Gerusalemme e Roma unite dai pellegrinaggi

Le due Chiese madri

Il sagrato della basilica del Santo Sepolcro. Gerusalemme spera che torni presto a riempirsi di pellegrini
08 luglio 2021

La scena che si presenta agli occhi del frequentatore abituale di Betlemme ha del surreale. Nella basilica della Natività gironzola soltanto una giovane famiglia araba, probabilmente per cercare riparo dal sole accecante che gravita sulla piazza antistante. I negozi di souvenir e gli artigiani del legno che si snodano lungo la salitella che conduce al santuario della Madonna del Latte sono tutti chiusi. Nessuna traccia degli ambulanti che a ogni ora offrono ai pellegrini caffè al cardamomo e rosari di ulivo. Ed è la medesima scena che si ripete invariabilmente ormai da quindici mesi. Il blocco dei flussi turistici conseguente alla pandemia ha messo a terra la già fragile economia della città.

Viktor Tabash, 78 anni, conduce da sempre un negozio di articoli religiosi che si affaccia sulla piazza: «Nella mia vita ho visto di tutto: tutte le guerre a partire dal 1948, poi le Intifada, l’assedio alla basilica nel 2002, ma una situazione come questa no; e neanche avrei mai potuto immaginarla. La città è ferma e disperata. Qui la metà della popolazione vive di turismo, che soprattutto è l’attività di sostentamento per il 90 per cento delle famiglie cristiane. Abbiamo cercato di dare una mano alle famiglie degli artigiani del legno nostri fornitori, ma ora abbiamo finito le nostre risorse e dobbiamo pensare anche ai nostri figli». Diverse famiglie «hanno dovuto svendere case o terreni o ipotecarli per avere un prestito in banca e tirare avanti», gli fa eco il figlio Rony, che nella comunità è famoso per aver cantato davanti al Papa durante la visita in Terra Santa nel 2014: «Tanti cristiani, si sa, negli ultimi tempi avevano preferito cercare fortuna all’estero, ma ora con la pandemia anche l’emigrazione ci è impedita. L’unico aiuto che non è mai venuto meno in questi mesi terribili è stato quello dei frati della Custodia, di Abuna Ibrahim».

Allora incontriamolo padre Ibrahim Faltas, discreto di Terra Santa, da sempre forse il francescano più amato dai cittadini di Betlemme: «Abbiamo cercato di aiutare tutti, senza distinzione di appartenenza religiosa. Tante situazioni erano, e sono tuttora, disperate». Padre Ibrahim è reduce dalla consegna di pagelle e diplomi di fine anno ai milleduecento studenti delle scuole di Betlemme della Custodia: «Sono circa dodicimila gli studenti delle nostre scuole in tutto il Paese, a tutti abbiamo garantito il completamento dell’anno scolastico e abbiamo rinunciato alle rette per quelli che non potevano permetterselo. Così come abbiamo sempre garantito lo stipendio a tutti i nostri insegnanti». Faltas non nasconde la propria felicità nell’incontrare il piccolo gruppo di giornalisti e operatori turistici organizzati dall’Opera romana pellegrinaggi e guidati dal cardinale Enrico Feroci. «Quando all’inizio della pandemia voi italiani siete stati duramente colpiti — afferma — c’è stato un moto di solidarietà e preghiera fortissimo: qui da noi a Betlemme pellegrino è sinonimo di italiano. Siete i primi italiani che vengono a Betlemme da quindici mesi. La vostra presenza oggi qui è un piccolo seme di speranza che questa situazione possa finire presto».

È il medesimo auspicio che esprime il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa: «Confidiamo molto nel ritorno dei pellegrini, perché la ripresa dei flussi turistici sarà lenta e sicuramente i pellegrini saranno i primi, avendo una forte motivazione. Oggi più che mai il viaggio si identifica con la ripresa della vita. Tornare sul luogo della Risurrezione è anch’esso un risorgere. La pandemia ha svelato le nostre fragilità e ha fatto emergere domande esistenziali che ritrovano un senso nella tomba vuota. L’esperienza ci dice che il pellegrinaggio in Terra Santa può rappresentare un cambiamento profondo, a volte drammatico, nelle nostre vite. Gerusalemme è la culla del cristianesimo ma Roma ne è il cuore. Il mio desiderio è che i pellegrinaggi divengano sempre più non la visita a dei luoghi santi ma l’incontro tra due Chiese: le due Chiese madri». Attraverso i pellegrinaggi «ci alimentiamo entrambi nella fede», conferma padre Dobromir Jasztal, vicario custodiale di Terra Santa.

Il ministro del Turismo israeliano, Yoel Razvozov, ci spiega che «turismo e pellegrinaggi sono fondamentali per la nostra ripresa economica dopo la pandemia. Mi impegnerò a fondo affinché dai primi giorni di agosto si possa tornare progressivamente alla normalità, semplificando le procedure sanitarie di sbarco in aeroporto e riattivando tutti i servizi di accoglienza e sistemazione alberghiera». In questo tempo di solitudine, racconta invece fra Sinisa Srebenovic, sacrestano francescano del Santo Sepolcro, «abbiamo sempre continuato, con i soliti ritmi, notte e giorno, a pregare per voi. Continuate anche voi a pregare per noi. E tornate presto».

di Roberto Cetera