Costruire una comunità
Il sogno realizzato dall’associazione palermitana «LiscaBianca»

Restaurare una barca
e la propria vita

 Restaurare una barca e la propria vita  QUO-150
06 luglio 2021

Un relitto usato un tempo da una coppia per fare il giro del mondo torna a vivere grazie al lavoro di giovani detenuti 
e immigrati capaci di restituirgli splendore
E di trarne speranza


Questa storia ha inizio con un marito e una moglie. Sono i più che sessantenni (e neo pensionati) Sergio e Licia Albeggiani, i quali, sul finire degli anni Settanta, ingaggiano un mastro d’ascia, a Palermo, per la costruzione di una barca. L’obiettivo è inseguire il loro recondito e avventuroso sogno: fare il giro del mondo, dimenticando per un attimo la frenesia e le convenzioni della vita entro cui spesso ci si ritrova ingabbiati. Nel 1989, tuttavia, all’inizio di un secondo viaggio intorno al globo, Sergio muore improvvisamente.

Adesso apriamo gli occhi e compiamo un salto nel futuro: precisamente nel momento in cui Elio Lo Cascio, insieme a Francesco Belvisi e con un gruppo di amici e colleghi, s’imbatte nel relitto, il Carol Ketch di 36 piedi su cui, anni e anni prima, i coniugi avevano viaggiato e sì, amabilmente sognato. Quel relitto è ciò che resta dell’imbarcazione. Il suo nome è LiscaBianca e, a partire dal 2013, rinasce, torna a vivere.

«È proprio nel dicembre di otto anni fa che, dopo essere venuti a conoscenza della bellissima storia degli Albeggiani, organizziamo una conferenza stampa negli spazi dell’Istituto penale per i minorenni di Palermo (ex Malaspina) — spiega Lo Cascio, sociologo e coordinatore generale del progetto —. Nel corso dell’appuntamento, chiediamo a istituzioni, magistrati, assistenti sociali e comuni cittadini di salire a bordo con noi per un’impresa epica: salvare LiscaBianca dalla demolizione e realizzare un coraggioso progetto sociale, di inclusione e inserimento lavorativo».

E così ciò che subito dopo avviene si può ben immaginare: in molti s’appassionano e affezionano all’idea. Nasce (è il 2014), pertanto, l’associazione che porta il nome della barca; poi, grazie al sostegno del Comune di Palermo ma pure di altre istituzioni, fondazioni, aziende e di vari partner (tra cui oggi figura la Lega navale Palermo centro), l’iniziativa prende avvio.

«Una volta che LiscaBianca è salva da possibili demolizioni, la restauriamo e per farlo coinvolgiamo giovani svantaggiati in modo che, prendendo parte a un sogno ed entrando nel nostro equipaggio, possano non solo scoprire antichi mestieri, ma anche andare incontro a un’occasione di riscatto, formazione, crescita e responsabilizzazione. Tra l’altro — precisa Lo Cascio — a partecipare sono giovani con difficoltà diverse: i minori del circuito penale, che, dopo aver lavorato in carcere sui pezzi della barca, ottengono il permesso premio dal magistrato di sorveglianza per recarsi nel cantiere di LiscaBianca; i ragazzi tossicodipendenti, residenti in una comunità dell’Istituto Don Calabria; gli stranieri non accompagnati, i quali, in particolare, imparano a far pace col mare e col loro passato; coloro che hanno, in precedenza, subito incidenti sul lavoro».

Dunque, insieme, questo ampio gruppo di persone inizia a sostenersi, a superare le difficoltà e probabilmente a immaginare rinascita e riscatto, lo stesso destino della barca su cui intervengono coi lavori di restauro.

Come una vera ciurma, si acquisisce consapevolezza, fiducia nell’altro e nella vita, autostima e soprattutto, per mezzo di LiscaBianca, si guarda finalmente il mare, simbolo di libertà, cambiamento e di infinite possibilità.

