La «Madonna di Loreto» di Raffaello

Avventura e mistero

Raffaello «La Madonna di Loreto»
12 luglio 2021

Dopo l’inaugurazione del 14 luglio, la mostra «La “Madonna di Loreto” di Raffaello. Storia avventurosa e successo di un’opera» sarà aperta al pubblico dal 15 luglio al 17 ottobre presso il Museo Pontificio Santa Casa di Loreto. Come l’esposizione, anche il catalogo (Silvana Editoriale, 2021) è a cura di Fabrizio Biferali e Vito Punzi. Pubblichiamo la presentazione di monsignor Fabio Dal Cin, arcivescovo delegato pontificio per il Santuario della Santa Casa di Loreto, e l’introduzione di Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani.

L’idea del lancio di una mostra pone gli organizzatori dinanzi alla primaria domanda riguardante l’effettiva necessità della creazione della stessa e soprattutto se essa possa riscuotere l’interesse del pubblico. Ancor più questi interrogativi sono forti e intensi se l’organizzazione avviene nel pieno di una pandemia, fra restrizioni e incertezze organizzative provenienti dall’esterno. Il soggetto artistico oggetto dell’idea era molto forte e talmente interessante che tutti i dubbi sono stati fugati e, seppur con dodici mesi di slittamento, il 15 luglio 2021, presso il Museo Pontificio di Loreto, apriranno le porte della mostra «La “Madonna di Loreto” di Raffaello. Storia avventurosa e successo di un’opera». Il soggetto non era casuale, sia perché nel 2020 ricadeva il quinto centenario dalla scomparsa dell’artista, sia perché oggettivamente le vicissitudini dell’opera sono state molteplici, per certi versi avventurose e al contempo misteriose.

La mostra intende, appunto, raccontare il mistero, senza la pretesa di svelarlo, dell’originalità di un’opera che nei secoli ha avuta una straordinaria celebrità con circa cento riproduzioni di altrettanti artisti, alcune assai pregevoli, e con un duplice nome: Madonna del Velo , detta anche Madonna di Loreto .

Perché un doppio nome quasi a voler indicare due soggetti diversi? L’ipotesi più verosimile è che il nome con cui è più noto l’originale del dipinto raffaellesco, già esposto nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, dipenda dal fatto che una sua pregevole replica fosse donata al Santuario della Santa Casa, dove venne collocata in bella mostra nella Sala del Tesoro tra il 1717 e il 1797. Il suo soggiorno a Loreto, perciò, fu talmente significativo che l’opera venne ribattezzata la Madonna di Loreto .

Ma com’è avvenuto che un’opera di Raffaello possa essere identificata con la città del Santuario che l’ha ospitata per un breve periodo? Il dipinto raffigura la Madonna teneramente rivolta verso il Bambino Gesù mentre solleva con premurosa delicatezza un velo trasparente che ricopre il Figlio; Gesù disteso su un piccolo materasso è rivolto alla Madre e con gesto vivace distende le braccia verso di Lei; san Giuseppe emerge dall’ombra e paternamente protegge il Bambino e la Madre che gli sono affidati. Si è di fronte ad un’immagine della Santa Famiglia, alla quale ben si addice il titolo Madonna di Loreto  perché sembra ambientata proprio nella Casa di Nazareth, trasportata e venerata a Loreto. Quale migliore contesto per poter immaginare questa scena se non tra le pareti della Santa Casa? L’istantanea rappresentata dona agli osservatori una profonda sensazione di pace e di beatitudine, la stessa che si prova entrando nella Santa Casa.

Ecco la sfida di questa mostra che, attraverso un’inedita combinazione fra esposizione reale di alcune opere e rappresentazione digitale di altre, ripercorre le tappe del soggetto raffaellesco e delle principali riproduzioni, evidenziandone dettagli e prospettive.

L’intento principale è quello di stimolare la conoscenza dei fatti, ammirare la bellezza artistica che tocca la mente e il cuore. Nel mondo attuale dove rumore, chiasso e chiacchiera sembrano imperare, l’intento della mostra è quello di donare un tempo di quiete, tranquillità e riflessione. Oggi più che mai si avverte la necessità di donare un tempo per se stessi dove ritrovarsi per ripartire e non essere schiacciati dalla frenesia.

