivere.

Accanto alla capacità di sognare, un’altra caratteristica predominante nella vita di Ignazio di Loyola, puntualizza il religioso, è la capacità di affrontare le sfide nelle quali «pone tutta la sua passione e e gli strumenti pratici per portare avanti i suoi pensieri e realizzare i suoi desideri: un lungo percorso che lo porta da Loyola a Manresa, a Roma, a Gerusalemme». Sant’Ignazio, ha osservato Zaglul Criado, non fu sempre compreso dalla gente del suo tempo. All’inizio ha avuto molte difficoltà a causa della novità delle sue proposte, non perdendosi mai d’animo anzi definendosi, nella sua autobiografia, come “il pellegrino”, come qualcuno «che sta sempre in cammino e che vuole realizzare i suoi sogni», anche mettendo a repentaglio la vita come nel viaggio per Gerusalemme quando naufraga l’imbarcazione su cui era a bordo. «Qui assomiglia molto a san Paolo — sottolinea — perché sta vivendo un cambiamento radicale nella sua vita ed è capace di lasciare tutto». Capace anche di comprendere a poco a poco le reali possibilità di evangelizzazione, decidendo con i suoi compagni «di mettersi al servizio del Papa e andare dove vuole mandarli». Perché solo insieme, con un gruppo unito, “gli amici nel Signore”, può essere compiuta con successo la missione a cui si sente chiamato, afferma padre Zaglul Criado evidenziando un altro pilastro nella vita del santo: «È un gruppo di amici che agiscono con molta libertà, tanto affetto, e sebbene vivano separati, sono tanti i progetti che li uniscono. Ciò che unisce i primi sette compagni è l’esperienza dell’amore di Dio», mentre quella relativa agli Esercizi spirituali permetterà loro di avere un costante atteggiamento di discernimento, di vedere in che direzione va la chiamata del Signore per la loro vita, come individui e come gruppo. E facendo tutto questo, aggiunge il religioso, «alla maniera di Gesù, guardando l’amore di Dio in noi e scoprire che Dio ci comunica, che Dio ci parla».

Secondo padre Zaglul Criado, «Ignazio è stato lo scopritore dell’intelligenza emotiva, perché si rende conto che Dio ci parla attraverso le emozioni», spingendoci a grandi cose che sono sempre legate a una gioia che rimane «mentre gli inganni a volte si nascondono ai nostri occhi sotto l’apparenza di una gioia falsa, superficiale». Solo Gesù è fonte di vera gioia e l’esperienza interiore ci porta sempre alla sequela di Cristo. Non si tratta d’imitarlo, spiega, e di fare quello che lui ha fatto ma di seguirlo e di scoprire che ci ha dato il suo spirito, che ci spinge a rispondere alla sua chiamata in questo tempo agendo per trasformare questo mondo. «Ignazio, negli Esercizi, insiste sul fatto che Gesù “è per me che si è incarnato, che si è fatto uomo. Affinché conoscendolo meglio lo ami e lo continui ad amare”. Credo che sia questo il centro, il cuore di Ignazio e di quello che sarà la Compagnia di Gesù da lui fondata».

Un altro momento cruciale, osserva padre Jesús, è costituito dalle contemplazioni e dai colloqui a cui Ignazio invita negli Esercizi spirituali: «Credo che le stesse contemplazioni prima dell’Incarnazione e poi della nascita nelle quali pone Dio che guarda a tutta l’umanità, quello sguardo di Dio che decide d’incarnarsi, di assumere la nostra umanità in modo radicale, tutto ciò sarà per lui un elemento centrale, anche del rapporto con il mondo perché, come dirà molti anni dopo Teilhard de Chardin, “per chi ha occhi per vedere non c’è nulla in questo mondo che sia profano. Tutto è segnato dalla presenza di Dio”».