Il Papa chiede a giovani e anziani di sognare insieme per costruire il futuro

Vedere, condividere, custodire: per un’alleanza
tra generazioni

 Vedere, condividere, custodire: per un’alleanza tra generazioni  QUO-167
26 luglio 2021

«Fratelli e sorelle, carissime nonne e carissimi nonni, voi attendevate giustamente Papa Francesco. Il Papa vi saluterà alla fine, celebrando l’Angelus. Voi sapete che questi, per lui, sono giorni di convalescenza, e noi desideriamo che non si affatichi ulteriormente, perché possa trascorrere questi ultimi giorni in riposo per riprendere pienamente le forze e il suo ministero pastorale». Con queste parole l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, ha introdotto la messa — presieduta domenica mattina, 25 luglio, nella basilica Vaticana in rappresentanza del Santo Padre — per la prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani. Pubblichiamo di seguito l’omelia preparata dal Pontefice per questa circostanza e pronunciata dallo stesso presule dopo la proclamazione del Vangelo.

Fratelli e sorelle, ho il piacere e l’onore di dare lettura dell’omelia che Papa Francesco ha preparato per questa circostanza.

Mentre sedeva per insegnare, Gesù «alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”» (Gv 6, 5). Gesù non si limita a dare insegnamenti, ma si lascia interrogare dalla fame che abita la vita della gente. E, così, sfama la folla distribuendo i cinque pani d’orzo e i due pesci ricevuti da un ragazzo. Alla fine, poiché avanzano diversi pezzi di pane, dice ai suoi di raccoglierli, «perché nulla vada perduto» (v. 12).

In questa Giornata, dedicata ai nonni e agli anziani, vorrei soffermarmi proprio su questi tre momenti: Gesù che vede la fame della folla; Gesù che condivide il pane; Gesù che raccomanda di raccogliere i pezzi avanzati. Tre momenti che possono essere riassunti in tre verbi: vedere, condividere, custodire.

Il primo, vedere. L’evangelista Giovanni, all’inizio del racconto, sottolinea questo particolare: Gesù alza gli occhi e vede la folla affamata dopo aver camminato tanto per incontrarlo. Così inizia il miracolo, con lo sguardo di Gesù, che non è indifferente o indaffarato, ma avverte i morsi della fame che attanaglia l’umanità stanca. Egli si preoccupa di noi, ha premura per noi, vuole sfamare la nostra fame di vita, di amore, e di felicità. Negli occhi di Gesù vediamo lo sguardo di Dio: è uno sguardo attento, che si accorge di noi, che scruta le attese che portiamo nel cuore, che scorge la fatica, la stanchezza e la speranza con cui andiamo avanti. Uno sguardo che sa cogliere il bisogno di ciascuno: agli occhi di Dio non esiste la folla anonima, ma ogni persona con la sua fame. Gesù ha uno sguardo contemplativo, capace cioè di fermarsi davanti alla vita dell’altro e di leggervi dentro.

Questo è anche lo sguardo che i nonni e gli anziani hanno avuto sulla nostra vita. È il modo con cui essi, fin dalla nostra infanzia, si sono presi cura di noi. Dopo una vita fatta di sacrifici, non sono stati indifferenti con noi o indaffarati senza di noi. Hanno avuto occhi attenti, colmi di tenerezza. Quando stavamo crescendo e ci sentivamo incompresi, o impauriti per le sfide della vita, si sono accorti di noi, di cosa stava cambiando nel nostro cuore, delle nostre lacrime nascoste e dei sogni che portavamo dentro. Siamo passati tutti dalle ginocchia dei nonni, che ci hanno tenuti in braccio. Ed è anche grazie a questo amore che siamo diventati adulti.

E noi: quale sguardo abbiamo verso i nonni e gli anziani? Quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto compagnia o telefonato a un anziano per dirgli la nostra vicinanza e lasciarci benedire dalle sue parole? Soffro quando vedo una società che corre, indaffarata, e indifferente, presa da troppe cose e incapace di fermarsi per rivolgere uno sguardo, un saluto, una carezza. Ho paura di una società nella quale siamo tutti una folla anonima e non siamo più capaci di alzare lo sguardo e riconoscerci. I nonni, che hanno nutrito la nostra vita, oggi hanno fame di noi: della nostra attenzione, della nostra tenerezza. Di sentirci accanto. Alziamo lo sguardo verso di loro, come fa Gesù con noi.

