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Come un fratello maggiore

Diego Abatantuono e Claudio Bigagli nel film «Mediterraneo» (Gabriele Salvatores, 1991)
06 luglio 2021

«Chi è il mare? Chi è quel violento 
Ed antico essere che rode i pilastri
Della terra ed è uno e molti mari
E abisso e bagliore e caso e vento?
Chi lo guarda lo vede per la prima volta,
Sempre».

Così diceva Jorge Luis Borges nella sua poesia Il mare.

Basterebbero questi versi per considerar risolta la “pratica mare”.

Inutile contare quanti registi, scrittori o cantautori si sono rivolti al mare provando a descriverlo, interrogarlo, comprenderlo.

C’è un film, molto importante nel cinema italiano, nel quale il mare “recita”.

A dispetto della storia che, comprensibilmente, ci costringe a inseguire le avventure degli umani nello schermo, il mare gioca un ruolo di contro canto e allo stesso tempo co-protagonista.

Ci riferiamo a Mediterraneo di Gabriele Salvatores, Premio Oscar 1992 come miglior film straniero.

Prima di tutto il titolo.

Perché mettere il nome di un mare?

Dopotutto il film racconta la storia di questa sparuta truppa/pattuglia dell’esercito italiano che, durante la seconda guerra mondiale, viene spedita in Grecia a presidiare una piccola, minuscola, isoletta del mar Egeo.

La pellicola come saprete racconta personaggio per personaggio, i tic, le miserie, le grandezze, piccole paure di questi uomini che, nel corso di una guerra non si trovano dentro la battaglia ma di fianco, come ricorda il sergente Lorusso (Diego Abatantuono) una sera davanti a un falò.

Una guerra talmente indaffarata in altro che finirà per dimenticarsi di loro. E loro, volentieri, di lei.

Perché chiamare questo capitolo di una guerra col nome di un mare dunque? Se fosse solo per via della trama, avremmo potuto ritrovarci con nome dell’isoletta greca, o magari con qualcosa di più epico.

Invece no.

Il mare è nel titolo perché il mare assume diversi ruoli in questo film.

Il mare è prima di tutto tavolo da gioco, grande roulette della casualità che sputa i nostri soldati in quella meravigliosa isola. Sembra avere una sua intelligenza questo mare se, apparentemente, all’arrivo in questa piccola isola tutti i militari dell’avventura sembrano spaesati e scontenti ma poi non vorranno più andarsene.

Come un fratello maggiore che si occupa del futuro dei fratelli più piccoli, meno avvezzi alle cose della vita, il Mediterraneo sembra interrogare ciascuno di coloro che si trova lì.

Dal tenente Montini (Claudio Bigagli), colto e con la passione per la pittura che, sul promontorio davanti al mare, trova finalmente il tempo per dipingere, ai due fratelli Munaron che il mare non l’avevano visto mai e che si tuffano, insieme, nudi. Prima di scoprire l’amore per una ragazza del posto.

Al mare chiede complicità e affida la sua voglia di scappare Noventa (Claudio Bisio) che scrive quasi ogni settimana alla moglie, e che puntualmente (quanto senza successo) prova a scappare per tornare a casa. Al mare, in un tramonto come tanti, scaglierà le lettere ancora da spedire, vedendo l’aereo del tenente La Rosa (Antonio Catania) andarsene senza di lui.

Il mare diventa anche messaggero di notizie perché sia pur trattandosi di un aereo, sembra quasi corra sul filo del mare il velivolo del tenente La Rosa costretto a un atterraggio di fortuna che interrompe l’esecuzione di un calcio di rigore durante una partita di pallone sulla spiaggia.

«Comunque il rigore non c’era», dice La Rosa scendendo dal velivolo prima di rendere edotti i soldati che c’è stato l’8 settembre e, dopo aver capito che loro non ne sapevano nulla, rendersi conto che erano lì da tre anni.

Dimenticati e felici.

Dal mare arriva anche l’insidia, la tentazione, con il piccolo guscio di noce del turco Aziz che farà passare ai militari una serata sulla riva e li stordirà con il «fumo dell’oblio» grazie al quale, una volta addormentati, potrà derubarli di armi e danaro.

Nel mare si rimettono, quando quasi non ci speravano più, per fare ritorno in Italia. «Costruiremo un grande paese, vedrai» è la frase che Lorusso consegna al mare sulla strada del ritorno credendo in quanto stava dicendo.

Al mare, infine, volgono lo sguardo i tre protagonisti del finale, il tenente Montini, il sergente Lorusso e il soldato Farina (Giuseppe Cederna) che si ritrovano dopo oltre quarant’anni in quella stessa isola, ognuno di loro ormai vecchio e in qualche modo felicemente in esilio dalla propria patria e da propri sogni.

«Non si viveva poi così bene in Italia… non ci hanno lasciato cambiare niente...» si giustifica Lorusso circa il suo esser andato via dall’Italia per tornare dall’amico Farina che, nel frattempo, aveva aperto una piccola trattoria con la sua compagna Vassilissa, l’ex prostituta che aveva abbandonato il mestiere per amore di Farina stesso.

«Non ero nemmeno sicuro dell’indirizzo» dice il tenete Montini quando li raggiunge in occasione della morte di Vassilissa stessa.

Poi, si toglie la giacca e li aiuta a pulire le melanzane.

«Dedicato a tutti quelli che stanno scappando» è la didascalia finale che compare sul Mediterraneo protagonista di Mediterraneo.

di Cristiano Governa