«Dolcissima figlia» primogenita e discepola. Fu lei a deporlo nel sepolcro

Margaret e il sudario donato

Yeames, William Frederick; The Meeting of Thomas Moore with His Daughter after His Sentence of ...
06 luglio 2021

Margaret, la primogenita. La sapiente, colta Margaret, meraviglia dei circoli di studiosi per la disinvoltura con la quale — lei, donna — si esprimeva in elegantissimo latino, accompagnò un passo dopo l’altro il padre Tommaso Moro nel cammino verso il martirio del 6 luglio 1535.

Due anime sorelle, il padre e la figlia: lui le era stato maestro, così come ai suoi fratelli ed a chiunque lo desiderasse nella grande famiglia allargata dei More. E lei l’aveva ripagato con un amore per la conoscenza pura che, più che uno scandalo, era considerato un incomprensibile spreco per una donna, pur di ottima famiglia inglese, nel quindicesimo secolo.

Margaret padroneggiava il greco, studiava i corpi celesti e la filosofia. Gareggiava con il padre nella risoluzione di questioni giuridiche e, per puro divertimento, nelle traduzioni dei classici. Margaret aveva una curiosità onnivora ed enciclopedica, unita ad uno spirito allegro ed arguto che, assieme ad una grande somiglianza anche fisica, la faceva sembrare uscita direttamente dalla testa di suo padre Thomas. Non fosse stata donna, le sue capacità, i suoi talenti e la sua empatia, le avrebbero aperto una carriera nel mondo. Il mondo degli uomini, però, la trattò sempre con la meraviglia superficiale che si riserva ai fenomeni, ai bambini prodigio. Thomas More, lord cancelliere d’Inghilterra ed uno dei massimi umanisti del suo tempo, le aveva insegnato che non si studia con uno scopo mondano. Si studia perché siamo umani, curiosi, appassionati ed è la nostra natura farlo. Uomini e donne allo stesso modo. Thomas le aveva scritto, nei giorni che gli sembravano garantire un glorioso futuro vicino al trono di re Enrico: «il tuo grande amore per tuo padre e tuo marito, ti fa considerare noi un pubblico sufficiente per quello che scrivi».

A Margaret — la “dolcissima Meg” di tante lettere, anche l’ultima del condannato della Torre — bastava scrivere e condividere quel che scriveva con chi amava.

Non sembra un caso che, tra tutte le donne della sua famiglia, sia stata la sola ad essere messa sotto inchiesta nei giorni della disgrazia, mentre gli uomini di casa lo furono tutti. Il re, che si era sentito malservito dal Lord cancelliere More, ma soprattutto dal More autorevole intellettuale chiamato a legittimare le pretese reali con il suo prestigio, fece uccidere il padre e si accanì con la figlia che glielo ricordava. Le fu chiesto conto della testa di Thomas che era riuscita a far staccare dal pilone del ponte sul Tamigi dove era stata esposta, corrompendo una guardia. E lei duellò verbalmente con i giudici con l’abilità e la conoscenza della legge che già il padre aveva usato nel processo, prima che un falso testimone arrivasse a perderlo.

Meg fu umile ma accorta. Anche perché donna, quindi ritenuta meno pericolosa, uscì da quel momento. Ma il marchio del padre, libero di scegliere Dio prima che il re, senza mancare di fedeltà né al primo né al secondo, le restò addosso. Anche Margaret, a suo modo, era uno scandalo per i suoi tempi, con tutto quello spreco di istruzione e di libertà dagli schemi. Impedirle di assistere il padre che saliva al patibolo, lasciandola a vagare in attesa del permesso di riavere il suo cadavere senza testa, fu parte della sua condanna. Le dissero anche di comprare un sudario, perché l’avrebbe riavuto nudo. Il re non gli lasciava nulla dell’antica amicizia, neppure uno straccio per farsi seppellire.

La biografia scritta da Thomas Stepleton racconta come ne uscì Meg, assieme alle donne disperate che la dovevano aiutare a portare More al sepolcro ma non avevano soldi in tasca. Alla richiesta del negoziante per la pezza di lino, fu aperta la borsa vuota, per fare la pantomima del denaro sparito e chiedere umilmente credito. Le donne di casa More, figlie ed una domestica, lo raccontarono finchè ebbero vita: nella borsa c’era esattamente la cifra richiesta «non un penny di più, non un penny di meno». Privato di tutto, Tommaso Moro fu sepolto con un sudario donato alla dolcissima Meg.

di Chiara Graziani