Quattro pagine - Approfondimenti di cultura, società, scienze e arte

Luce

 L’unica  che abbiamo   QUO-156
13 luglio 2021

«Io me lo ricordo il tempo in cui eravamo felici e tutto sembrava andare per il meglio. (…) Ma è durato poco, forse soltanto un giorno. Però quel giorno tiene una luce così forte che illumina ogni ricordo, ogni dettaglio. La vorrei ora quella luce per illuminare questa cella e questo muro pieno di finte stelle». Dalla cella di Poggioreale che divide con altri 14 detenuti, così racconta il protagonista di Non mi avrete mai (Einaudi 2013), il libro autobiografico (scritto a quattro mani con Guido Lombardi) di Gaetano Di Vaio, ex delinquente e oggi documentarista e produttore, nato a ridosso di Scampia, una brillante carriera criminale cominciata a 9 anni rubando pneumatici. «Ogni volta che per un attimo si accendeva la luce e intravedevo qualcosa, la vita mi obbligava a spegnerla. (...) E soffiavo come un disperato su quella dannata fiammella per continuare a rimanere al buio. Ma ora questa luce rischiara tutto. Mi fa vedere. E mi fa male, come una stellina di Natale finita troppo vicina al viso. Mi ustiona dentro. Come un pianto. Sono debole perché vedo».

È tante cose, la luce, che da sempre accompagna l’umanità. È calore, scoperta, ristoro, abbaglio, desiderio; è vita.

Perché è una bella parola, Luce. Bellissima al punto che Francesca Romana de’ Angelis, scrittrice e poetessa, l’ha scelta per avviare con le edizioni Studium la collana «Le belle parole» che intende contrastare l’uso sempre più diffuso di parole ostili e violente che offendono, dividono e feriscono nella comunicazione orale e scritta, privata e pubblica, reale e virtuale. L’avventura delle parole belle che, al contrario, uniscono, rammendano e costruiscono, si è dunque aperta con Luce («per partire dall’inizio, perché nascere è “venire alla luce”», come scrive de’ Angelis), una parola affidata a 28 voci diversissime per origine, storia e timbro, 28 voci dai 9 ai 90 anni, che nella totale libertà hanno declinato il termine.

Il libro, recensito per noi da Marco Testi, è una sorta di guida per questo numero di «Quattro Pagine» che, con lo sguardo che ormai ci è proprio, la luce la scandaglia, e la esplora: nell’intreccio tra luce e parola, a partire dai due mesi di vita della piccola Virginia (Sergio Massironi); nel lavoro di Rime di luce, fatto dai 15 pazienti del reparto di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale dei Bambini di Brescia con l’associazione Avisco (Enrica Riera); nel tenersi per mano tra una lampadina e un piccolo genio infelice (Silvia Gusmano); nel viaggio tra arte e architettura dell’ultimo libro di Andrea Dall’Asta (Roberto Rosano); nella meraviglia di Caravaggio che, «disdegnando l’invenzione e concentrandosi sui fatti», affida proprio alla luce «un compito essenziale» (Gabriele Nicolò).

«Perché — come ha scritto James Baldwin — anche se la storia di come soffriamo, di come gioiamo e di come possiamo trionfare non è mai nuova, deve sempre essere ascoltata. Non c’è altra storia da raccontare; è l’unica luce che abbiamo in questa oscurità».

di Giulia Galeotti