Nel mondo alle prese con la pandemia

L’olio che riconcilia

 L’olio  che riconcilia  QUO-162
20 luglio 2021

Papa Francesco, in occasione dell’Angelus recitato l’11 luglio dal policlinico Gemelli, commentando il testo del Vangelo del giorno, ha affermato che «narra che i discepoli di Gesù, inviati da Lui, “ungevano con olio molti infermi e li guarivano” (Marco 6, 13). Questo “olio” ci fa pensare anche al sacramento dell’Unzione dei malati, che dà conforto allo spirito e al corpo. Ma questo “olio” è anche l’ascolto, la vicinanza, la premura, la tenerezza di chi si prende cura della persona malata: è come una carezza che fa stare meglio, lenisce il dolore e risolleva. Tutti noi, tutti, abbiamo bisogno prima o poi di questa “unzione” della vicinanza e della tenerezza, e tutti possiamo donarla a qualcun altro, con una visita, una telefonata, una mano tesa a chi ha bisogno di aiuto».

In quello stesso testo del Vangelo (Marco 6, 7-13), si parla di una ricerca che i Dodici devono compiere su mandato di Gesù. La ricerca di una casa accogliente e ospitale: rimanete nella casa in cui vi daranno ospitalità (cfr. Marco 6, 10). Nelle parole pronunciate quella domenica il Santo Padre ha anche reso testimonianza della sua permanenza di guarigione e di unzione in quel centro sanitario. In qualche modo quell’olio curativo e un’ospitalità unta di carità che invita a rimanere sono due simboli della premura e della tenerezza necessarie per lenire e curare la malattia.

Sebbene gran parte del pianeta continui a subire malattia e morte a causa della pandemia, in alcuni Paesi i vaccini stanno consentendo alle persone di tornare a condurre una sorta di vita normale. Questo avviene nel quadro di quella che è stato chiamata “nuova normalità”, che si traduce in una vita simile a quella precedente alla pandemia. I vaccini sono stati una conquista scientifica immensa e hanno salvato milioni di vite e permesso questa “nuova normalità”. Hanno rappresentato un olio fresco, un profumo di guarigione e gocce di speranza per un mondo malato. I vaccini fanno sì che l’organismo produca gli anticorpi necessari per far fronte all’attacco di quel nemico silenzioso chiamato covid-19. Non immunizzano completamente dal contagio, ma fanno sì che, se avviene, sia paucisintomatico o asintomatico.

In questo tempo così difficile si sono osservati gesti di solidarietà e attenzione, e ciò è stato qualcosa di molto prezioso. Tanti centri di salute e di assistenza hanno offerto un ambiente accogliente lasciandosi dietro l’aroma curativo della premura e della tenerezza. Dinanzi a questa possibilità di vivere in un mondo post-pandemia o “normale”, abbiamo una grande opportunità e al tempo stesso corriamo un rischio enorme. I valori che abbiamo riscoperto in questo tempo di pandemia, come l’importanza della salute pubblica, il senso profondo della solidarietà, il bisogno di una cultura del prendersi cura e l’interconnessione di tutti gli esseri umani devono costituire il vettore di un antidoto curativo a livello planetario.

Come umanità abbiamo bisogno che questo olio curativo abbia gli effetti di un vaccino che generi gli anticorpi per guarire dall’individualismo, dall’indifferenza, dall’egoismo e dalla cultura dello scontro. Ma corriamo anche grandi rischi: che la “nuova normalità” che si avvicina ci tenti a crederci immunizzati dalle nostre mancanze, ci renda asintomatici dinanzi al dolore altrui, chiusi alla tenerezza e insensibili al profumo della vicinanza. Perché il mondo continua a essere malato, non solo per la pandemia, ma per la povertà, l’esclusione, gli scontri e la violenza…

Abbiamo bisogno della nuova normalità di «percorsi di rinnovato incontro». Sono parole tratte dal titolo del settimo capitolo di Fratelli tutti, che inizia esortando con queste parole: «In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia» (n. 225).

Il testo biblico citato da Papa Francesco in quell’Angelus ci presenta una scena molto importante del Vangelo che contiene alcuni elementi simili. Narra dell’iniziativa di una donna che sparge dell’olio profumato sul corpo di Gesù nella casa di Simone il lebbroso (cfr. Matteo 26, 6-13). Il luogo dell’incontro si trova a Betania ed è probabilmente la casa di Simone, Maria e Marta. Si tratta di un ambiente ospitale per Gesù, un luogo familiare e accogliente in una città e in un contesto che gli sono ostili. Quello spazio di armoniosa fraternità attorno a Gesù, dove lui stesso porta i suoi discepoli più stretti è un’anticipazione simbolica di una fraternità amichevole e curativa. Quanto abbiamo bisogno di cercare, costruire, scoprire e allargare come fratelli una comunità di fraternità che ci guarisca a partire dall’ospitalità e dalla tenerezza! Un’ospitalità che ci serva da ospedale da campo dove ricevere l’olio fresco della medicina dell’amore e sentire il profumo dell’amicizia umana. Per questo la donna — sicuramente Maria, sorella di Marta — non esita a versare sul capo di Gesù un costoso olio profumato. I discepoli s’indignano per quell’atto di spreco con argomentazioni appropriate per la povertà del presente ma inappropriate nella comprensione dei tempi e degli spazi. Gesù ricorda loro che dopo quell’atto — che definisce un’azione buona che sarà ricordata in ogni parte del mondo dove verrà predicato il Vangelo — il mondo continuerà comunque a essere ingiusto. In quell’ambiente tranquillo, in cui ricevono tutte le medicine dell’amicizia fraterna, li attende una nuova normalità comunque piena di povertà, conflitto, ingiustizia e malattia. Quel «i poveri li avete sempre con voi» (Matteo 26, 11) continua a risuonare ancora oggi come un monito, per non cadere nel microclima autoimmune e antisociale. Fa riflettere il fatto che nel luogo della scena e nell’atto narrato solo due persone hanno sul loro corpo l’odore del profumo dell’amore, dell’olio della riconciliazione e del vaccino della guarigione di un mondo sofferente: Gesù e la donna. In lei forse troviamo oggi il simbolo di quello che dobbiamo essere: una nuova umanità dove la normalità sia di portare con noi l’olio dello Spirito della tenerezza, il profumo del Cristo della pace e dell’ospitalità di un Padre misericordioso che ci protegge come fraternità che cura.

Preghiamo per tutto questo con le parole di Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti: «Chiedo a Dio “di preparare i nostri cuori all’incontro con i fratelli al di là delle differenze di idee, lingua, cultura, religione; di ungere tutto il nostro essere con l’olio della sua misericordia che guarisce le ferite degli errori, delle incomprensioni, delle controversie; la grazia di inviarci con umiltà e mitezza nei sentieri impegnativi ma fecondi della ricerca della pace”» (n. 254).

di Marcelo Figueroa