L’invidia, il disprezzo e l’empatia

28 luglio 2021

«Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua» (Marco 6, 4). Tocca anche a Gesù fare i conti con la spocchia dei suoi compaesani: non può compiere segni tra loro perché manca la disponibilità ad accoglierli.  Essi hanno sentito parlar bene di lui, perciò lo sfidano: “Fa’ vedere anche qui di cosa sei capace”. Non è difficile riconoscere la tentazione di svalutare chi abbiamo di fronte, soprattutto quando altri ne esaltano i pregi, mentre a noi non sembra così straordinario. «Nessuno è un grande uomo per il proprio cameriere», scriveva Hegel. Probabilmente è il limite di una malintesa familiarità.

Da sminuire a disprezzare talvolta il passo è breve. «Guardando bene, si scopre che nel disprezzo v’è un po’ di invidia segreta. Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete, una libertà che non vi concedete, un coraggio, un’abilità, una forza, dei vantaggi che vi mancano, e della cui mancanza vi consolate col disprezzo» (Paul Valéry, Cattivi pensieri, 1942). Dunque, se svaluti il lavoro altrui, forse è l’invidia che parla per te. I pregi dell’altro vorresti che fossero i tuoi, magari ce l’hai ma non riesci a vederli, e la persona che hai di fronte potrebbe stimolarti a migliorare. Il problema è che spesso invece dispiace, irrita, tira fuori il peggio.

Chi è abituato a guardarsi allo specchio, con un po’ di sano realismo, con spietatezza e clemenza, difficilmente cede al disprezzo. Altrimenti, merita dare ascolto all’arguto monito popolare ricordato da Nikolaj Gogol’: «Non prendertela con lo specchio se hai il muso storto». Sì, perché il disprezzo è intimamente legato all’insoddisfazione, proietta all’esterno la poca stima di sé, e ogni bene altrui diviene insopportabile.

A meno che non succeda d’incontrare chi ha troppa considerazione di sé, nel qual caso è più che giustificata una spontanea antipatia. Ma quando sentiamo apprezzare una persona che non ci ha fatto nulla di male, e questi ci indispettisce, allora il problema è nostro: il disprezzo nasconde rabbia e disgusto, sotto le mentite spoglie della presunta superiorità, si traduce in derisione e distanza.

In realtà, chi disprezza non conosce. Nasce infatti il proverbio: “chi disprezza compra”, nel senso che ti piacerebbe ciò che biasimi, ma non lo ammetti. Infatti, siamo abituati al fatto che gli uomini disprezzino ciò che non comprendono.

Per liberarsi da questo sentimento negativo occorre decentrarsi, prendere distanza dall’egocentrismo ed aprirsi all’empatia: gli altri non devono comportarsi secondo le nostre aspettative e norme, e non abbiamo il diritto di giudicarli e criticarli. Teniamo conto, infine, di quanto saggiamente suggeriva Esopo: «Le persone intelligenti non disprezzano nessuno, perché sanno che nessuno è tanto debole da non potersi vendicare, se subisce un’offesa» (Favole, vi sec. a.C.).

di Maurizio Gronchi