La plasticità dell’immagine del velo sollevato rappresenta la continua materna attenzione di Maria nei nostri confronti, pronta a svelarci in Cristo il senso dell’esistenza e della storia.

Questa bellissima immagine si inserisce perfettamente nello spirito del Giubileo Lauretano che ci invita a “volare alto” per elevarci nell’animo, allargando le braccia, come il Bambino, per accogliere Dio e abbracciare il prossimo. Segnati, ma non vinti dalla pandemia, siamo chiamati a riscoprire la grandezza e la bellezza di essere fratelli e sorelle di un unico Padre.

di Fabio Dal Cin


I meriti di un’esposizione d’eccezione

Un tassello quasi sconosciuto


In questo periodo di celebrazioni raffaellesche così anomalo e assurdo per tanti versi, nel quale cause sopra di noi ci hanno portato a procrastinare le tante iniziative che i Musei Vaticani avevano in animo di realizzare per celebrare una figura artistica così importante per le collezioni pontificie, è con vero piacere che vedo giungere in porto un’importante e bella iniziativa che ha come fulcro un’amata immagine del “divino” Raffaello: la Madonna del Velo ovvero la Madonna di Loreto.

«Un quadro di Nostra Donna bellissimo», secondo l’affermazione di Vasari, che il Maestro dipinse sulla scia delle sue Madonne fiorentine nella Roma papalina e grazie alla committenza prestigiosa del Papa regnante, Giulio ii della Rovere.

Il Pontefice guerriero aveva una colta e raffinata sensibilità artistica — pari solo a quella di Leone x Medici — e fra i tanti incarichi artistici impartiti spicca quello duplice, al declinare della sua esistenza terrena, per la chiesa di Santa Maria del Popolo: il suo maestoso ritratto barbuto e la Madonna del Velo.

È una mostra che racconta di un’opera meravigliosa, espressione dell’armonia e della capacità raffaellesca di ammaliare con la purezza delle sue forme e l’equilibrio dei suoi colori.

«Nessuno è giunto tanto avanti nella scienza del disegno quanto Michelangelo, nella verità del colore quanto Tiziano, nell’incanto della pennellata e del chiaroscuro quanto Correggio, nell’invenzione e nella composizione quanto Raffaello. Ma quando si paragonano tra loro questi quattro grandi pittori, non si può non convenire che nessuno come Raffaello si è mai avvicinato a ciascuno dei suoi tre rivali in ciò che è — si può ben dire — il loro merito esclusivo; mentre nessuno di essi ha eguagliato Raffaello nelle qualità che gli sono proprie. Ed ecco in che consiste il suo incontestabile primato». Così il raffinato Quatremère de Quincy scriveva di Raffaello alla metà del xix secolo e la sua sensibilità va ritenuta la manifestazione della considerazione goduta dall’artista in terra di Francia a giustificazione della presenza di tante sue opere nelle collezioni francesi e che spiega anche la complessa storia della Madonna di Loreto, delle sue repliche e dell’originale finito nel castello di Chantilly.

Ma l’avvincente storia che Fabrizio Biferali è riuscito a rivelare con questa esposizione è ancora più articolata e complessa.

Un racconto costruito sulle motivazioni che portarono il Papa della Rovere a valorizzare la prima chiesa che si incontrava entrando nell’Urbe da settentrione, Santa Maria del Popolo, ma anche sullo speciale rapporto di quel tempio e del Pontefice con il Santuario di Loreto; e poi la fortuna iconografica di questa delicata Vergine che svela il fanciullo con un sottilissimo velo alla presenza di un attonito san Giuseppe, fortuna attraverso le molteplici repliche e le incisioni che ne decretarono il successo, da Sebastiano del Piombo a Giorgio Ghisi e Parmigianino; per arrivare alla ricostruzione delle vicende della perduta versione Lotteri (Loreto, Braschi, Musée Napoléon, Morangis), una storia mai raccontata così nel dettaglio, e con ricerche archivistiche di prima mano, una narrazione della pubblica devozione e del suo apprezzamento, fatto appunto di acquisti e passaggi di proprietà.

Un plauso, quindi, ai due curatori di questa iniziativa — Fabrizio Biferali e Vito Punzi — che hanno saputo concepire, organizzare e portare a termine un rilevante e quasi sconosciuto tassello della storia artistica del grande Raffaello e del Santuario di Loreto.

di Barbara Jatta