Il secondo verbo: condividere. Dopo aver visto la fame di quelle persone, Gesù desidera sfamarle. Ma ciò avviene grazie al dono di un giovane ragazzo, che offre i suoi cinque pani e i due pesci. È bello che al centro di questo prodigio, di cui ha beneficiato tanta gente adulta — circa cinquemila persone — ci sia un ragazzo, un giovane, che condivide quello che ha.

Oggi c’è bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, c’è bisogno di condividere il tesoro comune della vita, di sognare insieme, di superare i conflitti tra generazioni per preparare il futuro di tutti. Senza questa alleanza di vita, di sogni, e di futuro, rischiamo di morire di fame, perché aumentano i legami spezzati, le solitudini, gli egoismi, le forze disgregatrici. Spesso, nelle nostre società abbiamo consegnato la vita all’idea che “ognuno pensa per sé”. Ma questo uccide! Il Vangelo ci esorta a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo: solo così possiamo essere saziati. Tante volte ho ricordato ciò che dice in proposito il profeta Gioele (cfr Gl 3, 1): giovani e anziani insieme. I giovani, profeti del futuro che non dimenticano la storia da cui provengono; gli anziani, sognatori mai stanchi che trasmettono esperienza ai giovani, senza sbarrare loro la strada. Giovani e anziani, il tesoro della tradizione e la freschezza dello Spirito. Giovani e anziani insieme. Nella società e nella Chiesa: insieme.

Il terzo verbo: custodire. Dopo che ebbero mangiato, il Vangelo annota che avanzarono molti pezzi di pane. E Gesù raccomanda: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto» (Gv 6, 12). Così è il cuore di Dio: non solo ci dona più di quanto abbiamo bisogno, ma si preoccupa anche che nulla vada perduto, nemmeno un frammento. Un piccolo pezzo di pane può sembrare poca cosa, ma agli occhi di Dio niente deve essere scartato. A maggior ragione nessuno è da scartare. È un invito profetico che oggi siamo chiamati a far riecheggiare in noi e nel mondo: raccogliete, conservate con cura, custodite. I nonni e gli anziani non sono degli avanzi di vita, degli scarti da buttare. Sono quei pezzi di pane preziosi rimasti sulla tavola della nostra vita, che possono ancora nutrirci con una fragranza che abbiamo perso, “la fragranza della misericordia e della memoria”. Non perdiamo la memoria di cui gli anziani sono portatori, perché siamo figli di quella storia e senza radici appassiremo. Essi ci hanno custoditi lungo il cammino della crescita, ora tocca a noi custodire la loro vita, alleggerire le loro difficoltà, ascoltare i loro bisogni, creare le condizioni perché possano essere facilitati nelle incombenze quotidiane e non si sentano soli. Chiediamoci: “Ho fatto una visita ai nonni? Agli anziani della mia famiglia o del mio quartiere? Ho prestato loro ascolto? Ho dedicato loro un po’ di tempo?” Custodiamoli, perché nulla vada perduto: nulla della loro vita e dei loro sogni. Sta a noi, oggi, prevenire il rimpianto di domani per non aver dedicato abbastanza attenzione a chi ci ha amato e ci ha donato la vita.

Fratelli e sorelle, i nonni e gli anziani sono pane che nutre la nostra vita. Siamo grati per i loro occhi attenti, che si sono accorti di noi, per le loro ginocchia che ci hanno tenuto in braccio, per le loro mani che ci hanno accompagnato e sollevato, per i giochi che hanno fatto con noi e per le carezze con cui ci hanno consolato. Per favore, non dimentichiamoci di loro. Alleiamoci con loro. Impariamo a fermarci, a riconoscerli, ad ascoltarli. Non scartiamoli mai. Custodiamoli nell’amore. E impariamo a condividere con loro del tempo. Ne usciremo migliori. E, insieme, giovani e anziani, ci sazieremo alla mensa della condivisione, benedetta da Dio.