Tra i giovani in questione c’è, ad esempio, Angelo, «ex tossicodipendente — dice Lo Cascio — che ci ha creduto, ha imparato il mestiere e adesso, autonomamente, lavora nei cantieri navali. Gli esempi di rinascita sono numerosissimi: ci sono quei ragazzi, per citare un altro caso, che, pur non avendo continuato col nostro progetto, ora lavorano in un biscottificio nel carcere minorile; ebbene da LiscaBianca non avranno imparato nozioni di utilità tecnica per l’ambito della ristorazione, però sicuramente sono riusciti a scrollarsi di dosso un certo atteggiamento vittimistico, sapendo apprezzare e comprendere la cultura del lavoro».

Ma cosa succede una volta che il restauro della barca si conclude? «Il sogno certamente non finisce. Si continua a navigare nell’inclusione — specifica Monica Guizzardi, responsabile della comunicazione —. Dopo i lavori, LiscaBianca va in mare e, dal 2016, continua a farlo: da maggio fino a ottobre, organizziamo escursioni sottocosta aperte a tutti e i cui ricavi servono al suo mantenimento e a realizzare tutte le nostre attività sociali: la vela solidale per i giovani fragili; la velaterapia per ragazzi con disabilità fisiche e psichiche; uscite per chi ha delle difficoltà e, tramite la navigazione, impara ad affrontare le sfide, a non aver paura. In più — aggiunge — quando ospitiamo i bambini e gli studenti (collaboreremo anche con l’Osservatorio sulla dispersione scolastica), con cui durante i vari lockdown abbiamo lavorato persino in remoto, puntiamo principalmente su finalità educative, discorsi di sostenibilità e tutela ambientale».

A gravitare, inoltre, attorno al progetto LiscaBianca ci sono molteplici e ulteriori iniziative. «Un progetto nel progetto — afferma Guizzardi — è Scalo 5 b , ex padiglione della Fiera Mediterranea che abbiamo ottenuto in comodato d’uso e perciò riqualificato con le stesse modalità utilizzate per la barca. Oggi all’interno di Scalo 5 b , oltre a uno specifico spazio per eventi e coworking, sorge l’Officina sociale dove, ancora una volta, antichi saperi artigiani vengono tramandati alle nuove generazioni, senza tralasciare la possibilità di aprirsi all’innovazione e alle nuove tecnologie. Un esempio, appunto all’interno di Scalo 5 b , è l’iniziativa Trinacria Bike Wagon (sostenuta da Fondazione con il Sud grazie al Bando Artigianato, promosso in collaborazione con associazione Oma, tramite l’iniziativa di valorizzazione dei mestieri artigiani del Mezzogiorno). Iniziativa in base alla quale ragazzi con difficoltà, studenti dell’Accademia delle Belle Arti e tanti altri rivisiteranno, per mezzo degli insegnamenti dei “carradori”, il carretto siciliano, che ormai sta per scomparire e per questo diventerà rimorchio di biciclette». Alla luce di tutto ciò, si può dire che gli oltre 400 ragazzi che, anno dopo anno, su turnazione e a seconda delle stagioni, si sono imbarcati su LiscaBianca o l’hanno semplicemente “curata”, abbiano imparato anche i concetti di comunità, aiuto reciproco e solidarietà, bellezza dello stare vicini. Allo stesso tempo, i “comandanti” della barca, andando per mare e osservando l’orizzonte coi ragazzi, hanno, pure loro, compreso qualcosa. «Certo — conclude Elio Lo Cascio — da LiscaBianca abbiamo imparato, e lo impariamo quotidianamente, a non arrenderci di fronte ai disagi e ai problemi. E poi anche un altro messaggio, racchiuso nel libro scritto da Sergio Albeggiani e ripubblicato da Mursia nel 2014 (Le isole lontane; Premio Marincovich 2015), e cioè che le isole lontane, ovvero i sogni, esistono e sono dentro di noi; a volte ce ne dimentichiamo, ma tutti possiamo raggiungerle». Ecco che guardare il mare, farlo da LiscaBianca, altro non è che guardare dentro se stessi.

di Enrica Riera