San Camillo de Lellis

Il cuore nelle sue mani

 Il cuore nelle sue mani  QUO-157
14 luglio 2021

Quando arriva la Grazia, tutti possono cambiare. Convertirsi a una nuova vita è possibile. Se Dio entra nel cuore, tutto ciò che è attorno si trasforma, si converte. E l’etimologia latina del termine “conversione” rende ancora meglio il suo significato profondo: conversio, da converti o se convertere: portarsi dall’uno all’altro luogo, cambiare direzione o strada.

La strada che san Camillo de Lellis ha percorso — quella della santità — parte da una vita che non aveva certamente i tratti del buon cristiano. Camillo frequenta la compagnia dei soldati: è lì fra loro, tra divise e lance, tra risse e subbugli, risate grossolane e qualche parola di troppo. Tra i soldati spagnoli, spicca un uomo alto che gioca a carte, con i dadi, mentre beve un buon sorso di vino con i suoi compagni. «Or coi dadi ma fra poco giocherem ben altro gioco»: l’immagine evoca il coro dei soldati de Il trovatore di Giuseppe Verdi.

Poi, tutto cambia. Proprio mentre si sta arruolando nell’esercito della “lega santa”, improvvisamente gli muore il padre Giovanni, militare spagnolo. Doveva imbarcarsi con lui. Ma il Signore lo vuole su altra barca. Quella degli apostoli: «In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”» (Marco 4, 35). San Camillo de Lellis approda, allora, a San Giovanni Rotondo, presso il convento dei Frati cappuccini. Proprio lì, incontra l’uomo che gli cambierà la vita. È padre Angelo, il guardiano del convento dove si è rifugiato dopo aver mendicato — come cane randagio — nel suo viaggio verso Dio.

«Dio è tutto. Il resto è nulla. Bisogna salvare l’anima che non muore». Camillo rimane folgorato da queste parole. Cade da cavallo, come san Paolo, e si rivolge a Dio: «Signore, ho peccato. Perdona questo gran peccatore! Me infelice che per tanti anni non ti ho conosciuto e non ti ho amato». Era l’anno santo del 1575.

Camillo, allora, cambierà veste. Indosserà un altra armatura: tunica nera e croce rossa in petto. È il signum della nuova istituzione religiosa da lui fondata presso l’ospedale romano di San Giacomo detto “degli Incurabili”: nell’agosto del 1582, nasce la Compagnia dei Ministri degli Infermi. Camillo e i suoi compagni si trovano a curare i malati più ripugnanti, i derelitti della società che venivano addirittura lasciati sulla soglia dell’ospedale. La Compagnia diverrà, poi — nel 1591, grazie a Papa Gregorio xiv — l’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi.

Lo scenario di Camillo, ora, è un altro: l’indomabile guerriero di Cristo, incita i “suoi soldati” ad andare contro le infermità del corpo e dello spirito. Tra i letti, tra le piaghe, tra le bende degli infermi, si ode una voce: «Più cuore in quelle mani, fratelli, più cuore!».

di Antonio Tarallo