Un libro e un’associazione per il dopo pandemia

Il gregge è smarrito?

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17 luglio 2021

Che il dibattito avviato sull’Osservatore (la rubrica “Sabato Italiano”) sullo stato della Chiesa in Italia dopo la pandemia interpretasse tante domande diffuse nel corpo ecclesiale ci era ben chiaro. Ma che dallo stadio del dibattito si passasse anche ad una volontà reattiva alla crisi, attraverso la costituzione spontanea di un’associazione finalizzata al rafforzamento di una coscienza collettiva e alla promozione di un rinnovato impegno sociale dei cattolici, ha piacevolmente sorpreso.

Sono i giorni lunghi e angosciati del lockdown dello scorso anno, rivissuti anche questa primavera, impossibilitati a relazionare ordinariamente, quando un gruppo di intellettuali cattolici mette a fattor comune telefonicamente il disagio che stanno variamente vivendo: chiese off-limits, digiuno eucaristico, messe online, le immagini drammatiche e confortanti al tempo stesso, di Papa Francesco sul sagrato deserto di San Pietro il 27 marzo 2020. La pandemia svela ed accelera tutte le fragilità preesistenti, anche quelle della Chiesa. Dalle lunghe telefonate esce la determinazione di poggiare la riflessione su dati certi, e quindi parte una ricerca sociologica sulla Chiesa italiana postpandemica. E sugli esiti di questa, la decisione senza ulteriori indugi, di andare dal notaio e fondare l’associazione Essere qui, che promuova una nuova presenza e un nuovo protagonismo dei cattolici in Italia. Sono in quindici i fondatori, tutti nomi “pesanti” della cultura cattolica italiana: da Giuseppe De Rita che ne è il presidente, a Liliana Cavani vicepresidente, e poi Gennaro Acquaviva, Renato Balduzzi, Carlo Borgomeo, Annamaria De Prete, Ferruccio De Bortoli, Amalia Maione, Mario Marazziti, Mario Morcone, Alessandro Pajno, Romano Prodi, Massimo Naro, Andrea Riccardi. La ricerca rileva tra l’altro come uno dei deficit percepiti sia quello di una presenza sbiadita sui temi sociali, per questo paradigma della nuova associazione è la costruzione di un pensiero che promuova il bene comune, con spirito di servizio, senza confessionalismi né difese di posizioni acquisite. Le basi su cui poter avviare l’iniziativa sono, innanzitutto, la constatazione che la Chiesa per quanto indebolita, è ancor oggi il più diffuso spazio relazionale del Paese, e poi quello “spirito costituente” nella costruzione del bene comune che da sempre anima la cultura cattolica, e che lega Chiesa e società in un destino comune. In una società che — come risulta inequivocabilmente dalla ricerca — è sempre più vittima dell’individualismo, i richiami al tornare al “noi” rischiano di rimanere solo slogan. Viceversa, la cultura cattolica della centralità della persona umana, può superare l’individualismo montante, non tanto come ritorno all’indietro, ma come completezza dell’Io, il quale nella relazione positiva con l’altro realizza pienamente se stesso. Sono diversi i dati offerti dalla ricerca che meritano un approfondimento: dalla consapevolezza di un declino della presenza della Chiesa che è riconosciuto dal 65% dei praticanti, al riconoscimento del minor impegno dei laici che è lamentato dal 56% degli intervistati. Per il 42% la Chiesa non ha saputo cogliere le sfide della modernità, mentre il 22% ritiene che i pastori tendano a non occuparsi a sufficienza di sociale. D’altronde il 52% dei praticanti ritiene che durante la pandemia molti parroci abbiano ridotto molto la loro presenza sul territorio. E non meno della carenza sul piano sociale, ben il 47% dei praticanti dichiara di non avere una vita spirituale. Tanto i dati della ricerca quanto le proposizioni fondanti la nuova Associazione, sono ampiamente illustrati nel libro Il Gregge smarrito (Rubbettino ed. 2021, 15 euro), prima iniziativa dell’associazione Essere qui.

di Roberto Cetera