IL FILO NELLA CITTÀ
La storia di un regista teatrale

Le piazze, le strade,
i condomini: così percorro
le vene di Roma

 Le piazze, le strade, i condomini: così percorro le vene di Roma  QUO-154
10 luglio 2021

«A me piace scendere in strada. Portare il teatro fuori dal teatro, dai salotti, dai templi invalicabili della cultura. Trasportarlo nella sua casa d’origine: nelle vene della città. Perché credo nell’infinito potere che ha l’arte di curare le ferite prodotte da una società sempre più utilitaristica ed individualista. Il teatro così inteso, per me, è l’unico modo di sopravvivere. È la carezza di una mamma. È la stella cadente che, più che meteoriti, contiene sogni. Immagini. Frammenti di speranza provenienti da un tempo indefinito». Th8Z non è solo una sigla che nasconde un nome. Così come Thomas Otto Zinzi non è solo un attore e regista teatrale. Classe 1960, proveniente da famiglia immigrata negli Stati Uniti ma nato a Roma, Thomas è uno sceneggiatore del copione della vita. Propria e altrui. Osserva, esplora, conosce. Chiunque gli capiti davanti. Basta una domanda o uno sguardo. Cattura la quotidianità e l’appunta su uno dei tanti fogli che conserva nella libreria. Poi la interpreta a teatro (inteso come l’intera città di Roma), con la sua compagnia Progetto Miniera.

Elena, la contact tracer che percorre nella sua opera di tracciamento i fili del tessuto della città, resta incantata e incuriosita dalle parole con cui Thomas inizia a descrivere ciò di cui si occupa. Ardore, intensità, passione. Tre ingredienti perfetti per interagire con la realtà.

Elena: «Cosa sono le vene della città?».

Thomas: «Sono le strade, le scalinate, i vicoli. Sono quei luoghi misteriosi, quotidiani, in cui si comprende lo spirito di una città. Quelle vie di cui non conosciamo il nome e che talvolta attraversiamo velocemente, ma che uniscono la città. Per me, poi, le vene della città sono spazi in cui il teatro deve arrivare, oggi, per essere davvero innovativo. È qui che porto in scena i miei spettacoli. Girati nei palazzi o nelle piazze, alimentati dalla luce naturale, iniziano al tramonto e terminano con l’accensione dei lampioni della città. Il teatro si nutre di vita e di uomini, non solo di artisti. La drammaturgia nasce da chi mi trovo di fronte ogni giorno. Gli attori non hanno casa. Girano le strade alla ricerca di uno spazio scenico che possa contenere tutte le storie del mondo. Abitano il cuore dei personaggi. Muoiono e rinascono ogni sera. Per questo il teatro deve andare a cercarli, gli uomini e le loro storie, senza risultare passivo. Il teatro può far risorgere le cose. Anzi, direi che è qui per questo: ri-attribuire, ri-guardarci, ri-consegnarci. Forse è proprio per tale motivo che io, dal 1977, non riesco a dedicarmi ad altro se non alla recitazione ed alla regia».

Elena: «Perseveranza e costanza. Due elementi che dovrebbero sempre caratterizzare l’essenza di una persona, affinché possa valorizzare ciò che ama fare. La tua storia oggi è un esempio raro. La vita di un uomo che dedica tutto se stesso alla propria passione. È la domanda di molti giovani di fronte alla scelta del percorso di vita: seguire la passione o il dovere?».

Thomas: «Unire. Questa è la mia risposta. Non tralasciare mai nulla. Non focalizzarsi esclusivamente su un aspetto. Io, per esempio, non traggo ispirazione dagli altri attori o registi teatrali. Certo, ammiro Gassmann, Proietti, Pasolini, Sordi. Ho studiato alla scuola di Claretta Carotenuto, figlia di Mario. Ma le grandi fonti d’ispirazione arrivano da altre forme d’arte: i quadri di Hopper, la musica di Glenn Gould, i brani di Pino Daniele. La descrizione della solitudine o le inquadrature dell’uomo in certi momenti non possono non fare parte della mia ricerca umana. Leggere, studiare, circondarsi di altro materiale utile alla propria esistenza di uomo, prima che di artista e lavoratore».

Fascino e curiosità? Non più. Ora Elena si sente come un tifoso italiano dopo il rigore di Jorginho di martedì sera: felice, esplosiva. Le parole di Thomas escono dall’audio del computer, risuonano nella stanza e rimbombano nell’anima. Insegnamenti, consigli, opinioni. Non dell’uomo-artista, ma dell’uomo-sociale.

E Roma? Le sue vene? Eccole servite. Non cercate di tapparle. Non uscirà sangue, ma fiumi d’entusiasmo.

«Nelle vene di Roma ho ambientato molti miei spettacoli. Nel borgo della Porcareccia, all’Accademia di Romania, sulla scalinata che conduce a via Monte del Gallo. In quest’ultimo caso ricordo che la portiera di un palazzo ci accolse malissimo, nonostante avessimo tutte le autorizzazioni del Comune. Per me, in questi casi, il calore iniziale è tutto. Perciò ho cercato di convincerla del contrario. Ho insistito per farla assistere ad una prova dello spettacolo. Dopo un giorno è diventata la nostra migliore amica: preparava caffè e panini, ci ospitava a casa per cambiarci i costumi. Era diventata una tipica nonna romana. Voglio dire che nella vita bisogna rischiare. Parlare ad alta voce. Far capire cosa si sta facendo. Le prove dei miei spettacoli sono sempre aperte a chiunque. Roma, da questo punto di vista, è pazzesca. Inizialmente scettica e titubante, poi ospitale, affettuosa, premurosa. Un’altra vena di Roma? I condomìni. Luoghi di incontro e scontro, oppressione e libertà, casa e prigionia. Il mio prossimo spettacolo teatrale, “L’ordine alfabetico dell’umanità”, si svolgerà giovedì 15 luglio proprio nel mio condominio, a via dei Faggella 4. Mi accompagneranno anche i miei collaboratori, Marco Ubaldini e Guglielmo Frabetti».

Da contact tracer a fedele confidente. Da operatrice sanitaria a tessitrice di racconti. Elena, di fronte all’entusiasmo e alla felicità, non incontra limiti di spazio o tempo. Anzi ne fa tesoro. Accudisce le storie e protegge i protagonisti. Un po’ come Roma fa con i suoi teneri amanti, nascosti chissà in quale vena.

Thomas Otto Zinzi ne ha fatti tanti di regali alla città. Uno di questi è una poesia dedicata all’Urbe. Densa e riflessiva. Si intitola Piove a Roma. Recita così: «Stanotte, a Roma, piove. Le auto tornano verso casa. I lampi illuminano la discesa dell’agro romano. Un tuono sveglia un gatto e un vecchio ricordo galleggia su una piccola pozzanghera di memoria. La luce nella stanza è un triangolo sul soffitto. Viene voglia di entrarci e guardare la vita da lì. E se verrà da piangere vorrà dire che la pioggia continuerà, stanotte, a Roma».

di Guglielmo Gallone