Una recente opera di pulitura ha permesso di attribuire due dipinti a Francesco De Mura

Il riscatto del maestro
del Settecento napoletano

I tondi raffiguranti san Giovanni Nepomuceno e san Vincenzo Ferrer
08 luglio 2021

Francesco De Mura (1696-1782) fu un maestro indiscusso del Settecento napoletano: allievo del Solimena, alla morte di questi (1747) De Mura appariva indubbiamente il pittore più importante del Regno. Nel 1772 tale riconoscimento gli fu attribuito senza titubanze dal Vanvitelli: «Il migliore di tutti li dipintori — scriveva il 3 settembre di quell’anno — che presentemente sono in Napoli, nel quale concorrono le parti che avere deve un valent’uomo, per distinguersi sopra gli altri, egli è Don Francesco de Mura, di cui sarebbe desiderabile averne qualche opera a fresco sulle mura del Real Palazzo di Caserta…». E Vincenzo Rizzo, che ne ha redatto la voce per il Dizionario Biografico degli Italiani, annota: «Tutti i pittori napoletani della generazione successiva alla sua — anche se, a volte, solo per i loro esordi — desumeranno da lui stilemi e gamme cromatiche». Lo stesso Rizzo elenca con cura le opere conosciute del pittore, rilevando che «gli anni dal 1745 al 1750 lo vedono freneticamente impegnato in diversi complessi chiesastici e monasteri nonché presso la nobiltà e la borghesia». Nessuna opera, però, è segnalata da Rizzo per l’anno 1749, ciò che rende ancor più preziosa la scoperta recentemente fatta presso il Museo diocesano di Benevento, dove al santorale — aspetto fondamentale nella narrazione della memoria religiosa dell’arcidiocesi — è riservato uno spazio significativo: tra le testimonianze ivi esposte, si possono infatti osservare due ovali di piccole dimensioni (21 x 17,5 cm), con pittura ad olio su lastra di rame, assegnati, fino a tempi recentissimi, al secolo xviii e attribuiti (anche se in forma solo dubitativa) a Francesco Solimena.

Un recente intervento di pulizia ha tuttavia reso necessario smontare i manufatti, ciò che ha consentito di leggere, sul verso della lastra, il nome dell’autore e l’anno di esecuzione dei dipinti: «Francesco di Mura 1749». Non v’è dubbio, quindi, che ci troviamo di fronte a due opere — sinora sconosciute, come si diceva — del De Mura: secondo quanto rivelano le lettere «S. V. F.», incise sul verso in alto a sinistra, una di esse ritrae il santo domenicano Vincenzo Ferrer (1350-1419), mentre l’altro ovale — finora assegnato a un santo non identificato — riporta le lettere «S. G. N.», ciò che, con tutta probabilità, sta a significare san Giovanni Nepomuceno.

Si tratta di due opere che mostrano un De Mura ormai autonomo di fronte alla lezione del Solimena, capace di superare il decorativismo di quest’ultimo: san Vincenzo Ferrer, predicatore apocalittico nel pieno dello Scisma d’Occidente (in tempo di forte crisi, quindi), mostra al fedele il libro dell’Apocalisse, aperto sul versetto Timete Deum et date illi honorem, quiavenit hora iudicii eius (14, 7).

Entrambi i dipinti rivelano un legame con l’arcivescovo Vincenzo Maria Orsini, poi Papa Benedetto xiii (1724-1730), che da Pontefice romano mantenne la titolarità della cattedra beneventana: l’Orsini era infatti un domenicano, come Ferrer, e fu lui a canonizzare il Nepomuceno nel 1729. È probabile che la commissione al De Mura abbia un qualche collegamento con la memoria dell’Orsini, sempre viva a Benevento.

La scoperta mostra pure — ancora una volta — quanto ricco sia il patrimonio artistico delle nostre diocesi: adeguatamente valorizzato, esso costituisce una straordinaria risorsa anche per la catechesi e, non bisogna dimenticarlo, per la prima evangelizzazione.

di Felice Accrocca