Costruire una comunità
Restaurare una barca
Un relitto usato un tempo da una coppia per fare il giro del mondo torna a vivere grazie al lavoro di giovani detenuti
e immigrati capaci di restituirgli splendore
E di trarne speranza
Questa storia ha inizio con un marito e una moglie. Sono i più che sessantenni (e neo pensionati) Sergio e Licia Albeggiani, i quali, sul finire degli anni Settanta, ingaggiano un mastro d’ascia, a Palermo, per la costruzione di una barca. L’obiettivo è inseguire il loro recondito e avventuroso sogno: fare il giro del mondo, dimenticando per un attimo la frenesia e le convenzioni della vita entro cui spesso ci si ritrova ingabbiati. Nel 1989, tuttavia, all’inizio di un secondo viaggio intorno al globo, Sergio muore improvvisamente.
Adesso apriamo gli occhi e compiamo un salto nel futuro: precisamente nel momento in cui Elio Lo Cascio, insieme a Francesco Belvisi e con un gruppo di amici e colleghi, s’imbatte nel relitto, il Carol Ketch di 36 piedi su cui, anni e anni prima, i coniugi avevano viaggiato e sì, amabilmente sognato. Quel relitto è ciò che resta dell’imbarcazione. Il suo nome è LiscaBianca e, a partire dal 2013, rinasce, torna a vivere.
«È proprio nel dicembre di otto anni fa che, dopo essere venuti a conoscenza della bellissima storia degli Albeggiani, organizziamo una conferenza stampa negli spazi dell’Istituto penale per i minorenni di Palermo (ex Malaspina) — spiega Lo Cascio, sociologo e coordinatore generale del progetto —. Nel corso dell’appuntamento, chiediamo a istituzioni, magistrati, assistenti sociali e comuni cittadini di salire a bordo con noi per un’impresa epica: salvare LiscaBianca dalla demolizione e realizzare un coraggioso progetto sociale, di inclusione e inserimento lavorativo».
E così ciò che subito dopo avviene si può ben immaginare: in molti s’appassionano e affezionano all’idea. Nasce (è il 2014), pertanto, l’associazione che porta il nome della barca; poi, grazie al sostegno del Comune di Palermo ma pure di altre istituzioni, fondazioni, aziende e di vari partner (tra cui oggi figura la Lega navale Palermo centro), l’iniziativa prende avvio.
«Una volta che LiscaBianca è salva da possibili demolizioni, la restauriamo e per farlo coinvolgiamo giovani svantaggiati in modo che, prendendo parte a un sogno ed entrando nel nostro equipaggio, possano non solo scoprire antichi mestieri, ma anche andare incontro a un’occasione di riscatto, formazione, crescita e responsabilizzazione. Tra l’altro — precisa Lo Cascio — a partecipare sono giovani con difficoltà diverse: i minori del circuito penale, che, dopo aver lavorato in carcere sui pezzi della barca, ottengono il permesso premio dal magistrato di sorveglianza per recarsi nel cantiere di LiscaBianca; i ragazzi tossicodipendenti, residenti in una comunità dell’Istituto Don Calabria; gli stranieri non accompagnati, i quali, in particolare, imparano a far pace col mare e col loro passato; coloro che hanno, in precedenza, subito incidenti sul lavoro».
Dunque, insieme, questo ampio gruppo di persone inizia a sostenersi, a superare le difficoltà e probabilmente a immaginare rinascita e riscatto, lo stesso destino della barca su cui intervengono coi lavori di restauro.
Come una vera ciurma, si acquisisce consapevolezza, fiducia nell’altro e nella vita, autostima e soprattutto, per mezzo di LiscaBianca, si guarda finalmente il mare, simbolo di libertà, cambiamento e di infinite possibilità.
Tra i giovani in questione c’è, ad esempio, Angelo, «ex tossicodipendente — dice Lo Cascio — che ci ha creduto, ha imparato il mestiere e adesso, autonomamente, lavora nei cantieri navali. Gli esempi di rinascita sono numerosissimi: ci sono quei ragazzi, per citare un altro caso, che, pur non avendo continuato col nostro progetto, ora lavorano in un biscottificio nel carcere minorile; ebbene da LiscaBianca non avranno imparato nozioni di utilità tecnica per l’ambito della ristorazione, però sicuramente sono riusciti a scrollarsi di dosso un certo atteggiamento vittimistico, sapendo apprezzare e comprendere la cultura del lavoro».
Ma cosa succede una volta che il restauro della barca si conclude? «Il sogno certamente non finisce. Si continua a navigare nell’inclusione — specifica Monica Guizzardi, responsabile della comunicazione —. Dopo i lavori, LiscaBianca va in mare e, dal 2016, continua a farlo: da maggio fino a ottobre, organizziamo escursioni sottocosta aperte a tutti e i cui ricavi servono al suo mantenimento e a realizzare tutte le nostre attività sociali: la vela solidale per i giovani fragili; la velaterapia per ragazzi con disabilità fisiche e psichiche; uscite per chi ha delle difficoltà e, tramite la navigazione, impara ad affrontare le sfide, a non aver paura. In più — aggiunge — quando ospitiamo i bambini e gli studenti (collaboreremo anche con l’Osservatorio sulla dispersione scolastica), con cui durante i vari lockdown abbiamo lavorato persino in remoto, puntiamo principalmente su finalità educative, discorsi di sostenibilità e tutela ambientale».
A gravitare, inoltre, attorno al progetto LiscaBianca ci sono molteplici e ulteriori iniziative. «Un progetto nel progetto — afferma Guizzardi — è Scalo 5
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