Dall’economia della tratta all’economia della cura

 Dall’economia della tratta all’economia  della cura  QUO-171
30 luglio 2021

«Nella #GiornataMondialecontrolaTratta, invito tutti a lavorare insieme alle vittime per trasformare l’economia della tratta in un’economia della cura. #CareAgainstTrafficking #EndHumanTrafficking #TalithaKum». Con un tweet postato sull’account @Pontifex, il Papa si è unito alla celebrazione odierna per la lotta al turpe fenomeno del traffico di esseri umani. Un tema particolarmente caro a Francesco, che più volte nel suo magistero vi ha fatto riferimento, denunciandolo come una piaga profonda del nostro tempo, che sfigura l’umanità della vittima e disumanizza chi ne è artefice.

Per questo nella giornata voluta dall’Onu, il vescovo di Roma rilancia in particolare il messaggio proposto quest’anno da Talitha Kum, la rete mondiale della vita consacrata che riunisce oltre tremila suore cattoliche e collaboratori nell’impegno per sradicare la tratta. Dal quartier generale di Roma, nella sede dell’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg), l’organismo diretto dalla missionaria comboniana suor Gabriella Bottani coordina le attività di una cinquantina di realtà locali presenti in oltre 90 Paesi del mondo, offrendo alle vittime di questo fenomeno complesso e multidimensionale che ferisce decine di milioni di individui e l’intera società, case sicure, opportunità di istruzione e di lavoro, supporto per accedere alla giustizia e al risarcimento, assistenza sanitaria e psicosociale. Organizzando anche attività di prevenzione e sensibilizzazione, dal 2009 a oggi — anche se le radici affondano negli anni Novanta del secolo scorso — Talitha Kum ha aiutato decine di migliaia di persone a sfuggire ai mercanti di schiavi del nuovo millennio e a ricostruire vite libere e dignitose. Infatti, spiega suor Patricia Murray, delle suore di Loreto, segretaria esecutiva della Uisg: la rete «è impegnata non solo a sostenere le comunità vulnerabili e marginalizzate, ma anche a smantellare i sistemi che permettono la loro oppressione e il loro sfruttamento».

Prende il nome dalla locuzione in aramaico riportata nel Vangelo di Marco (5, 41) che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati». Sono le parole di Gesù rivolte alla figlia dodicenne di Giairo, che giaceva apparentemente senza vita. Dopo averle pronunciate, Cristo la prese per mano ed ella si alzò e si mise a camminare. Anche il logo riflette questa idea: una mano arancione con una spirale interna, per illustrare la dinamica dell’incontro di due mani, quella di Gesù e quella della bambina da lui presa.

Dunque è un’espressione che ha il potere trasformatore della compassione e della misericordia, per curare chi è ferito dalle tante forme di sfruttamento: da quello sessuale (prostituzione, pornografia, servizi di escort, cybersex), al lavoro schiavo (settore agro-pastorale, edilizia, ristorazione, industria manifatturiera, industria ittica, settore dei servizi), includendo anche collaborazione domestica, accattonaggio, microcriminalità, prelievo d’organi, reclutamento di bambini soldato/gruppi terroristici, matrimoni forzati, adozioni illegali e gravidanze a fini commerciali. Un fenomeno che si è sempre più intrecciato con quello dei flussi migratori, divenendo volto perverso del processo di globalizzazione e finendo per rivelarsi uno dei traffici illegali più redditizi al mondo, insieme con quello della droga e delle armi, in cui la stragrande maggioranza — oltre il 70% — delle vittime sono donne e ragazze.

Per questo Talitha Kum invita oggi, e ogni giorno, ad alzare la voce per combattere la tratta con le azioni e le scelte quotidiane, denunciando l’arroganza e la violenza e facendosi prossimi a donne, bambini, uomini e famiglie deturpati della dignità e ridotti in schiavitù, testimoniando i valori cristiani, in dialogo e nel rispetto delle diverse tradizioni religiose e anche di chi non crede.

di Gianluca Biccini